Nagorno Karabakh: alle porte dell’Europa gli Armeni espulsi dalle loro terre (Rainews 22.01.24)
Molti paesi attualmente sono in mano agli azeri, numerose città sono state abbandonate e hanno subito saccheggi. Luoghi di culto, in particolare chiese, sono state convertite in moschee; monumenti e croci abbattuti. Sembrerebbe in atto un tentativo di riscrivere la storia, eliminando ogni traccia armena nella regione. Tutto ciò avviene sotto lo sguardo passivo della comunità internazionale. “Il mondo deve fermare tutto questo. Non è possibile che gli interessi siano più importanti della giustizia. Non è giusto rimanere in silenzio”.
Gli analisti precisano che il “conflitto” in atto tra Azerbaijan e Armenia non è di matrice religiosa, ma piuttosto territoriale, perché l’obiettivo è quello di strappare al popolo la terra e cancellare ogni traccia di una presenza storica. “Il Nagorno Karabakh appare sempre più come una “partita” giocata tra Stati Uniti, Russia, Europa e Turchia”. Il Karabakh non esisterà più dal 1° gennaio 2024 e le sue istituzioni saranno presto sciolte. Intanto gli abitanti, nonostante le promesse di protezione dell’Azerbaijan, dopo l’attacco militare del 2023, sono fuggiti per paura di una futura pulizia etnica.
Il popolo armeno è ricco di storia millenaria, ma gran parte è esiliato in tutto il mondo; su 12 milioni di armeni, nove vivono in esilio. Una piccola parte è concentrata in minuscole porzioni del Caucaso che comprende la Repubblica d’Armenia, a dispetto del gigantesco regno antico che si estendeva dal Mar Caspio al Mediterraneo.
Il cristianesimo in Armenia è stato introdotto nel primo secolo dell’era cristiana ad opera degli apostoli Bartolomeo e Taddeo. Ma bisognerà attendere il governatore Tridate III, convertito e battezzato da San Gregorio l’Illuminatore, nell’anno 301, per ufficializzare il cristianesimo di Stato, qualche decennio prima che a Roma.
La tesa situazione nel Caucaso Meridionale preoccupa papa Francesco che più di una volta ha esortato le parti ad arrivare alla firma di un trattato di pace. Inoltre Francesco ha precisato che “è urgente trovare una soluzione alla drammatica situazione umanitaria degli abitanti di quella regione, favorire il ritorno degli sfollati alle proprie case in legalità e sicurezza e rispettare i luoghi di culto delle diverse confessioni religiose ivi presenti”.
Abbiamo incontrato Padre Tirayr Hakobyan, Archimandrita della Chiesa Apostolica Armena in Europa Occidentale, incontro organizzato dall’Ass. Iscom Roma.
Qual è la situazione attuale in Armenia?
È molto preoccupante, anche per le dichiarazioni che rilascia il presidente dell’Azerbaijan ai mezzi di comunicazione. Il presidente afferma che l’Armenia non esiste, che fa parte dell’Occidente del loro paese. Inoltre dicono che la nostra cultura è la loro cultura. Stanno falsificando la nostra storia; dichiara che le nostre Chiese sono Chiese appartenenti all’Albania del Caucaso e quindi fanno parte della storia dell’Azerbaijan, per cui sono autorizzati a prendersi la nostra terra. Vedo un tentativo di assorbimento del nostro paese e questo è pericoloso, anche perché potrebbe sfociare in un’ennesima guerra dalle conseguenze terribili per il nostro paese già martoriato.
Padre Tirayr mi spieghi meglio…
Io penso che se le potenze mondiali, la comunità internazionale non interverranno in tempo su questo problema, sicuramente ci sarà un’altra guerra con un conseguente genocidio. Gli Armeni non hanno una terra dove fuggire, in qualche modo resistono a questo inferno. Questa guerra sarà tra l’Azerbaijan e la Turchia, che cerca di estendere il suo potere “imperiale” nella regione e nei paesi musulmani dove si parla il turco. Dovete capire che la Turchia gioca un ruolo da protagonista.
Il Nagorno Karabakh non esiste più dal 1° gennaio 2024. Quale è la situazione dei cristiani armeni in quel territorio?
Attualmente nel Nagorno Karabakh non ci sono più Armeni. I 120 mila abitanti sono fuggiti verso l’Armenia, per paura e mancanza di fiducia nel governo dell’Azerbaijan, nonostante questi avessero assicurato protezione. Oggi queste persone vivono in villaggi, cercano lavoro, ma gli aiuti arrivano soprattutto dai nove milioni di armeni sparsi in tutto il mondo. C’è un odio evidente da parte degli azeri verso la cultura e la popolazione armena. Le condizioni da parte del governo dell’Azerbaijan per coloro che volevano rimanere nel Karabakh erano improponibili. Volevano costringere la popolazione armena ad accettare la dipendenza dal punto di vista culturale, politico e sociale del paese, per così rimanere sotto il controllo del regime azero. Le dieci persone che sono rimaste, sono tutti anziani che non potevano intraprendere un lungo viaggio a causa delle precarie condizioni di salute.
Nel Caucaso continua la distruzione del patrimonio armeno-cristiano. Quante chiese, edifici, monumenti cristiani sono stati abbattuti?
Tra chiese e monasteri se ne contano più di 400, invece tra tombe e monumenti più di 1200. Vediamo che l’Azerbaijan vuole riscrivere la nostra storia, togliendo gli scritti, graffiando frasi millenarie impresse nei nostri monumenti, che confermano l’autenticità e la presenza del nostro popolo. Vogliono dimostrare davanti agli occhi di tutto il mondo che i monumenti storici appartengono a loro. Inoltre la Chiesa apostolica armena nel Nagorno-Karabakh ha un patrimonio molto vasto. Erano presenti molte chiese armene risalenti al V e VI secolo, ma sono state completamente distrutte.
Il mondo condanna la guerra tra Russia e Ucraina, ma poco il dramma che soffre il popolo armeno. Secondo lei, quali sono i motivi per cui mettono a tacere il conflitto?
Se il paragone che viene utilizzato è quello, per cui la Russia considera l’Ucraina come una parte dell’Unione Sovietica, allora questo può valere anche per l’Azerbaijan nei confronti dell’Armenia in particolar modo con il Nagorno Karabakh. Questo è un pensiero pericoloso perché se loro pensano di recuperare i territori imperiali con questo concetto, il mondo potrebbe diventare un grande caos. Penso che si parli poco del nostro conflitto, in nome della “partita” dei grandi interessi come quello del gas e il petrolio. L’Azerbaijan fornisce queste materie prime all’Europa, ma sono i russi stessi che riforniscono il petrolio, non solo all’Azerbaijan ma anche alla Turchia. Il nostro territorio è diventato transito di merce preziosa, anzi siamo diventati un ostacolato ai loro affari.
Quali sono stati gli aiuti concreti da parte degli Stati Uniti e dell’Occidente nei vostri confronti?
Abbiamo ricevuto ben poco, anzi eravamo fiduciosi che gli Stati Uniti e l’Unione europea facessero pressione sull’Azerbaijan, ma questo non è avvenuto in maniera netta. Chi si è realmente pronunciato in maniera chiara e trasparente è stato il Santo Padre e anche il governo francese di Macron. Entrambi hanno necessità del ritorno in sicurezza e legalità del popolo armeno. Inoltre hanno chiesto che si rispettassero i luoghi di culto delle diverse confessioni religiose ivi presenti. Abbiamo visto che il mondo ha condannato l’invasione della Russia in Ucraina, ma l’Azerbaijan ha fatto lo stesso, e il mondo lo ha accettato in maniera silenziosa. Ma a subire sono centinaia di migliaia di persone, tra uomini, donne, bambini e anziani, costretti a lasciare la loro terra e a rifugiarsi in Armenia. Stiamo rimanendo senza patria, non vogliamo emigrare, ci sentiamo soli!
In che maniera venite incontro ai vostri fedeli?
Cerchiamo di sostenerli dal punto vista materiale e spirituale. Cerchiamo di trovare alloggi per le nostre famiglie, per le donne e i bambini che stanno affrontando questo dramma. Ci sono molte vedove i cui mariti sono stati uccisi in guerra. Mi è capitato di assistere una mamma, senza marito, con tre figli. Oltre al problema emotivo, la donna non riesce a lavorare, né a mantenere e curare la sua famiglia, tantomeno a crearsi un futuro.
Gli aiuti umanitari, diciamo così, non sono arrivati massicciamente. In passato l’UE aveva un capitolo di spesa nel bilancio per aiutare queste famiglie, oggi non c’è più. Mi ricordo i primi anni quando la Russia invase l’Ucraina, le porte dell’Europa furono aperte accogliendo i profughi ucraini in maniera dignitosa. Ma per gli armeni del Nagorno Karabakh le porte sono chiuse.
Padre Tirayr Hakobyan, c’è un lume di speranza in cui si possa raggiungere la pace?
Da parte degli armeni c’è l’intenzione di raggiungere la pace, ma devo dire che sono poco fiduciosi. La pace si realizza quando entrambe le parti la desiderano e si concretizza con un accordo firmato. Il problema è che l’Azerbaijan non vuole gli armeni. Agli azeri serve la terra senza che gli armeni siano d’impiccio. Ecco perché non vediamo la luce. L’Armenia chiede agli Stati Uniti e l’Europa di farsi garanti di quest’accordo. Altrimenti, affinché si raggiunga la pace, chiediamo a queste potenze trasparenza e sincerità nei nostri confronti. Ci dovranno dire che questo processo non è possibile semplicemente perché ci sono troppi interessi economici e politici. In ogni caso il nostro popolo ha il coraggio di vivere nonostante il passato genocidio. Oggi potremo sopravvivere solo con la pace. Non vogliamo subire un’altra pulizia etnica davanti agli occhi di tutto il mondo.