Antonia Arslan, la storia e il coraggio delle donne (Corriere del veneto 19.11.16)
«Lettera a una ragazza in Turchia» il nuovo libro della scrittrice armena narra tre figure femminili indimenticabili che combattono per sopravvivere e difendere i loro ideali
A una ragazza turca di oggi si rivolge Antonia Arslan nel narrare tre storie di donne armene forti, determinate, mai sopraffatte. Nasce così il nuovo libro della scrittrice padovana di origine armena, Lettera a una ragazza in Turchia (Rizzoli, 144 pagine, 15 euro). Antonia Arslan sceglie una giovane donna contemporanea («ci sei nata e ci stai in quel magnifico Paese dove i miei antenati per millenni hanno vissuto, combattuto, creato regni e chiese di cristallo… Da dove noi siamo stati cacciati per sempre»), per tramandare le vicende di tre figure femminili indimenticabili, che combattono per sopravvivere ma anche per difendere i loro ideali.
«Dovrai scoprire il coraggio sotterraneo dei deboli», scrive alla ragazza turca. E riflettere sul fatto che «è possibile tu non sia solo turca, che il sogno inculcato dall’infanzia di una purezza di sangue che vi rende eredi dei conquistatori sia vano artificio retorico. Molto vi siete mescolati con il sangue dei conquistati». Così Arslan rivela e ribadisce che molte bambine armene rapite e inserite in famiglie turche che tolsero loro nome, identità, religione, costumi, sono strettamente intrecciate con le giovani turche di oggi, nonostante «la ferrea cupola della menzogna di Stato».
Antonia Arslan, non può fare a meno di tramandare la memoria della comunità armena scomparsa dal «Paese Perduto», gli erranti sopravvissuti al genocidio dei Turchi, con la nostalgia eterna di quella terra «di latte e miele» di cui si favoleggia nelle case degli esuli armeni sparsi nel mondo. «Sulle mie spalle si posa inflessibile il popolo scomparso », scrive Antonia Arslan. Raccontare diventa quindi urgenza, dovere, missione. E la memoria si fa antidoto contro la paura.
In questo periodo storico in cui minacce, violenza, attentati, si propagano da Oriente a Occidente, da Istanbul a Bruxelles, Antonia Arslan trascina in un viaggio nella storia, tra donne che hanno combattuto per il loro futuro. Hannah, bimba in fuga dall’Armenia, nata nel 1910 vicino al monte Ararat, sopravvissuta allo sterminio, «curiosa e ostinata », che «si promette di non arrendersi mai, di resistere a qualsiasi cosa le capiterà». Fame, stenti, violenza, solitudine, ma Hannah ce la farà, diventerà imprenditrice di successo negli Stati Uniti. «Tener duro si può, si deve. Sono una figlia d’Armenia ». E poi Iskuhi, la bellissima moglie di Khayel, «guance di pesca e occhi rotondi», che divora giornali e riviste, appassionata di Florence Nightingale, rivoluzionaria nelle idee e nella voglia di diffondere l’antica cultura armena, ma rinnovando la lingua dei padri. Morirà partorendo il secondo figlio, a 19 anni. E il suo primogenito Yerwant (medico geniale, nonno di Antonia Arslan), conserverà per sempre con nostalgia dentro si sé quel «profumo di mamma» che lo aveva lasciato a tre anni.
Infine la storia di Noemi, che si sposò con Levon (brillante giovane medico dei «felici dottori Arslanian»). Un amore splendente fino a quando i turchi cancellarono il loro futuro. Levon viene ucciso, ma Noemi rifiuterà il ricatto del maresciallo turco innamorato di lei, firmando così anche la sua condanna a morte. Figure potenti, quelle narrate da Antonia Arslan, restano impresse a fuoco nell’anima di chi legge. Voci femminili accomunate dalla volontà di decidere del proprio futuro, di affermarsi come donne. «Se sei donna ci vuole un’audacia straordinaria per restare libera e prendere in mano il tuo destino».