Armenia e Azerbaijan, nuovi incontri a Mosca, Chişinău e Ankara (Osservatorio Balcani e Caucaso 06.06.23)
Una serie ravvicinata di colloqui e incontri a cui hanno partecipato Nikol Pashinyan, primo ministro dell’Armenia e Ilham Aliyev, presidente dell’Azerbaijan. Al centro degli incontri avvenuti in varie sedi, da Mosca a Chişinău e persino ad Ankara, il raggiungimento della normalizzazione delle relazioni tra Yerevan e Baku
Dopo l’incontro del mese scorso a Bruxelles tra il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev, ospitato dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, continuano a intensificarsi i colloqui tra Yerevan e Baku. Per non essere secondo al turbinio di attività degli Stati Uniti e dell’Unione europea, anche il presidente russo Putin ha ospitato i due leader a margine della riunione del Consiglio economico supremo eurasiatico a Mosca il 25 maggio.
Sebbene l’Azerbaijan non faccia parte dell’Unione economica eurasiatica, Aliyev vi ha partecipato come ospite, cosa a cui l’Armenia aveva sempre posto il veto in precedenza. L’evento era stato preceduto da un’altra riunione del gruppo di lavoro trilaterale sullo sblocco delle rotte di trasporto regionali a seguito della guerra del Karabakh del 2020, guidato dai vice primi ministri di Armenia, Azerbaijan e Russia. Il vero trilaterale tra Aliyev, Pashinyan e Putin, tuttavia, è durato appena 20 minuti.
Putin ha però affermato che le differenze tra Baku e Yerevan erano “puramente tecniche” e “superabili”, in evidente riferimento all’impasse sulla ricostruzione dei collegamenti ferroviari tra l’Azerbaijan e la sua exclave di Nakhchivan attraverso l’Armenia. E infatti, era stata fissata la successiva riunione del gruppo di lavoro trilaterale per venerdì 2 giugno. A seguito di quell’incontro è stato poi annunciato che le parti avevano finalmente raggiunto un “accordo generale”.
Persistono tuttavia discussioni sulle terminologie: Pashinyan si è opposto all’uso da parte di Aliyev del termine “corridoio di Zangezur” durante la riunione del Consiglio economico supremo eurasiatico. Aliyev ha risposto dicendo che il termine non equivale ad una rivendicazione territoriale sul suolo armeno. Invece, secondo alcuni, l’unica implicazione extraterritoriale nello sblocco del trasporto regionale risiede nella stessa dichiarazione di cessate il fuoco del 2020, che prevede il controllo russo su di esso.
Il controllo delle frontiere e delle dogane, si ritiene, verrebbe attuato nel pieno rispetto della legislazione di entrambi i paesi e sulla base della reciprocità.
Lo status dell’ex regione autonoma del Nagorno Karabakh (NKAO), base significativa di qualsiasi futuro accordo per normalizzare le relazioni tra Armenia e Azerbaijan, rimane un’altra questione chiave. Yerevan ha essenzialmente riconosciuto il territorio come parte dell’Azerbaijan e Pashinyan lo ha ribadito ancora una volta il 24 maggio, facendo eco alle parole di Charles Michel rilasciate nell’incontro del mese scorso a Bruxelles: l’Azerbaijan comprende 86.600 chilometri quadrati, incluso il Karabakh.
Alti funzionari statunitensi, come l’assistente amministratore USAID Erin Elizabeth McKee e il vice assistente del segretario di Stato Dereck Hogan, si sono affrettati ad accogliere con favore le parole di Pashinyan. Il tema in discussione ora è come garantire al meglio i diritti e la sicurezza degli armeni del Karabakh all’interno dell’Azerbaijan. Anche il portavoce del Dipartimento di Stato americano Matthew Miller ha espresso “apprezzamento” per un’offerta di amnistia ai funzionari de facto del Karabakh in cambio delle dimissioni.
Naturalmente, l’opposizione in Armenia e le autorità de facto di Stepanakert hanno criticato entrambe le dichiarazioni di sostegno. Il ministero degli Esteri armeno ha anche espresso preoccupazione per l’offerta di amnistia avanzata da Aliyev il 28 maggio scorso nella città di Lachin, tornata sotto il controllo azero lo scorso anno, in quanto l’offerta era accompagnata da quelle che Yerevan considerava minacce.
Tuttavia, Aliyev e Pashinyan si sono nuovamente incontrati il primo giugno a margine del secondo vertice della Comunità politica europea a Chişinău, in Moldova. All’incontro hanno partecipato, come lo scorso anno all’EPC di Praga, anche il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e il presidente francese Emmanuel Macron, ma anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz.
Sebbene sia durato solo un’ora e mezza, l’incontro informale ha toccato il ripristino dei collegamenti di trasporto, la delimitazione del confine tra Armenia e Azerbaijan e il diritto e la sicurezza della popolazione etnica armena del Karabakh.
Parlando successivamente con i rappresentanti della comunità etnica armena della Moldova, Pashinyan ha descritto i colloqui come “utili”, aggiungendo poco altro alla conferma che le mappe dell’era sovietica del 1975 sarebbero state utilizzate come base per delimitare il confine. Da parte sua, Michel ha detto che il prossimo incontro dei leader di Armenia e Azerbaijan si terrà il 21 luglio.
Tuttavia, il 5 giugno il ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan ha affermato che non c’è ancora accordo su quale mappa utilizzare.
Il 3 giugno, con una mossa a sorpresa, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha visitato Ankara per partecipare all’insediamento del presidente turco Erdoğan. Il leader armeno è il primo a visitare la Turchia dall’ottobre 2009, quando l’allora presidente armeno Serzh Sargsyan visitò Bursa in veste ufficiale. Pashinyan, tuttavia, è il primo leader a partecipare ad un evento di così alto profilo da decenni.
Al ricevimento dopo la cerimonia, le fotografie di Aliyev e Pashinyan che parlavano amichevolmente e in modo informale hanno riempito i social media. Erdoğan ha anche posato per fotografie con Pashinyan e alti rappresentanti della comunità etnica armena in Turchia. Aliyev si è anche mostrato mentre parlava e rideva con il patriarca armeno di Istanbul Sahak Mashalyan.
Nel frattempo, dopo i colloqui dell’1-4 maggio ad Arlington, in Virginia, i ministri degli Esteri di Armenia e Azerbaijan si incontreranno di nuovo a Washington D.C., secondo le previsioni il 12 giugno.