Armenia: anche dopo la guerra, vince ancora Nikol Pashinyan (Osservatorio Balcani e Caucaso 23.06.21)
Si è chiusa domenica scorsa con il voto una campagna elettorale infuocata in Armenia, durante la quale i candidati hanno viaggiato per tutto il paese, anche nelle aree di confine dove i cittadini hanno paura e dove la guerra ha cambiato tutto. Il finale della campagna è stato ovviamente a Yerevan, nella capitale, dove Robert Kocharyan e Nikol Pashinyan hanno raccolto rispettivamente due piazze gremite. Più forse quella di Kocharyan, ma come spesso accade la piazza e le urne sono cose diverse.
Gli elettori armeni hanno infatti riconfermato il governo uscente. Il Contratto Civico di Pashinyan – di cui lui è capolista e premier in pectore – ha ottenuto il 53,97% dei voti, l’Alleanza Armenia di Kocharyan è al 21% delle preferenze.
L’esito del voto va letto sia in rapporto allo storico del paese sia attraverso la lente della nuova legge elettorale, solo così si può dare una prima immagine della legislatura e del governo che verranno.
Innanzitutto l’affluenza alle urne si è confermata bassa, al di sotto del 50% degli aventi diritto. Questa è una tendenza che si conferma e che ridimensiona sempre il livello di consenso dei partiti nel paese, anche quelli con numeri di preferenze rilevanti.
Nelle elezioni politiche del 2018 Contratto Civico aveva raccolto il 70% delle preferenze. Pashinyan ha perso quindi più del 15% dei consensi, equivalente a 16 seggi nella nuova Assemblea nazionale. La nuova legge elettorale prevede che ad un partito che ottiene più del 50% dei voti, ma non il 54%, vengano dati seggi sufficienti per raggiungere il 54%, e quindi i numeri per formare un governo da solo. Da questo punto di vista la legge elettorale cambia poco la situazione sul campo, dato che Contratto Civico aveva già alle urne raggiunto quella soglia. Entro sei giorni Pashinyan presenterà quindi, senza doversi confrontare con alcun alleato, una nuova squadra di governo.
Nei banchi dell’opposizione siederanno “Alleanza Armenia” coalizione dell’ex primo ministro ed ex presidente armeno Robert Kocharyan e “Onore”, sostenuta da un altro ex primo ministro ed ex presidente, Serž Sargsyan. Quest’ultima formazione politica non ha raggiunto il 7%, soglia per le coalizioni, ma la nuova legge elettorale – per tutelare il pluralismo dell’Assemblea – prevede che siano almeno tre le forze politiche rappresentate, per cui Onore, con il suo 5.23% di preferenze, avrà 6 seggi. Degli altri seggi, 27 vanno ad “Alleanza Armenia”, 72 a “Contratto” e 4 sono riservati ai rappresentanti delle minoranze (assiri, curdi, russi e yazidi).
I partiti che siederanno in parlamento rappresentano circa l’80% dei voti espressi. La grande frammentazione del panorama politico ha fatto sì che il 20% dei voti si siano dispersi in partiti che sono risultati minori, e che quindi non hanno raggiunto la soglia di sbarramento. Dopo diverse legislature lascia l’Assemblea Armenia Prospera del discusso oligarca Tsarukyan. La legislatura sarà formata dal primo partito del paese e da due coalizioni, ognuna con almeno un partito armeno con una storia consolidata alle spalle: in “Alleanza Armenia” la Federazione Rivoluzionaria Armena, in “Onore” il Partito Repubblicano.
La legittimità del voto
Il voto è stato monitorato da telecamere in ogni seggio nonché da 8 missioni internazionali e 19 organizzazioni locali. I media accreditati sono stati 49 quelli stranieri e 68 quelli locali.
Durante la campagna elettorale la Procura della Repubblica ha ricevuto circa 400 segnalazioni di violazioni, di cui molte emerse sui social media, alcune di privati cittadini, due del Mediatore Civico – l’Ombudsperson, altre pubblicate dai media, e una sessantina su indicazione delle forze dell’ordine. Sei persone sono state tratte in arresto. Nella data – unica – del voto, svariati partiti di opposizione hanno lamentato intimidazioni. Secondo Sargsyan nei due giorni precedenti al voto la sua coalizione elettorale avrebbe ricevuto minacce, c’è stata una sparatoria in un seggio e sono stati sparati colpi di proiettile verso la macchina di un candidato, Arman Babajanyan.
Quando la Commissione Elettorale Centrale ha reso pubblici i primi exit poll, Kocharyan ha subito negato la legittimità del voto indicando numerose segnalazioni di violazioni che sarebbero state segnalate alla sua coalizione. Posizione mantenuta anche durante lo spoglio e nelle ore seguenti, posizione che si è trovata però sempre più isolata. L’Ombudsperson ha riconosciuto alcune violazioni, ma per lo più imputabili al blocco di Sargsyan. E poi sono arrivate le conferenze stampa delle organizzazioni internazionali che hanno concordato sulla legittimità del voto: prima la missione di monitoraggio elettorale della Comunità degli Stati Indipendenti , poi quella dell’ODIHR che da sempre ha grande visibilità.
La legittimazione internazionale
Ulteriore legittimazione è arrivata con le congratulazioni per il voto dagli alleati storici di Kocharyan: il portavoce del Cremlino Peskov ha parlato da subito di una evidente vittoria di Pashinyan.
Anche l’Unione europea si è espressa in questa direzione. In un comunicato , la presidente della delegazione per le relazioni con il Caucaso meridionale, l’eurodeputata Marina Kaljurand, e il relatore permanente del Parlamento europeo sull’Armenia, l’eurodeputato Andrey Kovachev si sono attenuti alle valutazioni delle missioni elettorali confermando la legittimità del voto e appellandosi alle forze politiche perché “riconoscano i risultati elettorali e si astengano da qualsiasi retorica e azione divisive. Eventuali accuse di irregolarità non devono essere utilizzate per alimentare la tensione, ma devono essere trattate secondo le appropriate procedure di reclamo e ricorso”.
Con il passare delle ore sono arrivati numerosi messaggi di congratulazioni a Pashinyan per la vittoria elettorale: si va dalla vicina Georgia, al Consiglio dell’UE per finire con le congratulazioni fatte personalmente, dal ministro della Difesa russo Sergey Shoygu al ministro della Difesa uscente armeno Vagharshak Harutyunyan. Anche questa una legittimazione, ma molto personale e che fa supporre una prossima riconferma di Harutyunyan nel nuovo governo.
La squadra di governo dovrà concentrarsi su specifici ministeri per affrontare le difficili sfide future. Fra questi il ministero degli Esteri, andato letteralmente in frantumi con una catena di dimissioni nell’ultimo periodo della legislatura uscente.
Le sfide
Ci sono vari cocci da ricomporre oggi in Armenia: l’opposizione di Kocharyan che intende rivolgersi alla Corte Costituzionale per i presunti brogli, una campagna elettorale profondamente divisiva da lasciarsi alle spalle – come ha detto Pashinyan deporre l’ascia di guerra della retorica di odio reciproco di cui lui stesso riconosce di essersi reso colpevole -, e un paese indebolito da guerra, pandemia, fratture interne, isolamento regionale e dipendenza dall’alleato russo.
Spetterà alla nascente legislatura dimostrarsi all’altezza di ricomporre questi cocci, auspicabilmente con la partecipazione di tutte le forze elette e rappresentative delle varie anime del paese.