Spoleto Jazz23, chiusura con lo stupendo Tigran Hamasyan Trio | Jazz, progressive e memoria armena (Tuttoggi.info 18.11.23)
Non poteva esserci chiusura migliore della 4^ edizione di Spoleto Jazz 2023 di quella vista ieri sera al Teatro Nuovo “Menotti” con lo stupendo concerto del Tigran Hamasyan Trio.
Se in questa rassegna a cavallo tra ottobre e novembre, Visioninmusica e Silvia Alunni hanno voluto proporre un mix equilibrato di generi sulla base della composizione e improvvisazione jazzistica, con la scelta di Hamasyan in scena si è voluto invece offrire un ripasso virtuoso di molte sonorità che riportano alla mente tante esperienze del passato.
Tigran ed un paio di suoi colleghi…
Ma questo aspetto non deve trarre in inganno perchè Tigran Hamasyan è un pianista dalle virtù eccelse e non serve un sapientone di jazz per capire come l’artista sia tecnicamente insuperabile. A vederlo in scena ricorda un paio di ragazzi esperti come Keith Jarrett di cui ha la stessa animosità nei confronti degli 88 tasti ed una certa ritrosia al linguaggio parlato. Ma per lirismo e introspezione esecutiva sembra anche di vedere Brad Mehldau. Di entrambi ha invece lo stesso modo di infilare la testa tra le braccia, completamente piegato in due, durante l’esecuzione di un brano.
Hamasyan ha anche una apprezzabile voce con cui riesce ad evocare tutte le memorie sonore della sua terra di origine, l’Armenia. (Fotogallery di Stefano Principi)
Il Jazz, il Progressive e quel “pezzetto” di Punk che è in tutti noi
Quello che non ti aspetti da un pianista che sa eseguire partiture complesse alla perfezione, è che dopo introduzioni melodiose che ti cullano nel ricordo di vite antiche e persino spirituali, all’improvviso ti arrivi la “botta” di ritmica possente del basso e della batteria, in cui non si può fare a meno di riconoscere alcuni schemi del Punk Rock e del Progressive, con quel tanto di struttura Jazz che poi riassume tutto.
Nel suo lavoro presentato a Spoleto, The call Within, appaiono innegabili le origini armene di Hamasyan che si ritrovano in ogni dove delle sue composizioni. Arie ed echi della vicenda di Armenia, inclusa la tragedia del genocidio. La tradizione musicale jazzistica di quelle latitudini ha una storia che andrebbe tutta studiata. Se si ascolta il padre del jazz azero (Azerbaijan), Vagif Mustafa Zadeh e sua figlia, la bravissima Aziza Mustafa Zadeh, si capisce subito come gli elementi armonici di unione con la confinante Armenia, siano molti di più di quelli che una disastrosa guerra dei politici locali vorrebbe invece cancellare per interessi territoriali (la guerra tra Armenia e Azerbaijan per i diritti sul Nagorno Karabakh).
Ma è anche molto interessante nella musica di Hamasyan riscoprire come la scrittura della parte ritmica (basso e batteria) sia davvero molto simile con le esperienze del post- Punk Rock. In un brano come The Dream Voyager la base ritimica è decisamente monocroma e dura come quella dei Primus in My name is Mud.
E quando in uno dei due generosi bis concessi al pubblico osannante del Nuovo, il Trio di Tigran Hamasyan (Marc Karapetian, al basso e Arthur Hnatek alla batteria) attacca Our Film si capisce subito che anche il Progressive è parte di questa esperienza musicale straordinaria.
Un concerto “antologico” strepitoso!
L’importanza del modello “Spoleto Jazz”
Dopo 4 edizioni, l’abbiamo già scritto in altre occasioni, va riconosciuto che una esperienza come quella della rassegna di Spoleto Jazz è ormai un appuntamento indispensabile se si vuole affrancare le esperienze musicali del pubblico spoletino, e non, dal pensiero comune della “brutaglia”.
Ha fatto molto più Spoleto Jazz, per questo territorio, che molte altre occasioni di spettacolo assolutamente discutibili e scelte senza cognizione di causa. Qualcuna anche proveniente da blasonatissime altre manifestazioni internazionali ma con base locale.
Artisti di assoluto livello, ma non necessariamente schiavi del mainstream commerciale del momento, e una organizzazione pressochè perfetta (quella di Visioninmusica, sia nella comunicazione che nella programmazione) fanno di Spoleto Jazz una esperienza virtuosa da conservare con cura, modello organizzativo anche per altre iniziative (vedi la recentissima, quanto antichissima polemica sulle luminarie natalizie).
Ci aspettiamo dunque ancora grandi cose e non vediamo l’ora di esserne parte.