ARMENIA: Eletto un nuovo presidente, per la prima volta dal parlamento (Eastjournal 17.03.18)
Lo scorso 2 marzo in Armenia si sono tenute le prime elezioni presidenziali indirette nella storia del paese caucasico, vinte dal candidato indipendente Armen Sargsyan, nominato dal Partito Repubblicano e dalla Federazione Rivoluzionaria Armena, che insieme formano la coalizione di governo.
Per la prima volta, il presidente è stato eletto dai membri dell’Assemblea Nazionale (il parlamento locale), invece che dal voto popolare, come successo fino al 2013. Allora venne riconfermato alla guida del paese Serzh Sargsyan (in carica dal 2008), che a questo giro ha invece dovuto farsi da parte, avendo raggiunto il limite dei due mandati imposto dalla Costituzione armena.
Armen Sargsyan (solo omonimo del presidente uscente Serzh), è stato eletto con l’85% delle preferenze, frutto di 90 voti a favore e 10 contrari (una scheda è stata ritenuta nulla, mentre quattro deputati non hanno preso parte alla votazione).
Sargsyan, politicamente indipendente in quanto non iscritto ad alcun partito, come vuole la nuova Costituzione, è attualmente ambasciatore della Repubblica d’Armenia nel Regno Unito, ruolo che ricopre dal 2013 e che ha svolto in passato anche tra il 1991 e il 1995. È stato inoltre primo ministro del paese dal 1996 al 1997, durante la presidenza di Levon Ter-Petrosyan.
Si insedierà ufficialmente il prossimo 9 aprile, quando scadrà il secondo mandato presidenziale di Serzh Sargsyan.
Vittoria in solitaria
Curiosamente, il neoeletto presidente era l’unico candidato in corsa, in quanto nessun altro partito politico ha avanzato una propria candidatura. In questo modo Armen Sargsyan, raccomandato personalmente dal presidente uscente Serzh e appoggiato dall’intera coalizione di governo, ha potuto vincere agevolmente già al primo turno, superando la soglia minima dei ¾ dei consensi.
Secondo la nuova legislazione armena, un partito può nominare un candidato presidente solo se possiede almeno ¼ dei seggi in parlamento; ovvero, in questo caso, 27. L’unica forza d’opposizione in grado di soddisfare questo requisito, il partito Armenia Prospera guidato da Gagik Tsarukyan, subito dopo la nomina ufficiale di Sargsyan ha però dichiarato di voler sostenere il candidato del Partito Repubblicano, bloccando di fatto qualsiasi altra candidatura.
L’altro movimento d’opposizione presente in parlamento, l’alleanza “Via d’uscita”, non ha così potuto proporre una propria alternativa, possedendo solo 9 seggi.
L’effetto della nuova Costituzione
L’elezione indiretta del presidente è una delle principali novità introdotte dal referendum costituzionale del 2015, mirato a trasformare il paese in una repubblica parlamentare attraverso il deciso ridimensionamento dei poteri del presidente della Repubblica, che da figura di maggior rilievo all’interno della scena politica armena è stato relegato a un ruolo per lo più cerimoniale.
Il presidente ha inoltre perso il ruolo di comandante supremo delle Forze Armate, il cui controllo è passato al governo, insieme alla possibilità di nominare i giudici della Corte Costituzionale, a cui spetta l’ultima parola riguardo alla procedura di impeachment presidenziale. Il mandato presidenziale è stato infine esteso da cinque a sette anni, ma senza la possibilità di essere rinnovato.
In questo contesto l’elezione di Armen Sargsyan, a un anno dalle prime elezioni parlamentari post-referendum, sancisce la definitiva transizione del paese dal semi-presidenzialismo al parlamentarismo puro, con il passaggio del potere esecutivo dalle mani del presidente uscente a quelle del governo, attualmente presieduto da Karen Karapetyan, del Partito Repubblicano.
E come teme l’opposizione, proprio il presidente uscente, Serzh Sargsyan, dopo avere esaurito il mandato presidenziale potrebbe approfittare del nuovo sistema costituzionale per tornare alla guida del paese con un altro ruolo di primo piano, quello di primo ministro.
Sebbene lo stesso Sargsyan abbia più volte negato in passato di voler ambiere alla presidenza del governo, recentemente questa ipotesi è stata definita plausibile da Eduard Sharmazanov, vice-presidente dell’Assemblea Nazionale nonché figura di primo piano all’interno del Partito Repubblicano.