Guerra in Nagorno Karabakh, «decapitati prigionieri civili e militari» (Osservatoriodiritti 08.04.21)
Dopo aver conosciuto la guerra degli anni Novanta, Artak Beglaryan ha dedicato la sua vita a promuovere la pace in Nagorno Karabakh. E nel corso dell’ultimo conflitto tra Armenia e Azerbaijan ha denunciato i crimini perpetrati contro la popolazione. Ecco cosa ha raccontato a Osservatorio Diritti
Artak Beglaryan, difensore dei diritti umani e capo dello staff presidenziale della Repubblica dell’Artsakh/Karabakh, per tutta la durata del conflitto dei 44 giorni, ha fatto conoscere al mondo i crimini che venivano commessi nella regione caucasica attraverso i suoi post su Facebook e Twitter. L’uomo, che da bambino ha perso la vista a causa dell’esplosione di una mina ed è rimasto orfano di padre durante la guerra degli anni Novanta, ha dedicato la sua vita alla lotta per il rispetto dei diritti umani e per la creazione di una politica di pace e convivenza nel Nagorno Karabakh.
Incontrato nel suo ufficio di Stepanakert al termine dell’ultima escalation bellica, ha raccontato così a Osservatorio Diritti quali sono state le più evidenti ed efferate violazioni dei diritti umani commesse durante gli scontri.
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Quarantaquattro giorni di combattimenti e bombardamenti nel 2020: quali violazioni dei diritti umani si sono registrate nell’ultima guerra del Nagorno Karabakh?
La cosa più evidente è che sono stati colpiti e presi di mira obiettivi civili e persone civili. Al momento sono stati confermati 61 civili uccisi dal lato armeno: 40 cittadini hanno perso la loro vita proprio a causa dei bombardamenti, 20 risultano morti dopo essere stati fatti prigionieri o in seguito a colpi di arma da fuoco. Inoltre ci sono più di 40 persone che risultano disperse e temiamo che anche loro siano state uccise. Poi, nel computo totale delle vittime vanno annoverati anche 163 civili feriti in seguito a bombardamenti e occorre segnalare anche che oltre 5.000 case sono state distrutte e 4.000 infrastrutture ed edifici pubblici sono stati danneggiati.
Sono stati colpiti edifici protetti dal diritto umanitario internazionale?
Assolutamente sì. Tra gli edifici e le infrastrutture bombardate risultano esserci ospedali, scuole, asili e chiese, come la cattedrale di Shushi, che quando è stata colpita ospitava al suo interno degli sfollati. Più del 70% delle comunità del Karabakh è stata investita dagli scontri. Il solo motivo per cui ci sono stati pochi morti civili rispetto agli edifici colpiti è che appena sono iniziati i bombardamenti donne e bambini hanno lasciato il Nagorno Karabakh e chi è rimasto si è rifugiato a vivere negli scantinati e nei bunker.
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C’è stata violenza verso la stampa e i giornalisti? Si può parlare di violazione del diritto di informazione?
Da quando sono iniziate le ostilità 7 giornalisti sono rimasti feriti e un ragazzo armeno che li accompagnava è morto. In alcuni casi ci sono prove che i missili hanno colpito deliberatamente la stampa locale e internazionale. Le armi impiegate durante la guerra da parte azera erano estremamente sofisticate ed è difficile pensare che si sia trattato di incidenti.
Per quel che riguarda i prigionieri di guerra cosa ci può dire?
Abbiamo prove di decapitazioni nei confronti dei prigionieri civili e militari. C’è un’inchiesta aperta del The Guardian sulla decapitazione di due anziani civili armeni e c’è un’inchiesta in corso da parte di Bellingcat sull’uccisione di due civili armeni ad Hadrut. E ci sono anche prove, già mandate alle organizzazioni dei diritti umani, che rivelano come siano stati picchiati, umiliati e mutilati i prigionieri di guerra.
Ha fatto molto discutere anche l’utilizzo di armi proibite
È stato dimostrato da tutti i media che hanno coperto la guerra dei 44 giorni che sono state impiegate indiscriminatamente armi proibite. C’è stato un largo utilizzo di bombe a grappolo e poi abbiamo raccolto anche prove sull’impiego di fosforo bianco. I campioni prelevati sono stati inviati in diversi laboratori e stiamo aspettando l’esito delle analisi, ma molti medici, soprattutto quelli che lavorano al centro ustionati di Yerevan, dopo aver visto le ustioni riportate dai soldati hanno all’unanimità dichiarato che quel tipo di bruciatore sono compatibili in tutto e per tutto con quelle che provoca un agente chimico come il fosforo bianco quando viene utilizzato sulla popolazione. E poi siamo certi che siano stati impiegati anche droni kamikaze.
Qual è la sua speranza a questo punto?
Spero che la comunità internazionale e l’Europa s’impegnino al massimo per investigare questi crimini per perseguirli e condannarli. Altrimenti l’impunità incoraggerà ulteriori crimini di guerra.
Mi auguro che la comunità internazionale usi tutti gli strumenti legali, economici, politici, finanziari e militari per prevenire ulteriori crimini di guerra, ovunque nel mondo.
Quali differenze ha riscontrato tra l’ultimo conflitto e quello degli anni Novanta?
L’utilizzo di armi più sofisticate ha reso molto più brutale la guerra e inoltre negli anni Novanta non c’era un livello così alto di discorsi di odio. Vivendo nell’epoca di internet e dei social network i messaggi di odio hanno avuto più visibilità e diffusione. Allo stesso tempo internet però ha anche permesso di controllare e scovare più video, foto e prove di violazioni dei diritti umani rispetto a quanto sia stato possibile fare in passato.