Il ricatto del dittatore azero Aliyev: prigionieri armeni usati come ostaggi (Korazym 24.03.21)
Il dittatore azero Ilham Aliyev pone condizioni dopo la guerra di aggressione azera-turca con la Repubblica di Artsakh e dopo 134 giorni non rilascia ancora i prigionieri armeni.
L’organizzazione per i diritti umani The Human Rights Watch ha documentato crimini di guerra su larga scala contro prigionieri di guerra armeni. Lo afferma la dichiarazione della Portavoce del Ministero degli Affari esteri dell’Armenia Anna A. Naghdalyan. Allo stesso tempo, ha aggiunto che secondo il rapporto di The Human Rights Watch, le violazioni del diritto internazionale umanitario da parte dell’Azerbajgian sono state compiute durante il periodo di detenzione di prigionieri di guerra e civili, accompagnate da trattamenti crudeli e degradanti o torture [QUI].
“Il rapporto registra che molti soldati armeni hanno visto per l’ultima volta ostaggi in Azerbajgian, ma Baku non li ha comunicato. Ciò indica un’alta probabilità di massicce sparizioni violente non solo di personale militare, ma anche di civili catturati. Quattro mesi dopo l’istituzione del regime di cessato il fuoco, la continua detenzione di prigionieri di guerra armeni e di ostaggi civili dimostra chiaramente che l’Azerbajgian continua a violare il diritto umanitario internazionale. A causa del fatto che i maltrattamenti e la tortura dei prigionieri di guerra armeni sono sistematici e continuativi, l’umiliante detenzione e la tortura dei prigionieri di guerra armeni può essere equiparata a crimini contro l’umanità”, ha detto Naghdalyan.
Si noti che la parte azera continua a ritardare artificialmente il processo di restituzione di prigionieri di guerra e ostaggi civili armeni. Secondo i dati preliminari, più di 200 militari armeni rimangono prigionieri dell’Azerbajgian. Nel frattempo, Baku assicura di aver consegnato tutti i prigionieri di guerra e dichiara che il resto delle persone, che sotto la giurisdizione dell’Azerbajgian dopo il 9 novembre 2020, sono “terroristi”.
Riportiamo di seguito l’approfondimento sulla Montagna del Giardino Nero a cura della Iniziativa italiana per il Karabakh, un gruppo di studio, attivo dal novembre 2010, che ha l’obiettivo di far conoscere all’opinione pubblica italiana la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, cristiana armena, la sua storia, la sua cultura, il suo territorio. Ma soprattutto il suo diritto all’autodeterminazione ed i principi giuridici e politici che ne sono alla base.
Da 134 giorni è terminata la guerra in Artsakh e ci sono decine di soldati armeni ancora prigionieri dell’Azerbaigian. Il regime di Aliyev ammette la detenzione di 73 soldati ma è presumibile che siano almeno 200 tra militari e civili gli armeni reclusi nelle prigioni azere.
L’Iniziativa italiana per il Karabakh ha detto sin da subito che il dittatore azero avrebbe utilizzato questi prigionieri armeni (“terroristi e sabotatori” li ha definiti per giustificare il crimine e la violazione dei patti) come arma di ricatto. Le indiscrezioni che filtrano in queste ultime ore sembrano confermare questa impressione. Lo conferma uno degli avvocati armeni che sta seguendo la causa davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
Per la loro liberazione il Presidente dell’Azerbajgian Ilham Aliyev avrebbe posto tre condizioni:
1. La smilitarizzazione del territorio dell’Artsakh ancora sotto controllo armeno (che in parte è peraltro già avvenuta). Evidentemente vuole avere piazza pulita quando i Russi se ne andranno.
2. Il possesso della strada da Karmin Shuka a Shushi: nell’ultima settimana di guerra ci furono violentissimi combattimenti proprio in quel settore strategico ma gli Armeni resistettero. Gli Azeri hanno infatti preso Shushi ma non sanno come raggiungerla fin tanto che non avranno completato la costruzione della strada da sud (ci vorrà almeno un anno) per realizzare la quale hanno anche attaccato la sacca di resistenza armena a novembre (e fatto prigionieri). La città è di fatto isolata, raggiungibile solo con stradine sterrate oppure chiedendo il permesso ai Russi per utilizzare la statale Goris-Stepanakert.
3. Assegnazione di territori in Armenia: le exclave all’altezza della regione di Tavush (Qazak) e Tigranashen (quest’ultima è attraversata dalla statale che collega il nord e il sud dell’Armenia che di fatto sarebbe tagliata in due o soggetta a diritti di transito.
Sappiamo con chi abbiamo a che fare. Se non cambia la situazione, se la comunità internazionale non interviene, i ricatti aumenteranno e il futuro dell’Armenia e dell’Artsakh sarà sempre più incerto.
Foto di copertina: Soldati armeni camminano sulla strada vicino alla frontiera tra l’Artsakh e l’Armenia, domenica 8 novemebre 2020 (Foto AP).
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