ARMENIA-AZERBAIJAN/ “Con la tregua garantita da Mosca, ora la pace è possibile” (Ilsussidiario 06.05.22)
Con il rischio di una guerra nucleare, i conflitti locali, quelli che coinvolgono piccoli paesi e popolazioni non numerose, finiscono nel dimenticatoio. È il caso di Armenia e Azerbaijan, che solo due anni fa sono stati coinvolti in un conflitto che ha causato migliaia di morti. Adesso il presidente armeno ha annunciato la firma di un accordo di pace con l’Azerbaijan che ha fatto scattare furiose proteste popolari nel suo Paese. Circa duecento manifestanti sono stati arrestati, le strade bloccate nella capitale Yerevan con accampamenti e barricate.
L’accordo in questione, ci ha detto in questa intervista Pietro Kuciukian, console onorario armeno in Italia, “vuole mettere fine al duraturo conflitto per il controllo del Nagorno-Karabakh, un territorio separatista che si trova in Azerbaijan, ma popolato soprattutto da armeni e controllato dall’Armenia dall’inizio degli anni Novanta. Purtroppo l’Armenia ha perso l’ultima guerra e deve prenderne atto, anche perché si tratta di salvare vite umane”.
In Armenia continuano le proteste antigovernative, l’opposizione chiede le dimissioni del primo ministro Nikol Pashinian. In cosa consiste il trattato che si vuole firmare?
È un accordo di pace tra due Paesi che sono stati in guerra. L’Armenia rinuncia a proteggere il Karabakh, è una scelta coraggiosa, ma giusta. Pashinian è interessato a salvare vite umane, perché conoscendo gli azeri è facile che fra qualche tempo attacchino nuovamente. Salvare il salvabile è una strada obbligata quando hai perso una guerra. Perderne un’altra non sarebbe accettabile, nell’ultimo conflitto sono morti 4mila giovani armeni in un Paese che ha tre milioni di abitanti. Significa aver perso quasi una generazione.
È molto difficile rinunciare, non trova?
Abbiamo perso la guerra, è un dato di fatto. Sappiamo come è andata, l’Azerbaijan ha ricevuto l’aiuto della Turchia che l’ha armata.
Tra chi si oppone a questa firma, c’è chi dice che l’Armenia rischia la sua stessa esistenza. Parole esagerate? Propaganda dell’opposizione per rovesciare il governo in carica?
Se si fa un trattato di pace si firmano certe condizioni che riconoscono l’esistenza del Paese che firma, in questo caso l’Armenia. Quella che lei riporta mi sembra una frase campata in aria. Certo, dispiace aver perso la guerra ma è così andata, è una protesta assurda.
Tra l’altro l’Azerbaijan ha minacciato che se l’Armenia non firma, non ne riconoscerà i confini, quindi sarà guerra?
Gli azeri continuano a dire oscenità sugli armeni, è inutile anche starli a sentire, hanno sempre minacciato il nostro Paese e sempre lo faranno.
Ma la popolazione armena nel Karabakh sarà protetta o subirà la persecuzione azera?
Al momento è protetta dai peace keeper russi, è stato firmato un trattato che deve durare cinque anni. Ne sono passati tre e mezzo. Se una delle tre parti, Azerbaijan, Armenia e Russia, che hanno firmato, disdice la tregua tutto può ricominciare.
Non pensa possa esserci un’evacuazione di massa della popolazione armena?
Non so dirlo. Se gli azeri disdicono la tregua cosa possono fare? O si fanno ammazzare o scappano, non hanno molte alternative. A meno che una potenza internazionale venga in aiuto degli armeni, ma fino a oggi non è mai successo.
Lo ha fatto la Russia.
Esatto, l’unica protezione che hanno gli armeni è da parte della Russia.
Adesso Mosca è impegnata in Ucraina: c’è un calo di attenzione nel Caucaso meridionale?
Fino ad ora no. I peace keeper non sono moltissimi, 2mila uomini, non è un numero che non possono permettersi di mantenere tra Azerbaijan e Armenia.
Non c’è il rischio che le due situazioni possano interferire fra loro?
L’unico modo è un intervento turco. Ankara sostiene gli azeri, ma anche gli ucraini. In realtà c’è un gioco delle parti sbalorditivo.
In che senso?
Russi e turchi si ammazzano e si amano, si fanno la guerra in Siria, Iraq, Ucraina e Armenia. È un rapporto impossibile da spiegare. Apparentemente è una politica nuova, ma credo sia sempre esistita sotto banco, essere amici-nemici. Oggi la differenza è che viene giocata in maniera manifesta e questo impressiona.
(Paolo Vites)