Armenia – Azerbaigian: la guerra dimenticata dall’Europa cristiana (L’Indro 07.11.22)

“L’Armenia dà fastidio in quella posizione perché l’obbiettivo è la riunione con i popoli turchi quindi siamo da eliminare. Quello che ci addolora è che l’Europa cristiana se ne frega totalmente e non muove un dito mentre c’è un Paese sull’orlo dell’annientamento”. Intervista a S. E. Abrahamyan Vrtanes, Vescovo di Artsakh

Nelle prime ore dello scorso 13 settembre vi è stata una nuovaescalation militare nella regione del Nagorno Karabakh, ormai da moltissimi anni terra di conflitto tra Azerbaijan e Armenia. In Italia la comunità armena è presente praticamente da sempre.

Nella città di Milano avvengono le prime iniziative consociali già dal 1915. Su iniziativa di alcuni ex studenti del collegio ‘Moorat-Raphaël’ di Venezia, residenti a Milano e a Torino, unitamente ad alcuni commercianti armeni che praticano l’import-export di prodotti tessili nell’area milanese, danno vita da prima in modo informale ad una iniziale cellula associativa. Le iniziative armene a Milano porteranno al riconoscimento per legge dell’Ente già nei primi anni ’20.

Ad oggi la comunità armena milanese conta all’incirca un migliaio di persone. Durante l’ultimo periodo si è impegnata per l’accoglienza di circa una sessantina di profughi Ucraini di etnia armena. Un impegno assolutamente importante per una comunità piccola e che non riceve alcun finanziamento pubblico, ma si auto tassa al suo interno per perseguire il proprio mandato.

Grazie all’iniziativa promossa dall’associazione ‘Una Voce nel Silenzio’, abbiamo raccolto la testimonianza diretta del vescovo armeno della diocesi di Artsakh, S. E. Abrahamyan Vrtanes, nelle scorse settimane in visita a Milano.

Eminenza da dove nascono queste nuove ostilità che coinvolgono il Karabakh?

Io prima di diventare vescovo in Artsakh ero un cappellano militare dell’Armata, conosco molto bene cos’è la guerra perché io stesso ho partecipato. Ho girato molti Paesi per studiare e conosco le regole della guerra. Una di queste regole dice che i cappellani possono rimanere con i prigionieri di guerra per continuare l’assistenza spirituale o tornare tra le proprie file (N.d.A. secondo il diritto dei conflitti armati un cappellano non può essere fatto prigioniero). Il conflitto del 2020 non ha seguito nessuna regola, infatti ho perso dei cappellani uccisi dal nemico. Vi è stato proprio l’intento di effettuare barbarie sui soldati e non fare prigionieri, i pochi feriti catturati servivano per poi essere scambiati, o ricattare, ecc. Se osservate la violenza gratuita contro le lapidi potete immaginare contro gli uomini cosa hanno potuto fare. A un certo punto girava la notizia che il nemico fosse drogato, invece da quello che abbiamo potuto vedere non erano drogati, ma era il loro modo di condurre le operazioni, con violenze gratuite. Io ho visto come cappellano tutte le guerre, la prima nel 92/94, la seconda nell’aprile del 2016 e la terza guerra nel 2020, ho potuto vedere che la violenza è sempre andata ad aumentare.

Come sono cambiati gli appoggi internazionali nei conflitti che si sono susseguiti?

Nel primo conflitto, quando l’Unione Sovietica stava per crollare i Russi cercarono di mantenere immutati i confini dell’Unione Sovietica. Con il presidente Boris El’Cin la posizione russa divenne neutrale ovvero vendeva armi a entrambi, sia a noi che agli Azeri e comunque siamo riusciti a vincere. In quei tempi la Turchia non era ancora così forte e non si era introdotta nel Caucaso. In seguito, la Turchia ha iniziato ad addestrare i soldati Azeri con parametri NATO. Per la prima volta nell’aprile 2016 hanno usato droni Bayraktar Turchi e anche droni Israeliani, questo lo abbiamo poi appurato analizzando i frammenti dopo l’abbattimento di alcuni velivoli. All’inizio c’è stato panico tra le nostre truppe perché non li avevamo mai visti ma poi abbiamo trovato il sistema per distruggerli. L’ultima volta lo scenario è stato molto diverso, perché l’esercito Azero godeva dell’appoggio di nazioni come Israele, Ucraina, Pakistan e anche milizie ISIS. Certo che l’Armenia non poteva vincere contro questa coalizione. Gli analisti dichiararono che gli armeni non avrebbero potuto resistere più di 14 giorni, ma abbiamo resistito 44 giorni e se fossimo stati appoggiati da forze esterne avremmo potuto anche vincere. Europa, USA, Francia, Russia, tutti sapevano che non avremmo potuto resistere, ma ne eravamo coscienti anche noi. L’Armenia dà fastidio in quella posizione perché l’obbiettivo è la riunione con i popoli turchi quindi siamo da eliminare. Quello che ci addolora è che l’Europa cristiana se ne frega totalmente e non muove un dito mentre c’è un Paese sull’orlo dell’annientamento.

C’è stata la presenza di mercenari tra le file azere?    

C’erano degli sniper e delle donne Ucraine. C’erano miliziani ISIS sulle tecniche urlanti Allah akbar. Ma la vera differenza l’ha fatta la presenza dei droni, perché da canto nostro avevamo il vantaggio di conoscere profondamente il territorio. Per ben due volte i droni hanno colpito la chiesa di Shushi.

Qual è la condizione dei civili?

I bombardamenti hanno coinvolto molte città, a Shushi fu colpita la cattedrale 2 volte, a Stepanakert l’ospedale pediatrico, fu colpita Hadrut, esponendo tutti i civili. Ne sono morti a centinai tra donne e bambini. Il problema che queste città non avevano rifuggi, i civili potevano rifugiarsi solo nei sotterranei delle chiese o nelle cantine, ma non tutti ne avevano la possibilità. Durante il genocidio armeno nel periodo della Prima Guerra Mondiale le scusanti (N.d.A. delle Potenze europee di non essere intervenuti in soccorso) erano che gli stati non sapevano, che c’era la guerra, che era avvenuto lontano. Ma adesso con i nuovi mezzi di comunicazione tutti sanno le cose che stanno avvenendo.

Che ruolo hanno i soldati Russi arrivati nel Artsakh?  

I soldati Russi che sono in Artsakh, sono una forza neutrale (N.d.A costituiscono un contingente di Peacekeeping). Se non ci fossero state le forze Russe saremmo stati già invasi e annientati. Vorrei dire un’ultima cosa. Come ho già detto questa guerra non ha seguito nessuna regola, e ci sono delle regole anche per la posa di mine che devono essere mappate e segnalate. Nel 1992 abbiamo minato sia noi che loro, si è usato di tutto, sia anticarro che antiuomo. Si facevano anche dei trappolamenti costituiti da una mina anticarro con sopra una antiuomo. Quando entrammo ad Ağdam abbiamo trovato gli alberi di frutta trappolati dagli Azeri, per trent’anni quei territori sono stati minati ma ovviamente non ci sono mappe.

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