GIUSTIFICARE IL GENOCIDIO (Mangialibri 03.07.24)

Il genocidio armeno è l’inizio degli orrori del Novecento. Appare anche evidente la sua interconnessione con la Shoah ebraica. Ciò che hanno subito gli armeni è la sorgente della concretizzazione di una ideologia e poi di una politica che si è nutrita di sangue umano per imporre all’umanità un pensiero malato. Un sogno di dominio di despoti sulla realtà, della Realpolitk. L’Europa in questo ha avuto una grande responsabilità, avendo tradito la sua cultura, girandosi molto spesso dall’altra parte. La Realpolitik è intrinsecamente pericolosa per il destino dell’umanità. Il suo fondatore Cartesio, nella seconda parte del Discorso sul metodo, descrive i due principi cardine di questa “ideologia” che consiste nella consapevolezza che lo sviluppo dell’essere umano sia di per sé primitivo e che per superarlo sia necessario “un singolo artefice che ci renderà quasi signori e padroni della natura”. Una porta spalancata alla tirannia. Il Metz Yeghèrn, il grande male, ha reso reali plasticamente i due principi guida di Cartesio. Un preciso movimento a forbice per distruggere un ordine insieme naturale e antico, composto di famiglie, persone, villaggi e città in cui si parlava l’armeno, si pregava in armeno e si viveva da armeni per rimpiazzarlo con un nuovo ordine e una storia inventata per sete di conquista. Uno schema che si ripeterà pedissequamente di nuovo con la Shoah del popolo ebraico…

In un momento storico come quello attuale dove spesso si sproloquia di presunti genocidi senza alcuna cognizione di causa né attinenza alla realtà, è illuminante questo monumentale saggio dello storico tedesco Stefan Ihrig sui collegamenti e le interconnessioni tra il Metz Yeghérn e la Shoah. Somiglianze spesso ignorate, trascurate o peggio silenziate. L’occhio dell’autore si focalizza naturalmente sulla sua Germania, con un focus sulla politica estera di Bismarck e Guglielmo II, volta a espandere la grandezza tedesca. Uno schema che si ripeterà ai tempi del Terzo Reich. Genocidi veri e propri che talvolta vengono negati o giustificati anche adesso in Europa. Il libro mette in evidenza le somiglianze ideologiche tra la Germania al termine degli anni Venti, la Turchia di Ataturk e l’Italia mussoliniana. Nonostante l’argomento, lo stile del libro è vivace e sempre corroborato da una grande documentazione. Gli spunti di riflessione proposti sono originali e contribuiscono a svelare molte teorie “giustificazionaliste” dietro cui si cela semplicemente del vecchio e stantio razzismo.

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