Ancora irrisolta la contesa tra Erevan e Baku sul corridoio di Lačin (Asianews 12.04.23)
Chiuso da Baku, serve a collegare Erevan con il Nagorno Karabakh, enclave armena in territorio azero. Tensione sullo status del villaggio di Tegh. La popolazione locale provata dalla disputa. Ogni trattativa deve fare i conti con il carattere indomabile della popolazione armena dell’area.
Mosca (AsiaNews) – Il presidente della Commissione parlamentare per la Difesa dell’Armenia, Andranik Kočaryan (v. foto), ha incontrato i giornalisti per illustrare la situazione della contesa del corridoio di Lačin, che blocca le comunicazioni di Erevan con il Nagorno Karabakh, enclave armena in territorio azero. Il deputato armeno si è concentrato sulla situazione del villaggio di Tegh, snodo fondamentale della zona interessata nella parte orientale della regione di Siunyk, a 88 chilometri dalla città di frontiera di Kapan, dove dal novembre 2020 è insediato il comando delle forze “pacificatrici” dell’esercito russo.
In quella posizione si sono disposte anche le armate dell’Azerbaigian, e non si riesce a capire fino a che punto siano conniventi o conflittuali con i russi, oltre che con gli armeni. Secondo Kočaryan, gli azeri non hanno fatto nulla per liberare la zona, nonostante le ripetute affermazioni in questo senso. Allo stesso tempo sono al lavoro gli organi incaricati da Baku e Erevan per la correzione delle frontiere, che sembra stia portando a qualche miglioramento, almeno sulla carta, proprio intorno al villaggio di Tegh, fino all’altro centro di Kornidzor.
Come ha spiegato il deputato, “quando parliamo di miglioramenti, intendiamo che almeno si è cominciato a discutere di questo tratto cruciale, anche se non si vedono ancora veri trasferimenti, ma forse cominciamo a capirci su che cosa è nostro e cosa è loro”. La speranza è che gli azeri “comincino almeno un po’ a farsi da parte”.
Lo stesso premier armeno Nikol Pašinyan ha affermato durante una riunione del governo che “sono stati fissati i punti di dislocazione delle frontiere a 7 e 12 chilometri, e si lavora su altri 5 chilometri intorno a Tegh”. Secondo le valutazioni degli armeni, gli avversari hanno disposto strutture con lavori di ingegneristica a 100-300 metri dai punti di frontiera, violando le distanze di sicurezza e gli accordi generali. Come afferma il premier, “ne stiamo parlando con gli azeri, per farli allontanare da Tegh, ma se non capiscono arriverà il giorno in cui dovremo trovare il modo di farglielo capire”.
Come precisa Kočaryan, quando Baku comincerà davvero a liberare la zona si potrà parlare del “reciproco allontanamento” dei militari dalle aree più calde. Quindi sarà necessaria un’inchiesta su basi giuridiche, per capire fino in fondo le colpe degli incidenti che hanno portato a diverse vittime e alla somma dei problemi che hanno bloccato l’intero corridoio, “a tutti i livelli, da quelli più bassi a quelli più alti, mettendo a fuoco le azioni delle varie autorità sul posto”.
Nello stesso villaggio di Tegh esiste un capo amministrativo della comunità, e un insieme di abitanti e forze militari tra loro mescolati. La manutenzione e riparazione delle strade, ad esempio, riguarda tratte di decine di metri, spesso decisivi per il passaggio dei mezzi. Finora da parte armena non sono stati presi provvedimenti contro alcun funzionario, e il Consiglio municipale di Tegh attende l’arrivo di una commissione d’inchiesta, insieme a rappresentanti del governo, per “chiarire le moltissime questioni rimaste oscure”, ribadisce Kočaryan.
Uno dei membri del Consiglio di Tegh, che rappresenta l’opposizione agli “anziani” del villaggio, Masis Zejnalyan, si è recato al capoluogo di Siunyk, chiedendo agli amministratori regionali di venire a loro volta a verificare la situazione, “non importa per quale parte tengano, vengano pure i professori della Casa della Cultura”, purché qualcuno cerchi di capire veramente come vivono gli abitanti del luogo, “oggi abbandonati come farfalle che svolazzano in una prigione”. Gli azeri avrebbero distrutto delle coltivazioni per piazzare le proprie strutture, e gli abitanti si sentono incastrati tra soldati e poliziotti di tutte le fazioni.
I cittadini di Tegh, afferma Zejnalyan, non hanno intenzione di “rinunciare al proprio pane e arrendersi senza combattere, che futuro avremmo?”. Come sempre in questi territori, ogni trattativa deve sempre fare i conti con il carattere indomabile della popolazione.