La nuova guerra che sta per scoppiare lungo l’altro gasdotto per l’Europa (Today 03.04.23)
Tornano le tensioni nella regione del Nagorno Karabakh. Da ormai due settimane i civili armeni si stanno allenando e preparando per un nuovo conflitto armato, temendo una nuova offensiva da parte dell’Azerbaigian in questa primavera. A novembre 2020 è stato siglato un accordo che aveva messo fine alla seconda guerra del Nagorno Karabak (la prima nel 1994), a farne da garanti la Russia in primis. Ma l’Azerbaigian ha iniziato operazioni militari – da loro definite “locali” – nella regione già da una settimana. Mosca ha accusato il paese di aver violato il cessate il fuoco, ma nessuna azione concreta è stata intrapresa. E questo ha spinto l’Armenia a organizzarsi di conseguenza. La tensione rischia di sfociare in un nuovo conflitto a due passi dal secondo gasdotto che serve l’Italia e (via Tap) l’Europa.
La protesta ambientalista di Baku
Dopo l’ultimo conflitto nell’area di Nagorno Karabakh – costato la vita a 7 mila persone – molte porzioni dell’aera contesa sono andate al vincitore, l’Azerbaigian. Tra queste porzioni di territorio c’è anche il “corridoio di Lachin”, un strada di 9 chilometri di lunghezza che collega le due parti di territorio – armeno e azero – del Nagordo Karabakh. La strada è, da dicembre 2022, interamente bloccata da una “protesta ambientalista” azera che ha avuto come effetto quello di bloccare il passaggio di viveri, merci, farmaci e approvvigionamento di qualsiasi tipo dall’Azerbaigian all’Armenia. Oltre che, cosa più grave, costringe gli abitanti di quella zona (per lo più armeni) a vivere dentro ai confini.
Un isolamento forzato quello perpetrato dalle forze azere, che stanno facendo morire di stenti gran parte della popolazione armena. Il territorio in questione, a seguito degli accordi del 2020, era sotto il controllo armeno, con la garanzia della Russia. Ma con la ritirata di Mosca ad agosto 2022 (che non è stata in grado di persuadere al meglio le forze locali nel mettere fine al blocco), il corridoio è caduto in mano alle forze di Baku. Lo scorso 22 febbraio la Corte internazionale di Giustizia aveva sancito che l’Azerbaijan adottasse “tutte le misure a sua disposizione per garantire il movimento di persone, veicoli e merci lungo il corridoio di Lachin in entrambe le direzioni, senza ostacoli”. Ma ciò nonostante, il corridoio rimane ancora chiuso dopo più di 110 giorni.
Una nuova escalation?
Con una buona parte della popolazione stremata per un isolamento forzato, l’Azerbaigian sembra intenzionata ad avanzare con le proprie forze per riconquistare il territorio spartito dopo gli accordi di tre anni fa. D’altronde, le condizioni sono favorevoli: un paese stremato e un peacekeeper assente sono gli ingredienti perfetti per una nuova offensiva. Se l’Armenia dovesse avere ragione, e in primavera ci fosse un nuovo attacco azero, la Russia è il maggiore responsabile di questa situazione. Forse tropo occupata a pensare all’invasione in Ucraina, il suo sostegno nella regione delle due ex repubbliche sovietiche si è man mano sempre più allentato. E Baku, forte di queste consapevolezze, potrebbe ricevere vantaggio anche per quanto riguarda il commercio del Gas, chiedendo maggiore potere strategico sul Tap.