Nagorno Karabakh. Il punto di vista dell’ambasciatore armeno in Vaticano (Faro di Roma 16.11.21)
“L’Armenia chiede ai partner internazionali di condannare fermamente le azioni dell’Azerbaijan contro la pace e la sicurezza nella regione. La soluzione sarebbe il ritiro completo e incondizionato delle forze militari azerbaijane dal territorio dell’Armenia”. Lo afferma Garen A. Nazarian, ambasciatore dell’Armenia presso la Santa Sede, in risposta alle dichiarazioni del suo omologo azero.
“Mentre l’Azerbaijan parla di pace, le sue forze militari – sostiene Garen A. Nazarian – compiono attacchi e incursioni al confine orientale del territorio sovrano armeno, causando nuove morti e distruzione. È questa la continuazione della costante politica dell’Azerbaijan di occupazione dei territori armeni, cominciata lo scorso maggio a Syunik e Gegharkunik”.
Secondo L’Ambasciatore armeno, “sulla base della Carta delle Nazioni Unite, l’Armenia ha il diritto di adottare tutte le misure atte a respingere l’uso della forza contro la sovranità e l’integrità del suo territorio”. Mentre, secondo il diplomatico, “per quel che riguarda i prigionieri di guerra, l’Azerbaigian continua a nascondere il numero reale dei prigionieri di guerra armeni. Inoltre, i processi simulati e l’emissione di lunghe condanne per false accuse contro i prigionieri di guerra illustrano la politica di odio anti-armena e la campagna diffamatoria adottata e promossa in Azerbaigian ai massimi livelli’.
“Questo atteggiamento o, meglio, la politica di discriminazione razziale che persiste in Azerbaigian da decenni si è manifestata più chiaramente – conclude l’ambasciatore armeno – durante la guerra dello scorso anno, che nel corso di 44 giorni ha portato a violazioni diffuse e sistematiche del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani”.
L’Azerbaigian chiede aiuto al Vaticano per avviare un dialogo di pace con l’Armenia. Ambasciatore Mustafayev: soluzione per Nagorno Karabakh nell’ambito del diritto internazionale
“L’Azerbaigian vuole approfondire la cooperazione con il Vaticano: lo riteniamo un ponte essenziale”, ha assicurato l’ambasciatore azerbaigiano in Vaticano, Rahman Mustafayev, che ha incontrato alcuni giornalisti in vista dell’apertura a Roma della nuova ambasciata presso la Santa Sede. “Siamo in contatto con i leader religiosi di varie confessioni e posso dire con certezza non ci sono mai state incomprensioni dal punto di vista religioso in Azerbaigian. Lo dimostra il fatto che una nostra delegazione che è stata in visita in Vaticano lo scorso febbraio è composta da cattolici, ortodossi, musulmani e rappresentanti di altre confessioni”, ha detto l’ambasciatore. “I nostri leader religiosi sono in contatto con le loro controparti in altri Paesi. Questo è un ponte essenziale per noi”, ha insistito.
“L’Azerbaigian ha agito sulla base del diritto internazionale, seguendo i dettami dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Tutto ciò che è stato fatto è liberare secondo i nostri diritti il territorio occupato dal 1991”, ha spiegato Mustafayev. “In Francia ci sono alcuni esponenti politici che sostengono che quella fra Armenia e Azerbaigian è stata una guerra religiosa. Io in più di un’occasione ho chiesto ai parlamentari che si sono espressi in questo senso di fornirmi delle spiegazioni in merito. Prima della guerra degli anni Novanta nella regione c’era una comunità multireligiosa e multietnica, c’erano moschee e chiese, un gruppo di persone che copriva 48 minoranze etniche”, ha sottolineato l’ambasciatore. “In Armenia il 99,9 per cento delle persone è armena e non c’è multiculturalismo. A Baku, in uno dei quartieri più importanti, abbiamo una moschea e una chiesa che sono vicine fra loro, e questo è un esempio del nostro approccio multireligioso. Noi vogliamo rafforzare questo aspetto che è già tipico nel nostro Paese”, ha chiarito l’ambasciatore.
Un trattato di pace fra Azerbaigian e Armenia sarebbe la risposta a tutti i problemi della regione del Caucaso, ha aggiunto Mustafayev, nel corso della conferenza stampa. “Dobbiamo innanzitutto delimitare i nostri confini e siglare un accordo di pace. Ci sono stati degli incontri a livello di ministri degli Esteri, mediati dal ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, e dal ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian. Molto è stato fatto e noi abbiamo consegnato una bozza del piano di pace per cui stiamo aspettando una risposta”, ha aggiunto l’ambasciatore. “Abbiamo bisogno di una soluzione. L’Armenia è un nostro vicino e sotto certi aspetti dipende anche da noi per quanto riguarda i collegamenti internazionali e i trasporti. Ci sono delle problematiche nella regione ma dobbiamo affrontarle trovando un accordo di pace”, ha proseguito Mustafayev.
“L’Armenia ha fornito dei segnali positivi, e di segnali di questo tipo ne abbiamo bisogno anche a livello internazionale. Dobbiamo assolutamente mandare un messaggio positivo e ho chiesto anche al Vaticano di esprimersi in tal senso perché è importante raggiungere questa pace”, ha continuato il diplomatico osservando che “l’Azerbaigian e l’Armenia non possono essere separati l’uno dall’altro perché sono confinanti, non possono trovare delle strade diverse. Dobbiamo trovare il modo per comunicare. Io penso che prima o poi si troverà un accordo e che riusciremo a portare stabilità nella regione. Dobbiamo farlo attraverso la diplomazia e la politica e il Gruppo di Minsk dell’Osce (l’organismo preposto a mediare fra i due Paesi) si sta già adattando a questa nuova situazione nella regione”, ha concluso Mustafayev.
L’Azerbaigian – ha sostenuto il diplomatico – ha restituito all’Armenia tutti i prigionieri di guerra catturati durante il conflitto dello scorso anno. Lo ha detto l’ambasciatore azerbaigiano presso la Santa Sede, Rahman Mustafayev, nel corso di una conferenza stampa a Roma. “Quando parliamo di prigionieri di guerra ci si riferisce a coloro che sono stati catturati durante il conflitto. Le persone arrestate dopo la firma dell’accordo trilaterale del 9 novembre, invece, sono criminali. Il Gruppo di Minsk dell’Osce (l’organismo preposto a mediare fra i due Paesi) non ha mai fatto menzione di queste persone”, ha detto Mustafayev. “Dopo la firma degli accordi ci sono state delle indagini e posso garantire che tutti i prigionieri di guerra sono stati mandati a casa. Durante le nostre attività di ricerca post belliche, inoltre, abbiamo trovato circa 1.500 corpi di cittadini armeni e due cittadini azerbaigiani sono morti in queste attività”, ha spiegato l’ambasciatore, affermando che qualsiasi insinuazione sui prigionieri di guerra è “mera propaganda”.