Settantaquattresimo giorno del #ArtsakhBlockade. Dopo la condanna dell’Azerbajgian alla Corte Mondiale siamo daccapo alle solite (Korazym 23.02.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 23.02.2023 – Vik van Brantegem] – L’Armenia ha accolto con favore la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia su richiesta dell’Armenia di ordinare l’Azerbajgian a sbloccare il Corridoio di Lachin [QUI]. Il Ministro degli Esteri della Repubblica di Armenia, Ararat Mirzoyan, ha scritto in un post su Twitter: «Accogliamo con favore la sentenza odierna della Corta Internazionale di Giustizia secondo cui l’Azerbajgian deve adottare tutte le misure per porre fine al suo blocco e garantire il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin. Siamo inoltre lieti di vedere prevalere la verità mentre la Corte ha respinto in toto la contro-richiesta dell’Azerbajgian».
Ieri, il 22 febbraio 2023 a Mosca, Maria Zakharova, Portavoce del Ministero degli Esteri della Federazione Russa, durante il suo briefing settimanale con la stampa sull’attualità degli affari esteri, ha annunciato che il Ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, il 27 e 28 febbraio prossimi effettuerà una visita ufficiale in Azerbaigian. «È previsto un incontro con il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, così come dei negoziati con il Ministro degli Esteri, Jeyhun Bayramov», ha aggiunto. Zakharova ha osservato che durante gli incontri sarà prestata particolare attenzione all’attuazione degli accordi tripartiti firmati tra i leader della Federazione Russa, dell’Azerbajgian e dell’Armenia il 9 novembre 2020, l’11 gennaio e il 26 novembre 2021, nonché il 31 ottobre 2022.
Il Presidente dell’Artsakh ha destituito Ruben Vardanyan dalla carica di Ministro di Stato
Oggi 23 febbraio 2023, durante una riunione del governo della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, il Presidente Arayik Harutyunyan ha pronunciato un discorso, in cui ha presentato la situazione politico-militare e socio-economica creatasi nella Repubblica a seguito del blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian e le misure adottate dalle autorità per risolvere i problemi che si presentano.
Il Presidente Harutyunyan ha presentato anche il decreto della destituzione di Ruben Vardanyan dalla carica di Ministro di Stato e ha comunicato che ha offerto al Procuratore Generale della Repubblica, Gurgen Nersisyan, di assumere le funzioni di Ministro di Stato, tenendo conto delle sue qualità professionali e umane, della professionalità, correttezza, principi e patriottismo dimostrati nel suo operato.
Il Presidente Harutyunyan ha espresso il suo apprezzamento degli sforzi di Vardanyan sia per aumentare la consapevolezza internazionale sull’Artsakh sia per risolvere molti problemi interni durante l’assedio in corso. “Ruben Vardanyan ed io siamo stati insieme durante tutto questo tempo, seguendo quotidianamente gli eventi e gli sviluppi che accadono sia in Artsakh che nel mondo esterno, ci siamo costantemente scambiati idee sulle soluzioni alla situazione esistente. Sono grato al Signor Vardanyan per il fatto che ha sempre cercato di condividere la responsabilità con me nella massima misura sia nelle relazioni amichevoli che in quelle di partenariato e non ha cercato di addossarmela facendo riferimento alle norme costituzionali. Ma d’altra parte, era consapevole e comprensivo della portata e dell’entità della mia responsabilità personale per la situazione creatasi in Artsakh e per tutti i problemi futuri”, ha sottolineato il capo dello Stato.
In un video sulla suo pagina Facebook, Ruben Vardanyan ha dichiarato di essere consapevole delle pressioni legate alla sua permanenza in Artsakh, ma nonostante ciò non solo non se ne andrà, ma non può nemmeno immaginarsi senza l’Artsakh.
«Prima di tutto, mi sono rivolto al popolo dell’Artsakh e a tutti gli Armeni, ho sottolineato i miei piani e le mie azioni future, che tutti noi, rimanendo e vivendo insieme nell’Artsakh, dovremmo attuare. Continuerò volentieri a fare quello che facevo prima», ha sottolineato Vardanyan.
Ha osservato che la fondazione e l’agenzia “Noi siamo le nostre montagne” [QUI] da lui fondate hanno realizzato diversi progetti ed sono diventate un esempio di cooperazione tra settore pubblico e privato, Armenia, diaspora, organizzazioni pubbliche armene e non armene. Ha sottolineato che continueranno a investire i loro sforzi e faranno un ottimo lavoro affinché il maggior numero possibile di Armeni venga in Artsakh, in modo che non solo gli Armeni dell’Artsakh non si sentano soli, ma anche coloro che hanno lasciato l’Artsakh in momenti diversi tornino durante questa crisi, rafforzando la patria.
Vardanyan ha sottolineato che l’Azerbajgian, che sperava di mettere in ginocchio il popolo dell’Artsakh, ha commesso un terribile errore. «L’Azerbajgian ha visto che siamo diventati più uniti e anche le manifestazioni di indifferenza sono scomparse. È stato davvero incoraggiante sentire come le persone in diverse comunità hanno detto: “Siamo pronti a resistere senza gas ed elettricità, solo non tradirci e continuiamo la lotta”», ha detto.
Rivolgendosi al Presidente dell’Artsakh, Vardanyan ha sottolineato che è felici in Artsakh perché c’è un popolo fantastico, che le persone hanno dimostrato di poter sopportare qualsiasi cosa, sono pronte a combattere e questo è davvero un grande onore. Ha capito quanto sia forte la gente dell’Artsakh dal contatto con quelle persone.
«Siamo tutti esseri umani con i nostri difetti. Spero che se ho offeso qualcuno senza rendermene conto, mi perdonerai se non ho detto o fatto qualcosa, sono pronto ad ascoltare sia le critiche che i consigli, perché ho sempre imparato dagli altri. Lavorerò qui, starò al tuo fianco. Grazie, Signor Presidente, per tutto, anche se, in effetti, abbiamo differenze nei diversi approcci, ma l’idea generale è che abbiamo linee rosse che nessuno può oltrepassare. Quelle linee rosse sono molto importanti per la nostra dignità, per mantenere l’Artsakh armeno, indipendente e dignitoso», ha concluso Vardanyan.
Comunicato del Consiglio per la Comunità Armena di Roma
La condanna dell’Azerbajgian sia foriera di pace nel Nagorno-Karabakh
La Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite ha accolto ieri la richiesta dell’Armenia e ha ordinato all’Azerbajgian di non ostacolare la libera circolazione di merci, persone e trasporti attraverso il Corridoio di Lachin (Berdzor) in entrambe le direzioni. Con un’altra decisione, la Corte ha respinto la richiesta infondata dell’Azerbajgian sulla questione delle mine.
Dal 12 dicembre l’Azerbajgian, per mezzo di presunti “attivisti per l’ambiente” ha bloccato l’unico collegamento tra l’Artsakh (Nagorno Karabakh) e l’Armenia, isolando di fatto 120.000 persone.
Solo alcuni convogli della Croce Rossa Internazionale e delle forze di mantenimento della pace russe riescono a superare il blocco per trasportare malati, qualche aiuto umanitario e favorire il ricongiungimento delle famiglie rimaste separate.
Il Consiglio per la Comunità Armena di Roma saluta con soddisfazione le due pronunce del Tribunale dell’Aja e si augura che finalmente la comunità internazionale AGISCA per spingere l’Azerbajgian a ripristinare il diritto degli Armeni della regione.
Anche la sostituzione odierna del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, Ruben Vardanyan, particolarmente inviso ad Aliyev, è un segnale della volontà di pace della parte armena.
Purtroppo, le prime risposte del regime azero sono state di scherno alle sentenze della Corte dell’ONU.
“Ci auguriamo – riferisce un portavoce del Consiglio – che anche l’Italia riesca politicamente a sensibilizzare il partner azero e farsi protagonista di un tavolo di pace che garantisca agli armeni del Nagorno-Karabakh il diritto a vivere liberi nella loro terra natale”.
Comunicato del Ministero degli Esteri della Repubblica di Armenia sulla decisione della Corte Internazionale di Giustizia del 22 febbraio 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
La Corte ha emesso una decisione giuridicamente vincolante nell’ambito del procedimento avviato dall’Armenia contro l’Azerbajgian, respingendo allo stesso tempo categoricamente le rivendicazioni dell’Azerbajgian nel procedimento parallelo avviato dall’Azerbajgian contro l’Armenia. Con la suddetta decisione, la Corte ha affermato che esiste una minaccia immediata di danno irreparabile ai diritti degli armeni nell’ambito della Convenzione e ha costretto l’Azerbaigian a prendere tutte le misure necessarie per garantire la circolazione ininterrotta di cittadini, veicoli e merci in entrambe le direzioni attraverso il Corridoio di Lachin.
Al contrario, la Corte, con voto unanime, ha respinto in toto la richiesta di azione urgente dell’Azerbajgian, negando le false accuse dell’Armenia di aver piantato mine nel Nagorno-Karabakh e nelle aree circostanti.
Pertanto, secondo le decisioni della Corte, il blocco del Nagorno-Karabakh e altre azioni dell’Azerbajgian dovrebbero essere immediatamente cessate. L’Armenia monitorerà da vicino la situazione e informerà la Corte di eventuali violazioni da parte dell’Azerbajgian mentre la causa dell’Armenia contro l’Azerbajgian prosegue.
Chiediamo ai partner internazionali di adottare misure attive per garantire l’immediata attuazione della decisione della Corte da parte dell’Azerbajgian.
Dichiarazione del Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan
La Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite poco fa ha soddisfatto la richiesta dell’Armenia e ha costretto l’Azerbajgian a non ostacolare la libera circolazione di persone, trasporti e merci lungo il “Corridoio di Lachin” in entrambe le direzioni.
A nome delle autorità e del popolo dell’Artsakh, vorrei esprimere una particolare gratitudine a Yeghishe Kirakosyan, rappresentante per le questioni giuridiche internazionali della Repubblica di Armenia, a tutti coloro che sono coinvolti in questo procedimento per la loro missione così importante.
Questa decisione è un’altra base giuridica internazionale ineccepibile, che implica che il popolo di Artsakh, sottoposto a discriminazione razziale e odio, non può vivere all’interno dell’Azerbajgian.
Ritengo che questo sia un punto di svolta nella nostra lotta internazionale e, insieme alla Repubblica di Armenia, continueremo a utilizzare tutti i meccanismi giuridici internazionali per la tutela dei diritti del popolo dell’Artsakh. Gli organi statali dell’Artsakh hanno la mia chiara istruzione di sostenere al massimo questi sforzi (Post sulla pagina Facebook in armeno, russo e inglese [QUI] – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
«Il 22 febbraio, la Corte Internazionale di Giustizia ha deciso che l’Azerbajgian deve “intraprendere tutte le azioni per garantire il movimento di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni”. La Repubblica di Azerbajgian deve ora garantire il trasporto di persone e merci in ambedue le direzioni lungo il Corridoio di Lachin. Per quanto riguarda la fornitura di gas ed elettricità, la Corte ha affermato che l’Armenia non ha fornito prove sufficienti per dimostrare che era l’Azerbajgian a interrompere il gas e l’elettricità, quindi non ha ritenuto applicabile questa misura. Il Difensore civico per i diritti umani dell’Artsakh, Gegham Stepanyan, ha espresso la sua insoddisfazione per questa affermazione.
Questa sembra essere una grande notizia a favore dell’Armenia. Spero che questo porrà fine al blocco una volta per tutte. Tuttavia, non si può mai essere sicuri perché sento di aver sperato che questo o quello avrebbe potuto porre fine al blocco. Eppure, non una sola cosa ha posto fine al blocco. La continua pressione porterà l’Azerbajgian al suo punto di rottura, ma chissà dove sarà quel punto. Si spera che il punto di rottura dell’Azerbajgian arrivi prima di quello dell’Artsakh. Ciò accadrà solo se continuiamo a fare pressioni sull’Azerbajgian» (Varak Ghazarian – Medium.com, 22 febbraio 2023 – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
Facendo il punto della situazione in modo realistico, in primo luogo, la Corte Internazionale di Giustizia ha obbligato l’Azerbajgian, in conformità con i suoi obblighi, ad adottare tutte le misure in suo potere per assicurare la libera circolazione di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in ambedue le direzione. E questo è un punto a favore dell’Armenia, però, che rimarrà tale sulla carta, perché il Corridoio di Lachin rimarrà bloccato.
In secondo luogo, la Corte ha affermato inoltre, che la richiesta dell’Armenia di ordinare all’Azerbajgian di “cessare la sua orchestrazione e il suo sostegno” alle proteste sul Corridoio di Lachin era “non giustificata”. La Corte ha anche respinto la richiesta dell’Armenia di ordinare all’Azerbajgian di non bloccare le forniture di elettricità e di gas all’Artsakh, affermando che l’Armenia non ha fornito prove sufficienti per dimostrare che era l’Azerbajgian a interrompere le forniture. Il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan ha detto l’Armenia ricorrerà nuovamente alla Corte internazionale con una causa contro l’Azerbajgian, con prove adeguati in merito all’interruzione della fornitura di gas ed elettricità all’Artsakh.
Detto questo, è più che certo che l’Azerbaigian non rispetterà il nuovo ordine, come non ha rispettato gli ordini precedenti e non rispetterà ordini futuri, perché senza mezzi coercitivi, non ci sono possibilità che questo tipo di ordini avranno un seguito positivo.
L’Azerbajgian fin dall’inizio ha sostenuto che la strada è aperta e non cambierà questa narrazione. Il Presidente azero Ilham Aliyev, durante la Conferenza sulla Sicurezza a München ha detto che le persone possono transitare nel Corridoio di Lachin e nessuno impedirà loro di viaggiare. Il fatto è, che la “manifestazione” non si fermerà, ed era questo che l’Armenia aveva chiesto. Quindi, tecnicamente Armenia non ha ottenuto quello che voleva. Perché sono i “manifestanti” a bloccare la strada. Se Azerbajgian non sarà obbligata a togliere la protesta, la strada resterà chiusa. La Corte Internazionale di Giustizia ha stabilito che “manifestanti” possono rimanere sul posto, ma che non possono bloccare la strada. Ad esempio, per la Corte i “manifestanti” possono rimanere a bordo della strada purché non inibiscano il flusso del traffico. Riassumendo: tutto continuerà come prima e il Corridoio di Lachin rimarrà “aperto” ma bloccato. Se l’Azerbajgian non viene costretto concretamente, non solo ordinato, a porre fine alle proteste, il traffico non potrà essere ripristinato senza ostacoli.
Subito dopo la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, che ordina all’Azerbajgian di garantire la libertà di movimento lungo il Corridoio di Lachin, l’organizzazione “nongovernativa” Volontari ASAN-Organizzazione Giovanile Unione Sociale (AKT o AKGT), che opera sotto il governo dell’Azerbajgian, ha postato su Twitter una citazione del Presidente Aliyev alla Conferenza sulla Sicurezza di München: «L’espressione “Nagorno-Karabakh” non ha più alcun significato. La sovranità dell’Azerbajgian e la costituzione dovrebbero essere rispettate. Ora, c’è una regione di Qarabag in Azerbajgian con una popolazione armena». Si noti che “armeno” in azero è in minuscolo, mentre in azero dovrebbe essere con iniziale maiuscolo.
In un altro post su Twitter hanno condiviso immagini che celebrano il giorno 73 degli “eco- attivisti” che bloccano il corridoio. «Volontari dell’Azerbaigian nel 73° giorno dell’azione pacifica sulla strada Lachin [Berdzor]-Khankendi [Stepanakert]. Azerbajgian insieme siamo forti!».
La sentenza della Corte Internazionale di Giustizia che ordina all’Azerbajgian di aprire immediatamente il Corridoio di Lachin apparentemente “ispira” il regime dittatoriale di Aliyev a continuare il genocida #ArtsakhBlockade. Qui sopra un post su Twitter di Rahman Mustafayev, Ambasciatore della Repubblica di Azerbaijan presso il Regno dei Paesi Bassi, già Ambasciatore in Grecia, Albania, Francia e presso la Santa Sede.
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha trasportato 24 persone dall’Artsakh all’Armenia e 19 indietro. L’obiettivo è quello di riunire le persone con le loro famiglie. L’Azerbajgian continua a bloccare la strada ai civili nonostante la decisione della Corte Internazionale di Giustizia.
Ieri, il Corriere della Sera ha riportato nella rubrica delle lettere, sia in formato cartaceo che online, la lettera di Gayané Khodaveerdi, Presidente di Agbu (Armenian general benevolent union), pubblicata il 18 febbraio scorso su La Verità (Presidente Meloni, rischiamo un nuovo sterminio), che abbiamo ripreso lo stesso giorno [QUI].
Come l’Azerbajgian usa l’ambientalismo come arma per giustificare la pulizia etnica
di Simon Maghakyan
Time, 23 febbraio 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
Bloccando l’unica autostrada che collega le 120.000 persone del Nagorno-Karabakh con il mondo esterno, una donna con indosso una pelliccia teneva una colomba in una mano e un megafono nell’altra mentre urlava che la regione assediata “appartiene all’Azerbajgian”. Ma invece di volare una volta liberata, la colomba strangolata cadde morta. Questo doveva assomigliare a una dimostrazione ambientale.
Mascherati da attivisti che protestano contro l’impatto ambientale delle operazioni di estrazione di minerali, posizionati a rotazione dal regime autoritario dell’Azerbajgian hanno bloccato dal 12 dicembre la regione montuosa del Nagorno-Karabakh popolata da armeni. Ciò ha lasciato la regione contesa, che si sta ancora riprendendo dalla guerra del 2020 lanciata dall’Azerbajgian, al freddo e sull’orlo della fame.
Le operazioni minerarie, insieme a gran parte dell’economia del Nagorno-Karabakh, da allora si sono interrotte, ma il blocco illegale che viola il cessate il fuoco del 2020 no. Il 22 febbraio la Corte Internazionale di Giustizia ha ordinato all’Azerbajgian di porre fine al blocco. Ma senza un meccanismo di imposizione immediata, l’Azerbajgian potrebbe tentare di guadagnare un po’ di tempo in più. Cibo e carburante sono così scarsi nel Nagorno-Karabakh che le autorità locali ora distribuiscono tagliandi per razionare i generi alimentari principali. Solo i veicoli appartenenti alle forze di mantenimento della pace russe e alla Croce Rossa sono stati autorizzati a passare, portando piccole quantità di rifornimenti vitali per i più vulnerabili. Ma, secondo Amnesty International, non basta. Il 9 febbraio l’osservatorio per i diritti umani ha riferito che “l’accesso all’assistenza sanitaria è diventato il problema più urgente nella regione bloccata”: un cardiologo visita solo cinque o sei pazienti al mese, in calo rispetto ai tipici 30-40, a causa dell’insufficiente fornitura di stent.
Ilham Aliyev, il Presidente dinastico dell’Azerbajgian – la cui ricetta ventennale per rimanere al potere è consistita nel coltivare l’odio anti-armeno e nell’armare il trauma dell’Azerbajgian per la perdita della prima guerra del Nagorno-Karabakh negli anni ’90 – non fa mistero dell’obiettivo finale del blocco. Gli Armeni del Nagorno-Karabakh sono liberi di andarsene: “La strada [verso l’Armenia] è aperta”, dice, suggerendo la pulizia etnica come risoluzione. Non è la prima volta che il suo regime fonde la pulizia etnica con l’ambientalismo: l’Azerbajgian ha celebrato la vittoria della guerra del 2020 contro gli Armeni con il timbro di un rimedio contro il rischio biologico che fumiga il Nagorno-Karabakh.
All’Udienza della Corte Internazionale di Giustizia del 30 gennaio gli avvocati dell’Azerbajgian hanno sostenuto che non c’è blocco e che i manifestanti sono impegnati in manifestazioni ambientali di base. Non importa che l’Azerbajgian ricco di petrolio, uno dei regimi più repressivi secondo Freedom House, e sede dell’”area ecologicamente più devastata del mondo”, inclusa una città soprannominata “un Armageddon ecologico”, non tolleri la protesta pubblica. Per lavare scientificamente il blocco, come ha esposto un eminente accademico il mese scorso, l’Azerbajgian ha cercato professori all’estero per convalidare nei media la “eco-protesta” in corso.
Questa arma dell’ambientalismo costituisce un pericoloso precedente per altre dittature per dirottare cause vitali.
Gli studiosi hanno diagnosticato tale benevolenza in malafede come “potere tagliente”, un termine proposto nel 2017 dal National Endowment for Democracy per descrivere gli sforzi degli stati autoritari per influenzare la percezione del mondo delle loro azioni attraverso la manipolazione e la distrazione. Mentre il termine è nuovo, il fenomeno non lo è. Sfruttare le fragili istituzioni occidentali e usare cause popolari è una pratica autoritaria in corso. Nell’ambientalismo, l’Azerbajgian ha trovato una causa conveniente e universale. Da quando ha perso la prima guerra del Nagorno-Karabakh contro gli Armeni negli anni ’90, ha a lungo rivendicato l’”ecocidio” nei territori controllati dagli Armeni fino alla seconda guerra nel 2020.
Ma né le critiche private né quelle pubbliche hanno impedito all’Azerbajgian di armare i movimenti ambientalisti. Anche ora, mentre organismi internazionali e governi occidentali condannano il blocco, l’Azerbajgian raddoppia i suoi messaggi. Recentemente ha annunciato un’azione legale ambientale “storica” contro l’Armenia ai sensi della convenzione di Berna sulla perdita di foreste e altri reati nelle aree controllate dagli Armeni fino al 2020. L’annuncio giustificava esplicitamente il blocco, affermando che “queste proteste non sono state orchestrate dal governo dell’Azerbajgian”. Commentando questa mossa, un organismo di osservazione delle foreste ha rilevato che i satelliti raccontano una storia diversa: “Tra il 2000 e il 2020 circa, la regione ha guadagnato più copertura arborea di quanta ne avesse persa”.
La più recente perdita di foreste è collegata alle attività dell’Azerbajgian, come l’uso del fosforo bianco contro le forze armene nel 2020, come analizzato dal Digital Forensic Research Lab del Consiglio Atlantico, insieme alla costruzione della “strada della vittoria” in corso. L’autostrada di 100 km segue il percorso dell’attacco militare della cattura da parte dell’Azerbaijan di una città chiave alla fine del 2020, durante la quale l’intero sud del Nagorno-Karabakh è stato ripulito etnicamente dagli Armeni. Come osserva un rapporto di valutazione ambientale delle Nazioni Unite richiesto dall’Azerbajgian, questa costruzione “sta anche avendo un impatto significativo sulla copertura forestale”. I satelliti mostrano distese di vegetazione sovradimensionate scomparse per sempre.
E come mostrano i rapporti satellitari di Caucasus Heritage Watch, la “strada della vittoria” e la costruzione di un’altra autostrada sono spesso accompagnate dall’abbattimento di villaggi e luoghi sacri armeni, nonostante l’ordine provvisorio contrario della Corte Internazionale di Giustizia del dicembre 2021. La cosa più ironica è che c’è anche la deforestazione in corso causata dal blocco: il Nagorno-Karabakh, la cui fornitura di gas, elettricità e carburante importato sono sotto l’assedio dell’Azerbajgian, utilizza legna da ardere per sopravvivere all’inverno.
Prima della decisione della Corte Internazionale di Giustizia del 22 febbraio, il Presidente Aliyev si vantava che nulla avrebbe fermato i suoi sforzi nel Corridoio di Lachin, e aveva motivo di crederlo. L’Unione Europea lo sta ripetutamente corteggiando come un “partner affidabile” nella sostituzione delle forniture di gas russe, e gli Stati Uniti hanno continuato a rinunciare alle sanzioni della Sezione 907, una legge statunitense intesa a fermare l’aggressione dell’Azerbajgian contro gli Armeni. “Nessuno può influenzarci. Potrebbero esserci alcune telefonate e alcune dichiarazioni, ma non è necessario prestare attenzione. Accettiamo quelle telefonate semplicemente per cortesia politica”, afferma, “ma questo non cambierà la nostra posizione”.
Le osservazioni riguardano principalmente gli Stati Uniti e la Francia. Durante la seduta del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a dicembre e in successive dichiarazioni, entrambi i Paesi, tra gli altri, hanno invitato l’Azerbajgian a porre fine al blocco. La Russia, il terzo mediatore del conflitto armeno-azerbaigiano insieme a Stati Uniti e Francia, è rimasta in gran parte in silenzio sulla situazione.
C’è qualcosa di sfacciatamente cinico in un petro-aggressore repressivo che arma l’ambientalismo nel 2023. Non solo si fa beffe della crisi esistenziale che affrontiamo come specie, ma serve a corrodere ulteriormente la società civile dell’Azerbajgian. Minando la credibilità di quella che è probabilmente la causa più importante al mondo, Aliyev sta dando l’esempio agli altri dittatori per perseguire il “potere forte”. Invia un messaggio che non esiste causa troppo sacra da sfruttare e nessuna bugia troppo assurda da pronunciare se consente al leader di rimanere al potere.
Quando gli attivisti di Aliyev hanno trasportato le colombe al blocco, la mossa era in linea con una nuova tradizione in Azerbajgian che reinventa gli uccelli come simboli di vittoria della guerra. Ma invece, la colomba strangolata simboleggiava la metodologia del blocco: soffocare il popolo assediato del Nagorno-Karabakh finché non ha altra scelta che fuggire: una strategia di pulizia etnica di strangolamento-e-rilascio, ricoperta di zucchero come l’ambientalismo.
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]