L’autogol dell’Azerbaigian in Armenia (Tempi 25.01.23)
Dopo aver battuto agli ottavi degli Austalian Open di tennis il giapponese Yoshihito Nishioka, il russo di origini armene Karen Khachanov si è avvicinato alla telecamera e ha lasciato una dedica che ha fatto infuriare l’Azerbaigian: «Continua a credere fino alla fine. Artsakh, resisti!». È il segnale di quanto la causa armena abbia acquistato forza nel mondo nell’ultimo mese, da quando cioè Baku ha bloccato in modo criminale il Corridoio di Lachin mettendo a rischio la vita dei 120 mila armeni residenti in Artsakh e scatenando una crisi umanitaria senza precedenti.
L’Ue si impegna in difesa dell’Armenia
Dopo l’importante condanna dell’Azerbaigian da parte del Parlamento europeo, il Consiglio europeo ha deciso di istituire una missione civile biennale dell’Ue in Armenia. L’obiettivo è contribuire a garantire la stabilità nelle zone di frontiera dell’Armenia con pattugliamenti sistematici.
Come dichiarato da Josep Borrell, alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Ue, «l’istituzione di questa missione apre una nuova fase dell’impegno dell’Ue nel Caucaso meridionale».
Le mosse degli Stati Uniti
Anche gli Stati Uniti si stanno muovendo nell’area storicamente sotto l’influenza della Russia. Domenica, in un colloquio telefonico, il segretario di Stato americano Anthony Blinken ha chiesto al presidente azero Ilham Aliyev di raddoppiare gli sforzi per raggiungere una pace duratura con l’Armenia e ha invocato la riapertura del Corridoio di Lachin. In precedenza Blinken aveva ospitato il ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan, e il collega azero, Jeyhun Bayramov, per cercare una mediazione.
La mossa americana, che ha due obiettivi, dovrebbe far fischiare le orecchie alla Russia. Da un lato, gli Stati Uniti vogliono impedire che l’Azerbaigian, e il suo alleato turco, si impossessino militarmente e indebitamente dell’area. Dall’altro potrebbero cercare di strappare la regione del Caucaso all’influenza di Mosca.
Il tentativo americano, insieme a quello europeo, potrebbe giocare a favore degli armeni, suggerendo cautela all’Azerbaigian e spingendo la Russia ad agire con più decisione in favore di Erevan, suo alleato. Fare pressione su Aliyev perché riapra il Corridoio di Lachin potrebbe diventare una necessità per Mosca.
Il blocco è tutto politico
Emergono intanto nuovi dettagli sui cosiddetti manifestanti “ambientalisti” che dal 12 dicembre bloccano il Corridoio di Lachin. Baku ha sempre sostenuto che si tratta di privati cittadini mossi da preoccupazioni ecologiche e che il governo non c’entra con la loro decisione di protestare.
In realtà, come sottolineato dalla fondazione Center for Law and Justice “Tatoyan”, per raggiungere il Corridoio dall’Azerbaigian è necessario attraversare i territori riconquistati due anni fa da Baku durante la guerra dei 44 giorni. Per accedervi, però, è necessario ottenere un permesso scritto dal ministero degli Interni dell’Azerbaigian, che fino ad ora l’aveva rilasciato soltanto a giornalisti e personaggi della cultura e della politica azera impegnati in iniziative statali.
Si tratta dell’ennesima conferma che il blocco, tutt’altro che ambientale, è politico. Ma con la sua iniziativa, violando il diritto internazionale, l’Azerbaigian rischia di guadagnare all’Armenia alleati scomodi.