Fuga dalla Russia e venti di guerra tra Azerbaijan e Armenia (Eco del Sud 29.09.22)
Quello che sta avvenendo ai confini tra Russia e Georgia con migliaia di russi in fuga per tentare di sottrarsi al rischio di essere arruolati contro l’Ucraina, riaccende l’attenzione su quell’area asiatica dove altri due paesi confinanti, Azerbaigian e Armenia sono da tempo in belligeranza.
Adesso l’Azerbaijan chiede all’Armenia di osservare i “principi fondamentali” del diritto internazionale, in particolare “la sovranità, l’integrità territoriale e l’inviolabilità dei confini internazionali” per “garantire pace, sicurezza e prosperità nella regione” e di “rispettare i suoi obblighi internazionali”. In una dichiarazione del ministero degli Esteri azerbaigiano, diffuso in occasione della Giornata della Memoria, Baku sottolinea che l’Armenia dovrebbe “adottare misure autentiche e costruttive”. “Non c’è altra alternativa per lo sviluppo pacifico della regione”. Questi pericolosi venti di guerra sono tornati a soffiare nel Caucaso meridionale e le premesse sono illustrate in questo articolo del generale di corpo d’armata Salvatore Carrara, messinese, che tra i vari incarichi di comando ha operato per lunghi anni all’estero.
Salvatore Carrara *
Tutti oggi conoscono gli sconvolgenti eventi della Shoah e i massacri degli italiani perpetrati dai Titini nelle foibe, il cui riconoscimento è avvenuto solo di recente. Poca attenzione dell’opinione pubblica è stata invece sempre dedicata al genocidio degli armeni del 1915, quando Enver Pasha, capo del movimento rivoluzionario dei Giovani Turchi, ordinò lo sterminio dei soldati armeni che servivano nell’esercito turco e, successivamente, l’arresto, la deportazione in Anatolia e lo sterminio degli intellettuali, compresi i membri del Parlamento.
L’Armenia, per la sua posizione sulle rotte commerciali e militari di collegamento fra Oriente e Occidente, è stata sempre meta di conquista, costringendo i suoi abitanti alla ricerca di sempre nuovi territori. La sua storia è stata caratterizzata da personaggi leggendari, grandi civiltà e drammatici eventi dovuti alla nascita del Cristianesimo.
Tralasciando la nascita, le alterne vicende e l’evoluzione del popolo armeno dell’antichità, verranno presi in esame soltanto gli eventi cruenti della storia più recente.
Il genocidio ad opera dell’Impero Ottomano cominciò con i primi massacri della popolazione verso la fine degli anni 1880 e l’inizio dei 90, dopo la citata deportazione dei militari e degli intellettuali, durante e dopo la Prima Guerra Mondiale, iniziò la deportazione e lo sterminio della popolazione maschile seguita da quella delle donne, dei bambini e degli anziani, con privazione di cibo e acqua, stupri e continue immotivate esecuzioni. Si stima in almeno un milione e mezzo il numero dei morti. I più furono sterminati durante le marce della morte, la quasi totalità degli armeni fu cancellata, con grande determinazione criminale, dalla terra abitata da più di duemila anni e i loro beni confiscati. Il popolo armeno fu perseguitato e quasi completamento sacrificato da un odio razziale. Questi eventi criminali rappresentano il primo genocidio moderno, quasi a premessa del massacro degli ebrei perpetrato dai nazisti.
La Turchia si è sempre opposta e si oppone all’uso del termine genocidio, giustificando i fatti con l’avanzata dei russi che inglobavano i battaglioni composti da armeni contro il Paese e accusando questi ultimi di atrocità nei confronti delle popolazioni musulmane.
Il 1918 segnò la sconfitta dell’Impero Ottomano nella Prima Guerra Mondiale e la dichiarazione di indipendenza dell’Armenia, che nel 1922 entrò a far parte dell’Unione Sovietica dalla qualene uscirà nel 1991.
La storia dimostra che il popolo armeno non si è mai arreso anche se ha dovuto e deve sempre combattere per difendersi.
Il Nagorno Karabakh, un’enclave di 4400 km² nell’Azerbaijgian, popolato prevalentemente da armeni, è sempre stato terreno di contesa e di guerra con l’Armenia , al termine della quale gli armeni assunsero il controllo della regione conquistando anche alcuni territori per assicurarsi una continuità territoriale.
Nel 1991, poco prima della caduta dell’USSR, un referendum sancì l’indipendenza del Nagorno Karabakh dall’Azerbaijan con l’elezione dei parlamentari e la costituzione di un governo.
L’Azerbaijan continuò a osteggiare questa indipendenza con azioni militari sino al maggio 1994, quando la mediazione della Federazione Russa riuscì a far cessare le ostilità, senza , peraltro, raggiungere alcun accordo di pace.
Nel 2009 l’ Armenia e la Turchia stabilirono dei rapporti diplomatici senza la ratifica di un accordo pieno.
Non esiste un preciso piano di pace ma soltanto un cessate il fuoco sine die, spesso violato da entrambe le parti, mentre prosegue la corsa al riarmo, specialmente da parte dell’Azerbaijgian, resa possibile dagli effetti del boom petrolifero del Paese.
Nonostante i numerosi negoziati delle Organizzazioni Internazionali, gli scontri continuano e la situazione risente anche dell’attuale conflitto siriano e dei Paesi mediterranei e gli interventi con mire espansionistiche di Recep Tayyip Erdogan.
La storia dell’Armenia si ripete, ritornano le vecchie rivalità etnico culturali tenute sempre “sotto la cenere”.
Oggi la guerra aperta è tornata dopo le continue violazioni del cessate il fuoco del 1994. Le operazioni militari si sono estese e a nulla sono serviti gli interventi della Comunità Internazionale, del Consiglio di Sicurezza dell’ONU dell’OSCE, che invitano le parti ad interrompere gli scontri e a riprendere i negoziati. L’unica possibilità di successo è trovare un compromesso diplomatico politico.