Diplomazia pontificia, le questioni Palestina e Nagorno Karabakh (Acistampa 08.05.1)

La visita del ministro degli Esteri palestinese in Segreteria di Stato vaticana lo scorso 6 maggio ha rimesso al centro il tema del Medio Oriente nell’agenda della Santa Sede. Non che il tema sia mai stato messo da parte, ma gli incontri personali hanno sempre il pregio di sollevare questioni, e sviluppare rapporti. È stato in Segreteria di Stato anche l’assistente al primo vice presidente di Azerbaijan Elchin Ambirbayov, che in una conversazione con ACI Stampa ha voluto stabilire il punto di vista azero sul conflitto in Nagorno Karabakh e sui rapporti con l’Armenia.

Altre notizie: in Turchia Erdogan ha incontrato i presidenti delle confessioni religiose presenti nel Paese; in Venezuela, il presidente Maduro ha incontrato il vertice della Conferenza Episcopale; l’Europa ha finalmente un nuovo inviato speciale per la libertà religiosa.

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FOCUS NAGORNO KARABAKH

L’Azerbaijan cerca un nuovo inizio con l’Armenia

Elchin Amirbayov è stato il primo ambasciatore di Azerbaijan presso la Santa Sede. È stato a Roma tra il 6 e il 7 maggio, come assistente al primo-vicepresidente, per una serie di incontri istituzionali in Segreteria di Stato vaticana.

Parlando con ACI Stampa, Amirbayov definisce il recente conflitto in Nagorno Karabakh come una opportunità, e anche una opportunità per ristabilire relazioni diplomatiche con l’Armenia.

“Come sa, lo scorso novembre, c’è stato il cessate il fuoco dopo 44 giorni di conflitto, ed è stato interessante per me fornire ai miei interlocutori le ultime informazioni”. Amirbayov ha potuto incontrare sia il Cardinale Parolin che l’arcivescovo Gallagher.

Amirbayov ha insistito sugli ottimi rapporti che l’Azerbaijan ha con i dicasteri vaticani, e in particolare con il Pontificio Consiglio della Cultura, con il quale ha curato il restauro di alcuni importanti mosaici nelle catacombe.

Ambirbayov ha sottolineato che l’Azerbaijan è “conosciuta per il suo grado di tolleranza religiosa, ha messo in luce varie iniziative con i Musei vaticani, ha detto che la guerra “ha lasciato il conflitto dietro di noi e si sono aperte nuove possibilità per cercare di ristabilire pace e stabilità, cercando possibilmente anche riconciliazione tra Armenia e Azerbaijan.

Amirbayov ha notato che della nuova politica economica potrebbe beneficiare anche la stessa Armenia, nonostante questa – lamenta l’ambasciatore – a volte cerchi di usare la carta religiosa.

Anche da parte azera i proclami sono stati duri: il presidente Alyiev ha visitato la cattedrale di Shusha, danneggiata dalle bombe durante la guerra, in quella che sembrava essere la rivendicazione di un trofeo di guerra, e recentemente è tornato a parlare di un possibile uso della forza per respingere gli armeni.

È davvero questa riconciliazione? Amirbayov spiega che no, il presidente non ha trattato la cattedrale di Shusha come fosse un trofeo di guerra, ma vi è andato perché ci sono edifici che sono stati danneggiati durante la guerra, e ha anche organizzato i lavori di ricostruzione.

Sul possibile uso della forza, Amirbayov sottolinea che questo deve essere contestualizzato nel discorso ad un popolo che ha sofferto 30 anni di occupazione e distruzione.

Ma ora, dice l’ambasciatore, il “destino di dà l’opportunità di stendere una mano verso l’Armenia”, comunque accusata di usare una retorica di guerra in vista di nuove elezioni.

Amirbayov nota che, nel territorio del Nagorno Karabakh, gli armeni hanno fatto una pulizia etnica durissima,

Il rappresentante del vicepresidente azero risponde anche sul tema del cosiddetto “genocidio culturale” che starebbe avendo luogo in Nagorno Karabakh. Ha detto che “non crede che alla Santa Sede apprezzino o siano preoccupati per la preservazione del materiale cristiano, quanto piuttosto per la preservazione di tutte le eredità religiose.

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