Il genocidio degli Armeni e la memoria in Puglia nel segno di Nazariantz (Lagazzettadelmezzogiorno 23.04.23)
Domani gli Armeni di tutto il mondo celebreranno l’anniversario del Genocidio Armeno. Tra il 1915 e il 1920 oltre un milione e mezzo di persone: bambini, donne e uomini di etnia armena furono annientati attraverso varie tecniche sperimentate proprio in quell’occasione, tra cui i treni blindati, che sarebbero stati poi utilizzati massicciamente dalla Germania nazista per trasferire verso i campi di concentramento e sterminio coloro che venivano considerati «indesiderabili».
Accanto a questo metodo, riservato dagli Ottomani solo per trasportare i notabili armeni verso il deserto e il nulla, nella maggior parte dei casi per il genocidio armeno vennero utilizzate tecniche ben più antiche come le marce forzate, ispirate ai trasferimenti di popolazione narrati da Giulio Cesare nel De bello Gallico.
Migliaia di persone riuscirono comunque a salvarsi con l’aiuto di numerose associazioni benefiche internazionali, congregazioni religiose e grazie a una certa dose di fortuna. La diaspora armena creata in quell’occasione si sparse in tutto il mondo, anche in Italia grazie all’intervento del poeta Hrand Nazariantz, che si era trasferito in Puglia dal 1913 al seguito della moglie Maddalena De Cosmis, originaria di Casamassima. Nato da una famiglia di imprenditori liberali era convinto che il lavoro potesse offrire occasioni di reintegrazione e di riscatto per gli Armeni che avevano perso tutto. Con l’aiuto dell’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia, istituzione filantropica guidata dal conte Umberto Zanotti Bianco, Nazariantz propose la costruzione di un villaggio denominato poi «Nor Arax» con annessi luoghi di lavoro. I primi Armeni giunsero a Bari nel 1924, ripercorrendo inconsapevolmente le orme dell’antica comunità armena del capoluogo pugliese, risalente al X secolo. Essi ignoravano, inoltre, che solo quattro anni prima, nel 1920, proprio in Armenia un francescano originario di Rutigliano, padre Francesco Divittorio, era stato ucciso nel tentativo di difendere circa 30 orfani Armeni a lui affidati.
Gli Armeni giunti a Bari, furono inizialmente alloggiati nel lanificio dell’ingegner Lorenzo Valerio dove fino al 1927 produssero pregiatissimi tappeti orientali venduti anche ad importanti notabili italiani tra cui ministri, vertici militari, intellettuali come Croce e Pirandello, Papa Pio XI e la Casa Reale. La produzione fu poi trasferita all’interno dello stesso villaggio, sito nell’attuale via Amendola per cessare definitivamente negli anni ’50.
Ancora oggi la comunità armena di Bari, rappresenta una delle più importanti d’Italia per attaccamento alle tradizioni, per la compattezza e la capacità di resilienza. Durante tutto il Secondo Novecento la comunità barese si è andata trasformando. Molti hanno lasciato la città principalmente per ragioni di lavoro, ricongiungendosi a parenti che erano riusciti a mettersi in salvo, trasferendosi negli Stati Uniti, in Francia, in Inghilterra o nel nord Italia. Attualmente la comunità armena di Bari è ben integrata. Ai discendenti degli Armeni, provenienti dal Genocidio, se ne sono aggiunti altri giunti dal resto del mondo.
Quest’anno, dopo le restrizioni della pandemia, gli Armeni di Bari, hanno richiamato nel capoluogo anche chi fa parte di altre comunità della Puglia. E domani, alle 18,30, presso la chiesa di San Gregorio, adiacente alla Basilica di San Nicola, sarà celebrata una messa in ricordo di tutti i martiri del genocidio armeno. Al termine della funzione religiosa i convenuti guidati dai membri dell’Associazione Armeni Apulia si trasferiranno presso il Khachkar (Stele Armena) sul Lungomare Cristoforo Colombo eretto esattamente 10 anni fa per volere dell’Amministrazione Comunale e con il contributo di Rupen Timurian, decano della comunità armena di Bari.