Le proteste in Armenia che preoccupano Mosca (Internazionale.it 02.05.18)

Sembrava fatta. Unico candidato in lizza, Nikol Pashinyan, l’uomo che incarna l’opposizione armena, il 1 maggio sarebbe dovuto diventare primo ministro dopo tre settimane segnate da grandi manifestazioni popolari.

Sembrava fatta, perché il presidente alla guida di questa ex repubblica sovietica indipendente dal 1991, Serž Sargsyan, si era inimicato la maggioranza dei tre milioni di armeni cercando di restare al potere oltre i due mandati consecutivi concessi dalla costituzione.

Sargsyan ha fatto passare l’Armenia da un regime presidenziale a un regime parlamentare per poi farsi nominare primo ministro dalla camera controllata dal suo partito. Tecnicamente la legge non è stata violata, ma il suo spirito è stato chiaramente calpestato. Così le manifestazioni di protesta avevano costretto Sargsyan a dimettersi il 23 aprile, lasciando via libera a Nikol Pashinyan, ex giornalista di 42 anni conosciuto per la sua eloquenza, il suo coraggio e la sua eleganza, una specie di Robin Hood maestro nell’arte di denunciare la corruzione, la disoccupazione, le enormi fortune di un gruppetto di eletti e la miseria della maggior parte della popolazione.

Appello al blocco totale
Sembrava fatta. Il partito di maggioranza avrebbe dovuto permettere a Pashinyan di andare al governo, perché era l’unico modo per ripristinare la calma. E invece no. Robin Hood non ha ottenuto la maggioranza parlamentare tanto attesa. Sorpreso e indignato quanto la folla che si preparava a festeggiarlo, ha immediatamente chiesto – a partire dal 2 maggio e invitando comunque alla non violenza – un blocco totale del paese, delle sue strade, delle sue stazioni e dei suoi aeroporti.

Un paese stretto tra l’Iran, la Turchia, la Georgia e l’Azerbaigian potrebbe essere sull’orlo della rivoluzione, animato da una volontà di ribellione contro l’ingiustizia sociale e dal rifiuto verso un uomo e un partito che non vogliono mollare la presa.

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Dato che la diaspora armena è molto presente in diversi paesi, tra cui la Francia, questa crisi non passerà inosservata e farà tanto più rumore considerando che rappresenta un vero dilemma per la Russia, ex potenza tutelare dell’Armenia e garante della sua sicurezza davanti all’occidente, alla Turchia che continua a non voler riconoscere il genocidio armeno di un secolo fa e all’Azerbaigian a cui gli armeni contendono dal 1988 l’enclave del Nagorno Karabakh.

L’Armenia ha troppo bisogno della Russia per allontanarsene. Nikol Pashinyan continua a ripeterlo, ma Vladimir Putin non vede di buon occhio un popolo, per giunta gravitante nell’area russa, che voglia sbarazzarsi dei suoi dirigenti accusandoli di aver diffuso la corruzione e aver provocato la miseria della gente. Questo tipo movimento, infatti, rischia di far venire idee strane a qualcuno, anche in Russia.

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Intervista a Taysaev: “Fermare le manovre imperialiste in Armenia, perché non si ripeta il copione ucraino” (Lantidiplomatico.it 02.05.18)
Si ripeterà in Armenia lo scenario ucraino? Avranno successo le manovre destabilizzanti in corso nell’ex repubblica sovietica, oggi tra le più vicine alla Federazione Russa? Andranno in porto le manovre sovversive delle solite forze (Ong per prime), finanziate dagli ambienti legati a Soros e al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, creando le premesse per un ulteriore rafforzamento dell’attuale assedio imperialista alla Russia? Sono le domande che si pone il dirigente comunista Kazbek Taysaev – che è anche membro del Comitato della Duma per gli Affari della Comunità deli Stati Indipendenti (CSI), chiedendo alle autorità del proprio paese l’energia e la determinazione che, a suo parere, era mancata nel momento in cui si andava preparando il colpo di stato nazista e filo-imperialista del 2014 in Ucraina? (MG)

E’ possibile che in Armenia si ripeta lo scenario ucraino?

Che la situazione ci possa sfuggire di mano, non è escluso. Anche in Ucraina tutto ebbe inizio con manifestazioni contro oligarchi e funzionari corrotti. Dobbiamo seguire da vicino gli sviluppi, senza nasconderci dietro dichiarazioni secondo cui si tratterebbe di affari interni all’Armenia. Occorre preservare il corso filo-russo dell’Armenia e non permettere che forze distruttive sconvolgano la situazione. Ciò che là si sta verificando ci riguarda direttamente. Siamo uniti dal comune accordo collettivo sulla sicurezza, da una storia comune, dalla cultura, ecc.

Ho paura che gli statunitensi stiano investendo molte risorse e mezzi per destabilizzare la situazione, provando a giocare la stessa carta dell’Ucraina. Grandi somme potrebbero essere gettate nelle cosiddette nuove elezioni parlamentari e per lo “sviluppo della democrazia” in Armenia. Non si sa ancora chi si occuperà dell’Armenia e chi avrà accesso al Parlamento. Oggi la maggioranza nel parlamento armeno è costituita da politici di orientamento filo-russo. La carica di primo ministro ad interim dell’Armenia è occupata dall’ex vice premier della repubblica, Karen Karapetyan, una persona degna e costruttiva, che ama molto il suo paese. Lo conosco personalmente e ritengo che dobbiamo sostenerlo quanto più è possibile. L’importante è non perdere tempo.

Quando in Ucraina tutto era appena all’inizio, per l’unione con la Russia si schierava il 90% e solo tra il 5 e il 10% si pronunciava per l’associazione con l’Unione Europea.

Nel 2013, i comunisti guidati dal loro leader Petro Nikolaevich Simonenko avevano raccolto oltre 3 milioni di firme per chiedere un referendum nazionale sull’ingresso o meno dell’Ucraina nell’Unione Europea. Noi lo avevamo sostenuto. Allora, oltre il 75% della popolazione dell’Ucraina era contro l’ingresso nell’UE. Ma ci è sfuggita di mano la situazione, e il potere è stato conquistato da un’aggressiva minoranza fascista. Risultato: le fiaccolate dei fascisti nel centro di Kiev, la beffa per i veterani della Grande Guerra Patriottica e per chi è animato da sentimenti filo-russi.

Ma soprattutto sono stati comunisti a soffrite delle azioni di questi fascisti, eredi di Bandera e Shukhevich. Ad esempio. La prima persona ad essere aggredita sul majdan fu il primo segretario del comitato cittadino di Lviv del PCU, Rostislav Vasil’ko. Gli furono spezzate le ossa e venne costretto a mangiare una croce ortodossa di fronte a tutti i giornalisti. E tutto ciò ha forse sollevato la minima indignazione della comunità mondiale e dei rappresentanti degli Stati che impongono la loro visione della democrazia all’Ucraina? No, nessuno lo ha fatto. Siamo riusciti solo noi a portarlo fuori da Kiev, a Mosca, dove gli è stata salvata la vita.

Perchè ha subito questa crocifissione?

Per il fatto che a Lviv si era pronunciato per l’unione con la Russia e perchè è un comunista.

E se la Russia non avesse sostenuto allora che quanto stava accadendo era un affare interno dell’Ucraina, ma avesse appoggiato la maggioranza filo-russa, non ci sarebbe stata una guerra civile in Ucraina, a mio avviso. Secondo l’OSCE, circa 15.000 persone sono morte, ma in realtà le vittime sono state 50.000. Andate nel Donbass, sulla linea di contatto, e capirete che la gente su entrambe le parti parla russo. Questa è una cosa terribile. La Russia deve riconoscere i risultati del referendum, riconoscere l’indipendenza della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk, contribuire a integrare le imprese del Donbass nell’economia russa, approvare una legge che permetta l’accelerazione dell’ottenimento della cittadinanza della Federazione Russa. Questò è ciò che la Russia deve fare nell’immediato futuro.

A differenza di noi, gli statunitensi non hanno esitato a dichiarare di avere speso 5 miliardi di dollari per condizionare la situazione in Ucraina.

Noi non abbiamo il diritto di trattare l’Armenia come abbiamo fatto con l’Ucraina: la politica dello “struzzo” ci costerrebbe molto cara. Il 9 maggio celebreremo il Giorno della Vittoria, che abbiamo ottenuto insieme ai popoli dell’Armenia. 106 armeni sono diventati Eroi dell’Unione Sovietica. E ora dovremmo fare un passo indietro e consegnare gli armeni alla follia degli statunitensi come è avvenuto con l’Ucraina? Questo sarebbe un crimine nei confronti del popolo fratello dell’Armenia.

Cosa dovrebbe fare il nostro governo?

La Duma di Stato sta per iniziare i suoi lavori. La prima questione che deve essere affrontata dalla Duma è quella relativa alla situazione in Armenia. I nostri deputati devono recarsi là al più presto e avviare consultazioni con tutti, aiutare la nostra ambasciata e tutte le forze filo-russe. In Armenia c’è anche un forte partito comunista.

C’è l’organizzazione che si chiama UPC-PCUS (Unione dei Partiti Comunisti-Partito Comunista dell’Unione Sovietica). Questa organizzazione è il successore del PCUS, che comprende i partiti comunisti di tutte le repubbliche dell’URSS e di tre nuovi stati: Ossezia del Sud, Abkhazia e Transnistria. Tutti questi partiti comunisti sono orientati solo verso la Russia e si pronunciano per la rinascita dell’unione dei popoli fratelli. Perchè il nostro governo non dovrebbe ora sostenere i comunisti dell’Armenia?

Sono sorpreso per la posizione dei nostri governanti, che non riescono a formulare con chiarezza il loro pensiero. Mentre occorrerebbe dichiarare a gran voce che l’Armenia rientra nella zona dei nostri interessi strategici, geopolitici, economici… Il nostro governo deve capire che la Russia non può vivere circondata da paesi che ci odiano e sono assetati di sangue. Guardate cosa sta accadendo in Ucraina, in Georgia. Vogliamo che accada lo stesso in Armenia? Proprio no!

Quali lezioni dovrebbero trarre le nostre autorità?

Secondo me, la lezione dovrebbe essere questa: occorre sostenere le forze che si battono contro gli elementi distruttivi e che stanno facendo di tutto per rafforzare la nostra secolare amicizia. Il nostro futuro è nell’unità. Se si unissero i tre Stati slavi – Russia, Ucraina e Bielorussia – avremmo un’alleanza potentissima, sul piano economico, politico e militare. Presto vi ritornerebbero tutte le ex repubbliche dell’Unione, che proprio questo stanno aspettando. E la rinascita dell’Unione dei popoli fratelli diventerebbe una realtà.

Credo che la prima riunione della Duma di Stato, e la prima riunione del Comitato per gli affari della CSI, per l’integrazione eurasiatica e per le relazioni con i compatrioti, che è direttamente incaricato di occuparsi di tali problemi, dovrebbero essere dedicate agli avvenimenti in corso in Armenia. E anche le altre strutture che si occupano della geopolitica dovrebbero affrontare per prima la situazione in Armenia.