ARMENIA. LA POLITICA ESTERA, TRA MINACCE TERRITORIALI E DI STABILITÀ REGIONALE: INTERVISTA AL VICEMINISTRO HOVHANNISYAN (Notizie geopolitiche 31.10.22)
EREVAN. Il 30 ottobre 2022 si è tenuta a Sepanakert, nell’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh, una mobilitazione di massa che ha visto la partecipazione di oltre 50.000 persone. I manifestanti hanno chiesto a gran voce il diritto all’autodeterminazione e hanno fatto appello al governo di Yerevan affinché l’Artsakh non passi sotto il controllo dell’Azerbaijan.
L’attacco da parte delle forze azerbaigiane nel settembre 2022, non più diretto contro i territori contesi del Nagorno-Karabakh ma contro il territorio sovrano armeno, ha messo in allerta non solo la popolazione locale, ma l’intera comunità internazionale.
I manifestanti scesi in piazza a Stepanakert hanno anche fatto appello alla Russia. Come stabilito dagli accordi del 9 novembre 2020, infatti, nei territori dell’Artsakh c’è un ingente dispiegamento di peacekeeper russi. Inoltre, oggi, 31 ottobre 2022, si terranno a Soci i colloqui trilaterali tra il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, il presidente russo Vladimir Putin e il presidente azerbaigiano Ilham Aliyev, su invito di Mosca.
Per discutere degli eventi di settembre e delle conseguenti tensioni nel Caucaso, abbiamo incontrato Paruyr Hovhannisyan, viceministro degli Affari esteri della Repubblica di Armenia.
– Qual è la situazione nel paese dopo l’ultimo attacco azerbaigiano del settembre 2022?
”L’Azerbaigian ritiene che la sicurezza del paese si stia deteriorando a causa della guerra in Ucraina e della distrazione russa. È una situazione pericolosa e la possibilità di escalation è molto alta. Iran e Turchia stanno spostando le loro forze lungo i confini. L’Iran ha aperto un consolato nell’Armenia meridionale e la Turchia ne ha aperto uno a Shushi, precedentemente sotto il controllo armeno, oggi passata sotto il governo di Baku.
L’Armenia si è impegnata in tutte le direzioni, con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, la Russia, gli Stati Uniti e la Georgia, per perseguire i processi di pace. Stiamo anche proseguendo con la normalizzazione delle relazioni con la Turchia.
L’attacco di settembre si è avvicinato a città armene densamente popolate in tre diverse province. Sono iniziati a circolare video con le scene più crudeli di torture ai danni dei prigionieri presi, come si sono viste solo con lo Stato islamico. Tuttavia gli sforzi di negoziazione sono in corso.
La situazione dipende anche dall’Ucraina. Ogni volta che l’Azerbaigian vede una escalation nel conflitto ucraino, conduce un altro attacco, utilizzando anche il gas e l’energia come strumenti per esercitare pressione sulla comunità locale ed internazionale”.
– Negli ultimi decenni l’aiuto della Russia è stato fondamentale per l’Armenia. Attualmente, Erevan è delusa dall’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (CSTO) e dalla Russia per il mancato intervento nel corso dell’ultima aggressione proveniente dall’Azerbaigian. La Russia svolgerà ancora un ruolo di primo piano nel Caucaso e garantirà la sicurezza dell’Armenia nel prossimo futuro?
“La commissione di esperti CSTO ha presentato una relazione e durante l’aggressione ci sono stati diversi cessate-il-fuoco. Certo, ci aspettavamo di più. Tuttavia Mosca ha legami tradizionali con i paesi di questa regione. Non si può immaginare di farla scomparire come qualcuno vorrebbe, perché la Russia è ancora una presenza significativa. Nel Nagorno-Karabakh ci sono 2mila peacekeeper russi. La loro presenza è l’unica garanzia all’esistenza fisica degli armeni nella regione. Inoltre, c’è una base russa sul nostro confine con la Turchia. Se normalizzeremo le relazioni con Ankara, anche questa presenza sarà importante.
Infine l’influenza economica russa, il gas e gli investimenti regionali di Mosca sono notevoli, quindi pensiamo che il Cremlino possa avere un ruolo costruttivo nella regione”.
– Considerando che l’ultima aggressione azerbaigiana non è stata rivolta al Nagorno-Karabakh ma al territorio sovrano dell’Armenia, c’è la possibilità che i paesi occidentali sostengano militarmente Erevan o che vengano imposte sanzioni all’Azerbajian?
“Non dovrebbe esistere la politica dei doppi standard. Se il Nagorno-Karabakh era territorio conteso, questa volta Baku ha attaccato un paese sovrano. Non era un villaggio di confine, sono state evacuate città ad alta densità abitativa.
La condanna più forte è arrivata dall’Iran, che ha ribadito che non tollererà cambiamenti nei confini o all’integrità territoriale dell’Armenia. L’apertura del consolato iraniano a Kapan ha dimostrato la serietà delle loro affermazioni.
La reazione degli Stati Uniti è stata più forte rispetto al passato, ma continuiamo a pensare che non sia sufficiente e che questo abbia incoraggiato l’Azerbaijan a essere più aggressivo”.
– Il 18 giugno 2023 in Turchia si terranno le elezioni presidenziali. Se il presidente turco Recep Tayyip Erdogan perdesse il potere, è plausibile che il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, perda il supporto turco e si indebolisca la sua posizione?
“Dipende da chi verrà dopo, l’alternativa ad oggi non è chiara. Sicuramente le elezioni che si avvicinano non aiutano il processo di normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Turchia. Erdogan, infatti, è divenuto più nazionalista e assertivo. Di conseguenza le posizioni verso il Caucaso meridionale sono diventate più radicali e aggressive.
Abbiamo avuto il primo incontro tra il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ed il presidente turco Recep Tayyip Erdogan a Praga e, almeno formalmente, hanno confermato che continueranno il processo di normalizzazione. Tuttavia, il ministro degli esteri turco ha dichiarato che Ankara acconsentirà ai termini degli accordi stipulati solo se anche l’Azerbaigian sarà d’accordo, quindi qualunque cosa si stabilisca, non ha valore se Baku disapprova.
Sappiamo di avere un vicino molto imprevedibile, ma continueremo a impegnare tutti i nostri sforzi nel processo di normalizzazione e pace”.
– Nel 2022 la CSTO ha aiutato il Kazakistan durante la presidenza armena. Nel settembre 2022 l’Armenia non ha ricevuto lo stesso sostegno. È ipotizzabile che la CSTO non si adatti più all’attuale scenario geopolitico?
“I punti sollevati sono validi. Yerevan non ha bloccato l’intervento della CSTO in Kazakistan per un solo motivo, perché pensavamo che se fosse successo all’Armenia, tutti avrebbero fatto lo stesso per noi. Poi abbiamo avuto gli attacchi di settembre 2022. Non capiamo molto bene cosa stia succedendo con la CSTO. Va sottolineato che l’organizzazione non è comunque in buona forma. Il Kirghizistan ha sospeso la sua membership nell’organizzazione a causa di problemi di confine con il Tagikistan. Il Kazakistan ha dichiarato pubblicamente che non invierà mai nulla in Armenia a causa della sua cooperazione con l’Azerbaijan nella regione del Caspio, della sua appartenenza al Consiglio turco e perché entrambi sono stati islamici.
Alcuni sostengono che dovremmo lasciare immediatamente l’organizzazione, ma che prospettiva abbiamo ora di entrare in un’altra struttura di sicurezza? E cosa guadagneremmo? Questi paesi diventeranno più amichevoli? Sicuramente l’attività della CSTO attualmente è anche limitata dal fatto che non si possono più acquistare armi visto che sono state reindirizzate in Ucraina”.
– L’Iran ha dichiarato fermamente che non tollererà un cambiamento nei confini con l’Armenia. È stato discusso un eventuale intervento militare iraniano in caso di un altro attacco?
”L’apertura del loro consolato nel sud dell’Armenia è un passo che dimostra che sono seri quando dicono che cambiare i confini armeno-iraniani è per loro una linea rossa. Sono state fatte dichiarazioni a tutti i livelli, incluso un messaggio diretto in fronte a Putin ed Erdogan, e non era mai successo prima. Per l’Iran, la perdita della parte meridionale dell’Armenia sarebbe inaccettabile, quindi mi aspetterei ogni possibile reazione.
Inoltre gli iraniani non sono contenti delle provocatorie affermazioni dell’Azerbaijan nei confronti della minoranza azera che vive nel nord del paese. Baku ha più volte avanzato rivendicazioni territoriali e sul patrimonio culturale persiano/iraniano”.
– Nell’aprile 2021 gli Stati Uniti hanno riconosciuto il genocidio armeno. Il mese scorso Nancy Pelosi ha visitato l’Armenia e qui a Yerevan, Washington ha la sua più grande ambasciata nella regione. Alcuni analisti hanno sottolineato che l’improvviso interesse degli Stati Uniti per l’Armenia potrebbe essere un tentativo di riempire il vuoto lasciato dalla Russia e contrastare Mosca. Cosa ne pensa? L’impegno degli Stati Uniti sta influenzando le relazioni armene con la Russia?
“Si potrebbe pensare che sia così. Tuttavia noi non abbiamo bisogno di spingere in favore di una parte o dall’altra. Quello che vogliamo è un maggiore coinvolgimento internazionale. Ecco perché per noi era l’ideale quando c’era il gruppo di Minsk che vedeva coinvolti gli Stati Uniti, la Russia e la Francia. Non abbiamo mai voluto che la scena fosse dominata da un unico attore. Vogliamo l’internazionalizzazione, quindi gli Stati Uniti sono importanti da questo punto di vista. Ad esempio, il rilascio di 70 prigionieri dopo l’attacco del settembre 2022 è un risultato ottenuto grazie agli sforzi di Washington. Quale forma e dimensione avrà il loro impegno nella regione certo è un problema.
La cooperazione con gli Stati Uniti non è iniziata con l’Ucraina. Non metterei le nostre relazioni solo nel contesto dei recenti sviluppi sul piano internazionale. Il gruppo di Minsk è stata un’occasione in cui Russia e USA hanno cooperato efficacemente senza disaccordi. Non vorremmo mai essere visti alla luce del confronto tra le due potenze, né essere spinti a scegliere tra di loro; non vogliamo scegliere.
La Russia è stata importante militarmente e strategicamente come gli Stati Uniti nell’assistenza e nello sviluppo della democrazia. Vogliamo continuare a collaborare con partner specifici, poiché crediamo che una pace duratura possa essere raggiunta solo con la garanzia delle grandi potenze”.
– Diversi analisti hanno evidenziato un divario tra gli armamenti armeni e quelli azerbaigiani. Come risolvete queste differenze?
“La superiorità a volte viene dagli alleati. Le differenze non sono necessariamente tra noi e l’Azerbaigian, ma forse tra noi e l’Azerbaigian più la Turchia. Il livello di cooperazione tra loro sta raggiungendo i connotati di una confederazione, più dell’unione fra Russia e Bielorussia. Anche il coinvolgimento del Pakistan è molto pericoloso. Cerchiamo di recuperare il gap militare con forniture dall’India e portiamo avanti gli sforzi diplomatici. Il nostro approccio è che per una pace duratura non ci siano soluzioni militari”.
– Come sono i rapporti tra Italia e Armenia?
“È un rapporto molto speciale, non solo storico, con l’Impero Romano e i diversi stati italiani, ma anche caratterizzato con progetti comuni, ad esempio con Renco e Finmeccanica.
È difficile competere con l’Azerbaigian, perché Baku vuole fare dell’Italia la sua Francia in Europa. Sicuramente sono riusciti a rafforzare il legame con Roma utilizzando lo strumento economico, ma non sono mai riusciti a trasformare l’Italia in uno stato anti-armeno. Forse a volte avremmo voluto sentire voci più forti dall’Italia; questo è stato il caso quando l’Azerbaigian ha condiviso gli orribili video con le torture ai danni dei prigionieri armeni”.