Armenia: c’è chi è rimasto in Thailandia (Osservatorio Balcani e Caucaso 27.08.20)
Varda Avetisyan, nota ristoratrice armena, e il suo compagno, lo scorso 28 gennaio erano in viaggio per l’isola di Koh Samu, per una vacanza in Thailandia. Non avrebbero mai immaginato che la loro vacanza di due mesi si sarebbe trasformata in un progetto imprenditoriale a tempo indeterminato. Le frontiere chiuse a causa del coronavirus hanno portato la vita della 38enne Varda in una nuova direzione.
“Era la fine di gennaio quando io e il mio ragazzo siamo partiti per una vacanza. Era da tanto che non staccavamo e avevamo programmato di rimanere in Thailandia per 2 mesi. Avevamo un biglietto di ritorno per il 2 aprile. Ero incinta di tre mesi in quel momento. Avevamo programmato di fare yoga, per rilassarci completamente. Insomma, sono andata in cerca di relax, ma tutto ha assunto un andamento diverso”, racconta.
Già all’inizio di marzo la coppia si era resa conto che i loro piani sarebbero dovuti cambiare. A marzo i voli internazionali hanno iniziato a subire progressivamente ritardi. “Quindi i visti sono stati automaticamente prorogati di tre mesi, in modo che il servizio immigrazione non fosse affollato. Proprio da quel momento ci siamo resi conto che saremmo rimasti qui per molto tempo e che c’erano delle sfide a cui trovare soluzione”, ricorda Varda.
Varda è nata a Yerevan, la capitale dell’Armenia, ma ha vissuto negli Stati Uniti per una parte della sua vita. Ancora adolescente ha fatto domanda per un programma di studi negli Stati Uniti, venendo accettata. È andata a studiare in America e ha vissuto lì per 13 anni.
È qui che è entrata per la prima volta nel mondo della ristorazione: prima lavava i piatti, poi è passata a fare la cameriera, poi è diventata manager. Le piace entrare in un ristorante, scrivere un nuovo menu, selezionare nuovo personale e immergersi nella cucina locale. Anni dopo ha proseguito la stessa attività in Armenia. Ha creato diversi piccoli ristoranti in Armenia con una cucina colorata e deliziosa.
Dice che si sente molto a suo agio in questo lavoro. “Qui in Thailandia data la situazione avevamo bisogno di soldi per continuare a vivere sull’isola. Dovevamo lavorare. Avevamo speso tutto quello che avevamo. E non siamo stati gli unici a trovarci in questa situazione. Proprio in quel momento ho deciso che avrei dovuto guadagnare con l’attività che più mi stava a cuore, la cucina. Ho creato il gruppo ‘Vegan Villa’ su Internet, pubblicato video e foto dei miei piatti, segnato i prezzi e aspettato ulteriori sviluppi. Dopo pochissimo tempo sono arrivati gli ordini, abbiamo avuto il tutto esaurito e il lavoro è iniziato …”.
Anche alcuni loro amici, che li avevano raggiunti in vacanza da Russia e Stati Uniti, li hanno aiutati nel lavoro. Tutti assieme hanno affittato una grande casa, si sono spostati dall’hotel dove alloggiavano ed hanno sviluppato la loro attività.
“Avevano tutti lavori diversi, ma sono entrati presto nel ruolo. Non è stata una cattiva esperienza, era un’attività che rendeva, siamo riusciti a guadagnare abbastanza denaro per poter coprire tutti i costi. Era anche interessante cucinare con i prodotti che ci offriva l’isola, ero affascinata dall’infinito numero di colori che potevo dare ai nostri piatti”.
Varda ricorda che sull’isola era stato anche introdotto un coprifuoco e che quindi loro lavoravano solo nelle ore consentite, i clienti erano turisti rimasti bloccati come loro.
“Non vi è nulla di impossibile nella vita. Questo è un ulteriore esempio che è possibile avviare un’attività dal nulla e non morire di fame. Sono grata a ciò che la vita mi dà e questa è stata una delle varie opportunità concesse”.
Poi il ristorante on-line di Varda è stato chiuso: i voli sono stati riaperti, i turisti che erano bloccati sull’isola sono tornati a casa.
Lei e il compagno sono rimasti un po’ di più. Prima era stato loro rinviato il volo e poi essendo all’ultimo mese di gravidanza non hanno più potuto prendere un aereo. Il bimbo sarebbe potuto nascere in ogni momento e sarebbe stato troppo rischioso.
Per Varda però era molto importante tornare in Armenia, cosa che è riuscita a fare un mese dopo la nascita del figlio. L’aspettavano molte cose. I suoi ristoranti a Dilijan, una delle più belle città turistiche dell’Armenia, hanno dovuto chiudere causa coronavirus. L’affitto era troppo alto, Varda non aveva risorse per pagarlo. Ne ha però altri due, uno dei quali è stato temporaneamente chiuso ma ora è già riaperto, con clienti soprattutto nei fine settimana.
“I miei ristoranti sono piccoli e colorati. Sono ottimista. Spero tutto vada bene”, conclude Varda.