Intervista a Victoria Bagdassarian, ambasciatrice armena: «Ricordo Genocidio Armeno atto di solidarietà universale» (Era Superba 06.10.16)
Il Consiglio Comunale di Genova, il giugno scorso, ha deciso di dare mandato all’amministrazione per trovare una via o una piazza da dedicare al ricordo del Genocidio del Popolo Armeno. Abbiamo riportato la notizia alla Ambasciata della Repubblica d’Armenia, ed oggi pubblichiamo l’intervista che Victoria Bagdassarian, la nuova ambasciatrice armena, ha voluto gentilmente concederci sull’argomento, e non solo. Nel frattempo dalla giunta di fanno sapere che la pratica è in corso, e nei prossimi mesi si dovrebbe arrivare ad una concretizzazione. Il Genocidio del Popolo Armeno ha lasciato pesanti tracce nella storia europea dell’ultimo secolo, condizionando ancora oggi la diplomazia di molti paesi, paesi a noi vicini con i quali spesso sediamo ai vari tavoli internazionali: la memoria storica può essere una chiave importante per leggere anche il nostro presente, per provare a costruire un futuro più consapevole.
Approcciando l’argomento la prima impressione è che il Genocidio del popolo Armeno, nonostante la sua dimensione e le tragiche modalità di attuazione, sia spesso poco ricordato nella cultura cosiddetta “occidentale”, soprattutto a livello mainstream. Come mai secondo Lei?
Non credo che il Genocidio armeno sia poco ricordato nella cultura occidentale. Come primo genocidio del 20° secolo fa parte non solo della storia dell’occidente, ma della storia mondiale e sulla cultura mondiale si riflette. Sul genocidio ci sono migliaia di testimonianze conservate negli archivi di diversi paesi, eredità non solo di testimoni occidentali e armeni, ma anche di turchi, arabi, persiani e di altre nazioni. Negli ultimi anni, soprattutto, sono stati pubblicati molti libri, girati documentari, organizzate conferenze, spettacoli teatrali e altro ancora. Per quel che riguarda il termine “genocidio”, all’epoca dei fatti non era stato ancora coniato e le atrocità commesse dall’Impero ottomano contro gli armeni sono state definite massacro, sterminio. La parola genocidio, come concetto giuridico, è stato introdotto nel 1944 dopo l’Olocausto ebraico, dall’avvocato Raphael Lemkin, specialista in diritto penale e internazionale, il quale si è basato proprio sulle descrizioni dei crimini commessi contro gli armeni. Probabilmente, negli ultimi decenni, il Genocidio armeno è stato più sentito. I sopravvissuti al genocidio, i rifugiati armeni nei diversi paesi, impegnati a risolvere problemi di sopravvivenza, spesso evitavano di parlare della loro tragedia. Solo dopo aver superato le difficoltà, i problemi di sopravvivenza quotidiana diciamo, i discendenti dei sopravvissuti al genocidio hanno cominciato a porre delle domande, a chiedere cosa era accaduto, a sollevare la questione e a informare la comunità internazionale. A questo processo di informazione ha contribuito anche l’indipendenza della Repubblica d’Armenia, che ha promosso ad azione di governo il riconoscimento internazionale del genocidio. Ed è proprio su questo piano che stiamo affrontando un fenomeno disgustoso, la negazione del genocidio, che la Turchia porta avanti a livello ufficiale con tutti i mezzi possibili, cercando di nascondere i crimini e tacciare coloro che ne parlano. Sono fiduciosa, però, che alla fine la giustizia prevarrà anche nella società turca.
Quale significato ha per Lei presidiare la memoria di questo terribile evento?
Quale può essere il messaggio dello sterminio di un milione e mezzo di persone innocenti? Posso solo dire che non si può permettere che simili tragedie abbiano a ripetersi, cioè mai più. La comunità internazionale deve esercitare ogni sforzo per prevenire i genocidi e tutti i crimini contro l’umanità. La Repubblica d’Armenia, in questo senso, svolge una politica proattiva. Basti vedere, per esempio, la risoluzione sulla prevenzione del genocidio presentato al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, l’organizzazione di forum globali per la prevenzione dei genocidi e altro ancora. È su iniziativa armena che nel Marzo del 2015 a Ginevra il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, ha adottato la risoluzione sulla Prevenzione del genocidio. È grazie a questa risoluzione che la proposta di istituire il 9 dicembre, data dell’adozione della Convenzione della “Prevenzione del crimine del genocidio”, come il giorno della commemorazione delle vittime del genocidio, è stata approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Ogni atto simile è per noi non solo un atto di solidarietà verso il popolo armeno, ma anche un atto di fedeltà ai valori universali e un imperativo categorico per le generazioni future
Il Consiglio Comunale di Genova ha votato all’unanimità l’impegnativa per la giunta comunale di trovare nei prossimi mesi una via, o una piazza, da dedicare al Genocidio del Popolo Armeno. Che “sapore” ha questa notizia?
Abbiamo molto apprezzato la decisione del Comune di Genova. Ogni atto simile è per noi non solo un atto di solidarietà verso il popolo armeno, ma anche un atto di fedeltà ai valori universali e un imperativo categorico per le generazioni future.
Durante la discussione in consiglio, la giunta si è espressa con parere negativo, perché, secondo l’assessore di riferimento, l’argomento era troppo “divisivo”. Cosa ci può essere di divisivo nella memoria di questa strage?
È difficile per me commentare opinioni che non ho sentito. Nella domanda precedente Lei ha detto che la decisione è stata unanime, il che significa che anche coloro che avevano un’opinione diversa hanno votato a favore dell’impegnativa. Il fatto che alcuni, pochi, abbiano un’opinione diversa non può mettere in dubbio i fatti del Genocidio armeno. Non escludo, che, probabilmente, le persone abbiano informazioni non attendibili ma sono lacune che possono essere facilmente colmate da fonti imparziali.
Gli stati nazionali occidentali hanno istituito diverse giornate cosiddette “della memoria”. Ma qual è lo stato di salute della nostra memoria?
L’istituzione delle “Giornate della memoria” impedisce di dimenticare le tragedie accadute a tanti popoli. Conservare, proteggere la memoria è un impegno fondamentale per prevenire che tali crimini possano ripetersi. Piuttosto, “l’amnesia” verso il Genocidio armeno e simili tragedie ha una base politica.
Cosa lega l’Italia e l’Armenia?
Un passato ricco di relazioni storiche e di cooperazione, la fedeltà agli stessi valori universali di origine cristiana. L’Armenia e l’Impero Romano erano Stati confinanti e, come era tipico del tempo, i re Armeni e gli imperatori Romani, di volta in volta, si alleavano o combattevano gli uni contro gli altri. Con l’adozione del cristianesimo le nostre due nazioni sono diventate portatori degli stessi valori e, alle relazioni commerciali e militari, si sono aggiunte relazioni culturali e spirituali. Secondo numerose testimonianze storiche, a partire dai secoli 6° e 7° e soprattutto dopo la metà del 14°, con il consolidarsi dei rapporti commerciali tra l’Impero romano e il Regno Armeno di Cilicia, a Roma, Venezia, Firenze, Genova, Napoli, Ravenna e Livorno era facile trovare dei veri e propri centri di commercio armeni che avevano dato vita a comunità armene completamente formate, con le loro attività spirituali, culturali ed economiche. I Re armeni di Cilicia avevano conferito ai mercanti italiani il diritto di commerciare, alloggiare e muoversi liberamente; lo stesso status privilegiato era stato concesso dalle città italiane ai mercanti armeni. I rapporti e relazioni secolari, la vicinanza culturale e di forma mentis dei nostri popoli, il contributo della comunità armena allo sviluppo dell’Italia così come la conosciamo oggi, sono la base dei nostri rapporti bilaterali. Il nostro impegno è di rinsaldarli e, in questi 25 anni d’indipendenza, la Repubblica d’Armenia ha fatto tanto.
Ankara, continuando a negare la verità storica e rifiutando di affrontare le pagine nere della propria storia, è diventata complice del genocidio: l’atto finale di un genocidio è la sua negazione
Veniamo alla Turchia. Perché in tutti questi anni i vari governi turchi hanno sempre negato il genocidio armeno, o quanto meno ne hanno ridimensionato la gravità? La Germania ha in qualche modo riconosciuto l’Olocausto (come se fosse possibile non riconoscerlo) e perché Ankara non riesce o non vuole?
Come ho già detto in precedenza, la Turchia non solo non riconosce il Genocidio armeno, ma effettua apertamente anche una politica di negazione a livello statale. E ciò avviene nonostante il fatto che nel 1919 sia stato lo stesso tribunale militare turco a dimostrare con un verdetto che la deportazione e lo sterminio degli armeni era una politica di Stato. Sulla base di quello stesso verdetto i principali fautori del genocidio furono condannati a morte. Il genocidio non è stato organizzato dalle autorità turche di oggi ma Ankara, continuando a negare la verità storica e rifiutando di affrontare le pagine nere della propria storia, è diventata complice del genocidio. Secondo gli studiosi di genocidio, l’atto finale di un genocidio è la sua negazione. In Turchia un numero crescente d’intellettuali, personalità pubbliche, di individui comuni riconosce il Genocidio armeno. Questo ci fa sperare che in futuro la Turchia riconoscerà a livello statale il crimine commesso dai suoi antenati e con questo eliminerà il divario tra due nazioni confinanti.
Quali sono i rapporti diplomatici attuali tra Ankara e Yerevan?
Non ci sono rapporti diplomatici tra Yerevan e Ankara, e il motivo è che la Turchia pone precondizioni per stabilire rapporti diplomatici. Nel 2009 a Zurigo, alla presenza dei rappresentanti di Svizzera, Stati Uniti, Russia, Francia, Unione Europea e Consiglio d’Europa, i Ministri degli esteri di Armenia e Turchia hanno firmato un protocollo sulla creazione dei rapporti diplomatici senza precondizioni, l’apertura delle frontiere e sullo sviluppo delle relazioni bilaterali. Però, il giorno dopo a inchiostro ancora fresco, la Turchia ha presentato precondizioni per la ratifica delle firme, precondizioni inaccettabili per l’Armenia. In una di esse la Turchia esigeva che l’Armenia abbandonasse la sua politica di riconoscimento internazionale del Genocidio armeno. Mi preme sottolineare che per l’Armenia è molto difficile iniziare un processo di riconciliazione con la Turchia senza il riconoscimento del Genocidio armeno da parte di quest’ultima, però, avendo come obiettivo primario la stabilità nella regione, Yerevan è riuscito a fare quel passo. Ora il processo è congelato. Il comportamento della Turchia in questo caso è illogico e inaccettabile. Nel frattempo l’Armenia ha più volte dichiarato la sua disponibilità per stabilire rapporti diplomatici con la Turchia senza precondizioni. Nelle relazioni internazionali si usa il concetto – molto efficace – di “partner affidabile”, ma credo che la Turchia abbia ancora tanto da fare in questo senso.
Erdogan e il fallito golpe. Quale lettura Lei può fare di questa vicenda? Cosa ci dobbiamo aspettare?
L’Armenia è sempre contro le azioni violente e non costituzionali per cambiare governo. Desideriamo vedere la Turchia come un stato stabile, democratico, che rispetta i diritti umani e delle minoranze, che affronta il suo passato. Quale percorso intraprenderà la Turchia dopo il fallito colpo di stato è difficile da dire, ma gli sviluppi attuali in questo paese sono preoccupanti.
Il messaggio della Comunità Armena di Roma
A seguito del nostro articolo, anche la Comunità Armena di Roma ha contattato la redazione di Era Superba, inoltrandoci questo messaggio:
Il recente voto all’unanimità del Consiglio comunale genovese che impegna l’amministrazione di Genova a dedicare una strada o piazza della toponomastica locale al ricordo del genocidio armeno del 1915 è motivo di orgoglio per la città e di grande soddisfazione per la comunità armena locale e nazionale. Esso si innesta nel solco di radicati legami tra Genova e il popolo armeno: ricordiamo al riguardo la votazione consigliare dell’ottobre del 1998 che fece della città una delle prime in Italia a riconoscere ufficialmente il genocidio del 1915 allorché sotto i colpi dell’Impero ottomano un milione e mezzo di armeni furono sterminati e la restante esigua parte della popolazione costretta ad abbandonare la terra degli avi. Ma anche antichi legami storici, culturali, religiosi e commerciali come testimoniato ad esempio dalla chiesa di san Bartolomeo degli Armeni e dalla stessa piazza Armenia.
Ricordare a oltre cento anni quello che gli armeni chiamano “Il Grande Male” non significa ripercorrere didascalicamente una lontana, ancorché dolorosa, pagina di storia: ma piuttosto insegnare, soprattutto ai giovani, la cultura della Memoria come antidoto alla violenza e all’intolleranza.
Hitler, pianificando l’invasione della Polonia, così rispose a coloro che temevano per le conseguenze che oggi definiremmo “mediatiche”: «chi si ricorda più del massacro degli armeni?»
Erano passati circa trent’anni e la tragedia di quel popolo ormai dimenticata; il genocidio armeno fu il primo del Novecento, il primo a essere dimenticato, il primo a essere negato. E ogni strage, ogni pulizia etnica, ogni olocausto altro non è se non il figlio di quel Grande Male.
Grazie dunque ai consiglieri genovesi per il loro gesto che ci auguriamo sarà presto seguito da un risultato concreto.