Addio al patriarca armeno Mesrob, amico della pace (huffingtonpost.it 15.03.19)

Si è parlato poco in Europa della scomparsa di Mesrob Mutafyan, patriarca armeno, testimone del Novecento, uomo dai tratti umani, capace di sentimenti amicali profondi. Vale la pena invece farlo per conservare la testimonianza di un uomo che amava la pace.

Ottantaquattresima guida della Chiesa armena ortodossa di Istanbul, eletto patriarca nel 1998, negli anni precedenti, in uno dei suoi soggiorni romani, aveva conosciuto, giovane prete, la Comunità di Sant’Egidio: ne nacque una lunga e ricca amicizia grazie alla quale fu possibile inviare aiuti agli armeni dopo il terribile terremoto che colpì il Paese nel 1988.

“Tutti abbiamo ereditato peccati antichi, antichi malintesi, antichi problemi” diceva, pensando alla difficile storia della sua Armenia, quasi a dire che era necessario voltare pagina e guardare con speranza al futuro. Ma anche che non si poteva per alcun motivo tornare agli incubi del passato.

Il passato era quello doloroso di un popolo che era stato vittima delle stragi dei cristiani (tra un milione e un milione e mezzo di morti solo tra gli armeni) avvenute all’inizio del XX secolo in quella regione. Consapevole che tutto ciò era stato possibile anche per lo scoppio del primo conflitto mondiale, aveva assunto una posizione molto ferma di rifiuto di ogni guerra e di ogni violenza.

Proprio dentro la prima guerra mondiale si consumò infatti la strage degli armeni, in una Turchia che fino a poco prima li considerava sadiqa millet, nazione fedele al potere ottomano. Ma erano ormai finite, all’inizio del Novecento, le strutture del millet e dell’impero, e andava rafforzandosi la nuova struttura, la “nazione”.

Mesrob è stato l’uomo giusto al momento giusto per costruire ponti tra Oriente e Occidente: la storia da cui proveniva lo aveva reso consapevole che, una volta distrutto un ponte, è molto difficile ricostruirlo, riaprire un dialogo.

Guida di 50.000 armeni – tanti erano i suoi correligionari, gli altri sono nella Repubblica di Armenia o nella diaspora – è sempre stato un uomo di pace in uno scenario così difficile e complesso come quello della Turchia e tutto il Medio Oriente.

Infine, una memoria privata. Lo scenario è una casa per anziani poveri, nel centro di Roma. La visito e trovo una donna anziana, Valérie, dai tratti fini, che rivela antiche frequentazioni di mondi lontani alternando l’italiano al francese, ma anche al greco, arabo e turco…Mi viene un sospetto: è armena?

Racconta di scontri in Turchia: lei, quindicenne che assiste a scene violente e tutto torna, perché si tratta del 1915, anno horribilis, essendo nata nel 1900. So che è a Roma un amico, il futuro patriarca, e nel raccontargli della mia nuova conoscenza, lo invito a passare in quella casa. Risultato: due ore felliniane. Un prete ortodosso, in abito religioso, si intrattiene con una donna che potrebbe essere di Roma, ma anche di Alessandria, forse meglio definirla mediterranea.

Ascolto, come in una sinfonia, suoni di parole che al mio orecchio mutano di accento…Vedo Mesrob che passa dall’italiano al francese, al greco, al turco, all’arabo e infine…all’armeno. Tutto è perduto con la guerra, niente è perduto con la pace. Ciao Patriarca!

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