Io, armena, chiedo a Meloni di intervenire sulla crisi nell’Artsakh/Nagorno Karabakh (Start Magazine 17.02.23)
La lettera di Gayané Khodaveerdi, presidente di Agbu (Armenian General Benevolent Union) Milano e segretaria dell’Unione degli Armeni d’Italia., al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni
Gentilissima Presidente del Consiglio,
rappresento una comunità di cittadine italiane, mamme e donne, di origine armena.
La nostra storia di sradicamento è sempre stata accompagnata da dignità, speranza e coraggio. Questo lo dobbiamo alle nostre madri, alle nostre nonne, alle nostre famiglie. Noi donne armene siamo depositarie delle antiche e preziose tradizioni del nostro popolo e viviamo con grande orgoglio la nostra eredità culturale in un paese pacifico in cui ci sentiamo perfettamente integrate.
Da due mesi centinaia di attivisti azeri stanno bloccando il corridoio di Latchin, l’unica arteria che mette in comunicazione l’Artsakh/Nagorno Karabakh con l’Armenia e, attraverso di essa, con l’Europa e con la comunità internazionale, impedendo il transito di persone, mezzi, viveri e medicinali.
Oltre 120.000 armeni dell’Artsakh/Nagorno Karabakh, da più di due mesi sono isolati dal resto del mondo. Negozi vuoti, prodotti e medicinali mancanti, persone senza lavoro, scuole chiuse, ospedali in seria difficoltà, malati in terapia intensiva che non possono essere trasportati: è in corso una vera e propria crisi umanitaria denunciata anche dall’Onu; è in atto l’ennesimo progetto genocidario contro il popolo armeno.
Non vogliamo scriverLe sull’ingiustizia di questa “guerra strisciante” , qual è stata definita dalle madri dell’Artsakh/Nagorno Karabakh nella lettera ad Ursula Von der Leyen, perché siamo certe che al di là delle valutazioni di equilibrio internazionale e dei differenti ruoli che ognuna di noi ricopre, tutte noi inorridiamo davanti alle sofferenze imposte ai nostri figli. È dilaniante dover leggere: “ci aiuti siamo disperate”, “i nostri figli sono rimasti senza cibo, calore, cure mediche e senza la possibilità di studiare” e ancora “non permetteremo che i nostri figli muoiano in silenzio”. Stiamo parlando di trentamila bambini, Presidente.
Facciamo appello al Suo coraggio, alla Sua determinazione, alla Sua volontà di difendere la voce delle donne e alla Sua capacità di mediazione politica perché vengano fermati questi folli crimini contro l’umanità: non si possono distruggere la speranza e l’innocenza dei bambini. Nessuno deve rimanere inerte.
L’Italia è un partner strategico fondamentale per l’Azerbaigian e dunque ha sicuramente i mezzi per farsi ascoltare in modo da indurre la cessazione di questo isolamento che sta letteralmente spegnendo le vite di 120.000 civili.
Le chiediamo di ascoltare l’appello di noi madri e donne armene, sapienti custodi delle preziose radici del nostro popolo, e di intervenire per impedire il perdurare di questa situazione insostenibile.
Non sappiamo quanto i bambini, le donne e gli anziani dell’Artsakh/Nagorno Karabakh possano ancora resistere nella drammatica situazione determinata da questo blocco.
Grazie Presidente e buon lavoro.
Gayané Khodaveerdi
Presidente Armenian General Benevolent Union Milan