Armenia, il premier Pashinyan ha vinto le elezioni parlamentari anticipate (Rsssegna stampa 10.12.18)

Armenia, Osce: elezioni rispettano “libertà fondamentali  (Askanews 10.12.18)

Erevan, 10 dic. (askanews) – Gli osservatori internazionali hanno affermato che le elezioni parlamentari anticipate in Armenia, vinte dalla formazione del premier ad interim Nikol Pashinyan, rispettano le libertà fondamentali. “La generale assenza di illeciti elettorali, compresi la compravendita di voti e le pressioni sugli elettori, ha consentito una reale competizione” hanno affermato gli osservatori dell’ Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa che hanno monitorato il voto di ieri.


Armenia, il premier Pashinyan ha vinto le elezioni parlamentari anticipate (TPI 10.12.18)

Il 9 dicembre 2018 si sono tenute le elezioni parlamentari anticipate in Armenia. Le urne hanno premiato il partito dell’attuale premier Nikol Pashinyan.

My Step Alliance, che include il Partito di Pashinyan, ha ottenuto il 70,4 percento dei voti, secondo quanto riferito dalla Central Election Commission (CEC) che ha pubblicato i risultati sul suo sito internet.

I partiti di opposizione moderata – Prosperous Armenia e Bright Armenia – hanno superato la soglia di sbarramento del 5 per cento.

Il vincitore tuttavia non potrà avere più dei due terzi dei seggi: la Costituzione impone infatti la presenza di almeno tre partiti in Parlamento.

Più di 2,6 milioni di persone hanno preso parte alle votazioni del 9 dicembre, svoltesi sotto lo sguardo degli osservatori internazionali dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.

“I cittadini armeni hanno eletto una maggioranza rivoluzionaria in parlamento”, ha detto Pashinyan ai giornalisti nel quartier generale del suo partito subito dopo la pubblicazione dei primi risultati…… Vai al sito


Armenia, l’ex giornalista Nikol Pachinian conquista la maggioranza assoluta in Parlamento (La Repubblica 10.12.18)

Ha vinto la sua scommessa, l’ex giornalista Nikol Pachinian, nominato premier dell’Armenia a furor di popolo la scorsa primavera. A novembre, Pachinian si è dimesso per indire elezioni politiche anticipate puntando a conquistare la maggioranza assoluta in Parlamento, senza cui non riuscirebbe a portare avanti il suo ambizioso programma di riforme. E ieri, con il 70,4 per cento delle preferenze, il partito da lui guidato, “Il Contratto civile”, ha trionfato. Al secondo posto arriva “Armenia Prospera”, guidata dall’imprenditore Gagik Tsarukian, mentre rimane molto indietro il Partito Repubblica, che è stato al potere negli ultimi 20 anni e che dovrebbe comunque superare la soglia di sbarramento del 5% per entrare all’Assemblea nazionale. Secondo la legge armena al vincitore non potrà comunque andare più dei due terzi dei seggi. La Costituzione impone infatti la presenza di almeno tre partiti in Parlamento.

Quarantatré anni, Pashinyan ha assunto la guida del governo nel maggio scorso, dopo le proteste popolari che portarono alle dimissioni di Serzh Sarkisian, veterano della politica armena. L’artefice della “vittoriosa rivoluzione armena”, come la chiamano i suoi sostenitori, parla spesso di amore e tolleranza, e confessa di essersi ispirato a Gandhi, Martin Luther King e Nelson Mandela. Fatto sta che con la sua rivolta pacifista Nikol Pachinian ha sedotto le nuove generazioni del suo Paese, quei giovani che non hanno conosciuto la repressione dell’era sovietica, che sono scesi senza paura nelle piazze e che in sole tre settimane hanno sconfitto una classe politica corrotta e incapace.

Con un eloquio pungente e un’esemplare dirittura morale, Pachinian si è sempre considerato “l’oppositore storico” alla nomenklatura di Erevan. Nato a Idjevan, cittadina del nord-est del Paese, e figlio di un insegnante di ginnastica, fu condannato dall’ex regime a 7 anni di carcere, di cui grazie a un’amnistia ne scontò solo 18 mesi. Dopo la sua vittoriosa “rivoluzione di velluto”, Pachinian ha immediatamente messo in atto il suo programma, promuovendo una campagna giudiziaria per ripulire dalla corruzione ogni settore della piccola repubblica caucasica, dall’amministrazione all’esercito, dalle dogane alla cerchia più vicina all’ex presidente Serge Sarkissian. In poche mesi, tra multe e sequestri il premier ha recuperato l’equivalente di 36 milioni di euro con cui risanare le casse di un Paese dove il 30 per cento dei suoi 3 milioni di abitanti  vive al di sotto della soglia della povertà. C’è chi si diceva preoccupato per lui, perché i suoi nemici sono forti e senza scrupoli. E soprattutto perché Pachinian è un bersaglio facile. Do oggi, lo è un po’ meno.

A differenza di altre rivoluzioni “colorate” e post-sovietiche, come quelle in Georgia e Ucraina, sostenute dall’Occidente e ostili alla Russia, quella armena della scorsa primavera aveva come unico obiettivo il rovesciamento di una classe politica avida e incapace. Non solo, una volta eletto Pachinian ha subito giurato che rimarrà fedele ai suoi impegni internazionali, e che rispetterà la sua alleanza con Mosca in seno alla Comunità degli Stati indipendenti e all’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva. Ma il nuovo premier ha anche spiegato, rischiando di contrariare Putin, che la politica estera del Paese sarà d’ora in poi concentrata esclusivamente sulle priorità nazionali.

Fatto sta che al momento Pachinian è sostenuto da gran parte degli armeni, molti dei quali lo incitano a proseguire la sua lotta. Ma per andare avanti all’ex cronista giudiziario servirebbe un appoggio esterno. E tra Russia e Occidente, il cammino che ha davanti a sé è stretto e pieno di ostacoli.


ARMENIA: Il leader della rivoluzione Nikol Pashinyan stravince le elezioni (Eastjournal 10.12.18)  

La rivoluzione è compiuta, o meglio, continua. Le elezioni parlamentari di domenica si sono infatti concluse con una vittoria schiacciante della coalizione guidata dal premier ad interim Nikol Pashinyan, uomo simbolo di quella cosiddetta Rivoluzione di velluto che lo scorso aprile ha ribaltato completamente lo scenario politico armeno; al quale spetta ora il duro compito di dare un nuovo futuro al paese.

Vittoria netta

Come previsto dai sondaggi, l’alleanza Il mio passo (Im kaylǝ), nata lo scorso agosto e formata dal partito Contratto Civile, guidato appunto da Pashinyan, e dal Partito della Missione, di Manuk Sukiasyan, è riuscita a imporsi nettamente sulle altre formazioni politiche, conquistando il 70,43% dei voti degli aventi diritto.

Un abisso più indietro invece gli altri partiti, con Armenia Prospera, di Gagik Tsarukyan (8,27%), ed Armenia Luminosa, di Edmon Marukyan (6,37%) che si sono aggiudicate rispettivamente la seconda e la terza piazza, riuscendo per pochi punti percentuali ad entrare in parlamento (la soglia di sbarramento era fissata al 5% per i singoli partiti e al 7% per le coalizioni).

Chi è rimasto fuori dall’Assemblea Nazionale, per soli tre punti decimali, è invece il Partito Repubblicano, fermatosi al 4,70% delle preferenze. I repubblicani, che detenevano la maggioranza dall’ormai lontano 1995, e che alle parlamentari del 2017 avevano guadagnato il 49,17% dei consensi, ottenendo ben 58 seggi in parlamento, pagano come previsto gli innumerevoli scandali legati alla corruzione emersi in seguito alla Rivoluzione di velluto, scoppiata proprio a causa della crescente impopolarità dell’ex partito di governo.

Fuori dal parlamento anche la Federazione Rivoluzionaria Armena (3,89%), prima presente con 7 seggi, e la coalizione Noi Alleanza di Aram Sargsyan, ex alleato politico di Pashinyan ai tempi di Yelk (2%), la quale disponeva di un seggio.

Da segnalare comunque la bassa affluenza alle urne, attestata al 48,63% (per un totale di circa 1.260.000 cittadini votanti), percentuale nettamente inferiore a quella dell’aprile 2017, quando andò a votare il 60,86% degli armeni aventi diritto; a dimostrazione di come gli ultimi sviluppi politici non siano stati sufficienti a curare la disaffezione di buona parte della popolazione nei confronti della politica.

Ora viene il difficile

Pashinyan, che nel corso del suo primo mandato da premier si era ritrovato a dover governare disponendo di soli 9 seggi in parlamento, ovvero quelli in dote all’alleanza Yelk, si trova ora ad avere un’ampia maggioranza all’interno dell’Assemblea Nazionale, cosa che gli dovrebbe consentire di lavorare ai propri provvedimenti senza gli impedimenti precedenti.

Come sembra avere ampiamente dimostrato il voto di domenica, le aspettative della popolazione armena nei confronti del leader de Il mio passo sono molto alte. Sta ora a Pashinyan dimostrare di essere in grado di tener fede alla parola data, trasformando l’Armenia in uno stato di diritto democratico, portando avanti la lotta alla corruzione e promuovendo le riforme necessarie a creare nuovi posti di lavoro e fare uscire il paese da quella crisi economica che negli ultimi anni ha generato oltre un milione di poveri (circa un terzo della popolazione totale).

Importante sarà inoltre vedere come il nuovo governo si muoverà in politica estera, altro settore chiave per il paese caucasico. Se da una parte Pashinyan è sempre stato un convinto sostenitore del processo di integrazione europea, tanto da arrivare a chiedere, quando ancora era all’opposizione, l’uscita dell’Armenia dall’Unione Economica Euroasiatica; dall’altra, una volta salito al governo, ha fatto capire di non voler mettere in discussione il rapporto d’amicizia con Mosca, alleato fondamentale di Yerevan a livello regionale nonché principale partner economico.

Restando in tema di politica estera, la questione più spinosa che il nuovo governo si ritroverà ad affrontare rimane però quella del Nagorno-Karabakh. Pur senza mettere in discussione la sovranità de facto dell’Artsakh, ad agosto Pashinyan si era detto pronto ad avviare un dialogo pacifico con l’Azerbaigian, aprendo inoltre alla possibilità di reinsediare una parte degli sfollati azeri nella regione contesa, a patto però che tale provvedimento venga approvato dalla popolazione armena. Una mossa, questa, che se realmente attuata potrebbe finalmente dare una svolta a un contenzioso bloccato ormai da decenni.


Armenia: trionfa Nikol Pashinyan, confermato premier (Euronews 10.12.18)

L’Armenia conferma Nikol Pashinyan primo ministro. Il suo partito, Contratto Civile, ha annunciato la vittoria dell’alleanza, a sostegno del premier uscente, con il 70,4% dei voti.

Ex giornalista, è stato leader della Rivoluzione di velluto della primavera scorsa, che ha messo fine al decennio di dominio incontrastato di Serzh Sargsyan e del suo Partito repubblicano, che ora rischia di non entrare nemmeno in Parlamento.

Le proteste avevano portato Sargsyan alle dimissioni da primo ministro e alla nomina a maggio di Pashinyan che, con una manovra politica, aveva poi ottenuto lo scioglimento del Parlamento e la convocazione di elezioni anticipate.

Pashinyan, favorevole ad un riavvicinamento con l’Unione europea, ha tuttavia fatto sapere che non ha alcuna intenzione di rompere con l’alleato russo.


L’alleanza che appoggiava il primo ministro Nikol Pashinyan ha stravinto le elezioni in Armenia (Ilpost 10.12.18)

L’alleanza centrista del primo ministro armeno uscente, Nikol Pashinyan, ha stravinto le elezioni anticipate che si sono tenute domenica in Armenia, ottenendo più del 70 per cento dei voti. Pashinyan, che prima di fare il politico era un giornalista, è riuscito a sfruttare al meglio il grande consenso che aveva costruito dopo avere realizzato la cosiddetta “rivoluzione di velluto” con cui lo scorso maggio era stato destituito Serzh Sargsyan, presidente armeno dal 2008 considerato responsabile di avere trasformato il paese in un regime autoritario. L’affluenza alle elezioni di domenica è stata piuttosto bassa, poco meno del 50 per cento, mentre la forza politica che si è avvicinata di più all’alleanza che ha appoggiato Pashinyan, il partito moderato Armenia Prosperosa, ha ottenuto circa l’8 per cento dei voti