NAGORNO KARABAKH. LA COLOMBA DELLA PACE STRANGOLATA NELLE MANI DEGLI AZERI (Notizie Geopolitiche 18.12.22)

Decine di migliaia di civili, bambini compresi, sono sotto assedio, altri non possono tornare a casa. Le istituzioni mediche sono private dell’opportunità di ricevere medicine, risorse di primo soccorso, i rifornimenti di cibo e gas sono stati interrotti. Sono in pericolo i diritti degli armeni alla vita, all’assistenza sanitaria, alla libertà di movimento e altri diritti inalienabili.
L’Azerbaijan, il paese autocratico del Caucaso del sud, l’unico al mondo dove il presidente ha nominato sua moglie come vice-presidente dello Stato, e governato da più di mezzo secolo dalla dinastia petrolifera degli Aliyev, combatte già da oltre trent’anni contro la giovane democrazia della Repubblica d’Armenia, tentando di conquistare l’Artsakh (Nagorno-Karabakh), una repubblica democratica armena che si rese indipendente subito dopo il crollo dell’Unione Sovietica.
Grazie alla guerra scatenata contro gli armeni nel pieno della pandemia nel settembre 2020, Baku riebbe tutti i distretti adiacenti all’Artsakh, e in più la città di Shoushi (nota, tra l’altro, per la strage degli armeni del marzo 1920) e anche il distretto di Hadrout, territori che erano parti integranti del Nagorno-Karabakh.
Ora il presidente azero Aliyev, mediante svariate provocazioni, cerca di svuotare i territori che rimangono ancora sotto il controllo degli armeni. Per questo motivo già da una settimana ha bloccato l’unica strada che collega l’Artsakh all’Armenia e al mondo, impiegando un gruppo aggressivo di sedicenti “ambientalisti” turco-azeri. Uno stato dove la democrazia è una chimera e dove qualsiasi voce fuori dalla propaganda armenofoba viene messa in carcere, uno Stato che nel 2020 usava bombe a fosforo bianco contro la popolazione pacifica dell’Artsakh, oggi, molto d’improvviso, ha cominciato a battersi per questioni ambientali.
Tuttavia i video che descrivono il comportamento degli “attivisti”, così come il modo in cui parlano e le cose che chiedono alle forze di pace russe, rivelano la vera natura di questa “manifestazione”. Gli pseudo-ambientalisti azeri, in gran parte sostenitori del connubio Erdogan – Aliyev (come risulta da una semplice visione dei loro profili social) e soldati del Servizio di sicurezza azero travestiti da ambientalisti, gridano slogan antiarmeni mostrando fieramente il simbolo dell’organizzazione dei Lupi Grigi, incitano all’odio e richiedono l’intero territorio dell’Artsakh.
Così la popolazione dell’Artsakh, circa 120mila persone tra cui anziani, donne e bambini, si è trovata sull’orlo di un disastro umanitario e sta effettivamente affrontando la minaccia del genocidio. L’Azerbaijan continua ad agire con i propri metodi violenti, ignorando grossolanamente “le forze di pace”, le quali rimangono “neutrali” е non sostengono in alcun modo i diritti degli armeni.
Mentre il popolo dell’Artsakh resta intrappolato, a Yerevan, su invito del difensore dei diritti umani dell’Artsakh, migliaia di persone si uniscono davanti alle ambasciate dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza Onu, alla delegazione Ue e agli uffici Onu in Armenia, a protestare contro il blocco della strada, quasi certamente sancito dal Cremlino per punire, ancora una volta, in modo proxy (ricorrendo simbolicamente allo stesso armamentario del blocco di strade) un regime armeno che venne al potere democraticamente grazie alla Rivoluzione di Velluto 2018, bloccando le strade delle autorità armene di allora…
Non a caso il deputato dell’alleanza “Il mio passo” e già vice-ministro della Difesa Gagik Melkonyan ha notato in un’intervista rilasciata ai media armeni in questi giorni che, come trentun’anni fa, anche oggi il Cremlino e Baku stiano realizzando un’operazione che può essere definita come “Koltso-2”. Ricordiamo che nel 1991 Gorbaciov ringraziò il primo presidente azero Ayaz Mutalibov e il popolo azero per aver risposto affermativamente al referendum che mirava alla preservazione dell’Unione Sovietica. Già tra l’aprile e il maggio 1991, con il sostegno del Cremlino, Baku condusse l’operazione “Koltso” (Anello), un esempio palese di violenza di Stato e pulizia etnica contro gli armeni dell’Artsakh.
Il membro del parlamento armeno ha ricordato inoltre la recentissima pulizia etnica dei villaggi armeni di Parukh, Khtsaberd e Hin Tagher, avvenuta alla presenza del contingente russo. Secondo lui la Russia sta realizzando una politica coercitiva nella sua visione imperialistica, spingendo l’Armenia verso la rinuncia alla propria sovranità.
Per tre giorni di fila la dittatura di Aliyev ha tagliato la fornitura di gas naturale all’Artsakh, privando 120mila persone della possibilità di riscaldare le proprie case in questo inverno. Tutto nel frattempo con il cosiddetto “movimento ambientalista” in strada.
Come era facile prevedere, le presunte motivazioni ambientaliste erano solo un pretesto per permettere all’Azerbaijan di perseguire un’azione contro la popolazione armena dell’Artsakh. Sono diventate virali le immagini che riassumono simbolicamente la verità di questa situazione: una pseudo-ambientalista in cappotto di abete, sostenuta dal gruppo portatore dell’ideologia dei Lupi Grigi, dopo il suo discorso stile Corea del Nord, cerca di liberare una colomba, simbolo della pace, che è però già morta nelle sue mani gelide. E la getta in aria come un rifiuto.
Mentre l’Europa è impegnata a comprare il gas dagli esponenti neoottomani, bloccando economicamente l’aggressore del conflitto ucraino, ai confini dell’Europa si sta consumando una storia di lotta tra i rappresentanti di una giovane democrazia e i Lupi Grigi, gli stessi che organizzarono nel 1981 l’attentato a Papa Giovanni Paolo II.

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