Agos, i 20 anni della voce armena in Turchia (Ansamed 14.04.16)
ISTANBUL – “La prima volta che abbiamo usato l’espressione genocidio armeno è stata dopo l’omicidio di Hrant Dink. Quel giorno, è cambiata la storia di questo giornale e di tutta la Turchia”. Yetvart Danzikyan siede dietro al suo computer e davanti a un arazzo dove le lettere dell’alfabeto armeno sono state ricamate una ad una su stoffa colorata. Dal febbraio del 2015 è il direttore di Agos, il primo giornale turco-armeno che 20 anni fa vedeva la luce in una Istanbul molto diversa. Allora, lui faceva parte della cerchia di intellettuali, giornalisti e piccoli imprenditori che si lanciarono nell’avventura di dare voce alla comunità armena della città – oggi circa 60 mila persone, anche se non esistono censimenti ufficiali – parlando in turco e ai turchi. A guidarli Hrant Dink, campione del dialogo interculturale assassinato il 19 gennaio 2007 davanti alla redazione di Agos da un fanatico nazionalista minorenne. “Dopo quasi 10 anni hanno condannato solo l’esecutore materiale e un mandante. Il vero processo, con agenti e funzionari statali imputati, sta iniziando solo adesso: perché noi siamo certi che dietro l’omicidio ci sono apparati dello Stato, e non ci stancheremo di cercare la verità”, dice Danzikyan in un’intervista ad ANSAmed.
Dopo aver contribuito alla fondazione di Agos, aveva iniziato a lavorare per diversi media nazionali. Ma l’omicidio Dink lo ha spinto a dare di nuovo il suo contributo, prima da editorialista e ora come direttore. “In Turchia ci sono 2 storici quotidiani armeni, Marmara e Jamanak. Agos, che è un settimanale, ha allargato la sfera d’interesse, occupandosi anche di altre minoranze e battaglie democratiche, con un approccio molto più politico”. Un impegno che ne ha fatto una delle voci più influenti del panorama dell’opposizione turca. L’attenzione per le opinioni espresse sul giornale va ben al di là delle 5 mila copie che in media circolano ogni settimana. Alla creazione delle 24 pagine in edicola ogni venerdì – 20 in turco e 4 in armeno – contribuiscono una decina di redattori, oltre a diversi editorialisti.
Lo scorso anno la redazione di Agos si è trasferita nei locali di una storica scuola armena, in disuso per la mancanza di studenti. Qui oggi si trova anche la fondazione intitolata a Hrant Dink, che cerca di conservarne la memoria e stimolare il dialogo interculturale. Nella vecchia sede del giornale, vicino a cui Dink venne assassinato, nascerà invece un museo dedicato al suo lavoro.
“Dopo l’omicidio di Hrant, il governo ha fatto dei passi avanti, soprattutto risolvendo alcuni problemi legati alle proprietà che erano state confiscate dallo Stato alle minoranze religiose. Ma il centenario del genocidio non ha portato a delle vere scuse da parte della Turchia e il conflitto con i curdi, riesploso in estate, ha alimentato di nuovo i sentimenti nazionalisti. Molti media vicini al presidente Erdogan accusano gli armeni di combattere con il Pkk”. Dopo 20 anni, il futuro di Agos è incerto come quello di tutti i media. “Stiamo pensando a nuovi modelli, puntando sul web. Non è facile sopravvivere per un piccolo giornale. Ma anche in tempi così difficile, continueremo a impegnarci per far sentire la nostra voce”.