Il Papa in Armenia: Paese isolato bisognoso di pace (Radio Vaticana 21.06.16)
Un Paese isolato
“Un Paese isolato, sempre più isolato, dal punto di vista internazionale. Un Paese sostanzialmente in guerra, che destina il 50% per cento del suo Pil alle spese militari. Una terra che porta la ferita profonda del genocidio, vive il conflitto con l’Azerbaijan per la difesa del Nagorno Karabakh, accoglie con generosità e fatica i profughi siriani armeni che fuggono dalle terre conquistate dall’Is. Un popolo che ha grandissime potenzialità, ma ha bisogno di alleati, di comprensione”. Così, Franca Giansoldati, giornalista e vaticanista del quotidiano Il Messaggero, descrive l’Armenia, il primo Paese cristiano della storia, meta del prossimo 14° viaggio apostolico di Papa Francesco. La Giansoldati è autrice del libro “La marcia senza ritorno, il genocidio armeno”, Salerno editrice (2015), frutto di un meticoloso lavoro d’archivio, le cui bozze sono state inviate al Pontefice proprio in occasione del centenario dell’immane tragedia che colpì quel popolo.
“Le frontiere armene con la Turchia – spiega – sono chiuse per la questione del mancato riconoscimento del genocidio da parte del governo di Ankara che si rifiuta di assumersi la responsabilità storica di quei fatti. Dietro questa linea negazionista c’è il grande problema dei risarcimenti economici, ma anche un problema psicologico: la difficoltà a mettere in discussione la storia delle proprie radici nazionali. I tre ministri turchi che studiarono il piano di sterminio degli armeni sono celebrati ancora oggi in diverse città turche dove le piazze e i boulevards portano i loro nomi”.
Volti che escono dal silenzio
“Il mio libro è nato grazie soprattutto al lavoro di padre Georges-Henri Ruyssen sj, scrittore de La Civiltà Cattolica, che ha messo a disposizione di tutti gli storici del mondo i documenti conservati negli archivi della Santa Sede: una mole immensa di testi e carteggi che confermano la veridicità e la drammaticità del grande sterminio della popolazione armena, attuato dalla Turchia, con un piano prestabilito, nel 1915”. “Oggi non è più possibile negare ciò che è accaduto”, spiega l’autrice. “Leggendo queste testimonianze le statistiche si trasformano in volti di persone, donne, bambini, che escono dal silenzio, ed è impossibile non commuoversi”. “Un massacro che inizia grazie a un odio sottotraccia da decenni, ma esplode contro le élite armene per motivi politici all’inizio del primo conflitto mondiale, quando la Turchia si trova oberata da debiti dopo la guerra con la Grecia e considera i cristiani armeni vicini alla nemica Russia. La grande marcia, la grande deportazione verso il nulla, senza cibo né acqua, diventa così la ‘soluzione finale’, meno dispendiosa e più terribile”.
Gratitudine e desiderio di pace
“La popolazione armena oggi ha veramente bisogno di pace. Lo si capisce parlando con la gente comune. Tutti vogliono una situazione migliore, ma la ‘realpolitik’ purtroppo continua a prevalere”, aggiunge la Giansoldati. “Nei confronti di Papa Francesco ci sono sentimenti di profonda gratitudine per aver detto la verità, aver utilizzato la parola genocidio e aver ricordato un milione e mezzo di persone, pregando per loro in San Pietro con il Patriarca e Catholicos di tutti gli armeni, Karekin II. Speriamo che questo viaggio possa far riflettere anche i Paesi vicini all’Armenia, la Turchia e l’Azerbaijan. Speriamo che la preghiera e la liberazione delle colombe davanti al Monte Ararat, che Francesco e il Catolichos effettueranno domenica prossima, siano davvero di buon auspicio per la pace in tutta la regione”.