San Biagio, un santo miracoloso (Vaticano.com 03.02.20)
San Biagio un santo miracoloso. Il giorno seguente la “Candelora”, brilla il santo martire Biagio. Vescovo della comunità armena al tempo di Costantino. Martire in un momento storico in cui la libertà religiosa splendeva nell’Impero romano. Occorre ricordare come in Oriente regnasse Licinio e tra i due imperatori non correva buon sangue. Difatti, sarebbe questa la discordia e la causa di alcune persecuzioni locali. In Oriente verso i cristiani, videro coinvolto anche san Biagio, oggi venerato sia dalla Chiesa cattolica che ortodossa.
Di lui sappiamo poco, secondo la tradizione studiò medicina. Nella giovinezza si prodigò nel curare i sofferenti, cercando inoltre di condurli a Dio con la parola e l’esempio. Nel suo cuore ardeva il desiderio di diventare monaco. Alla morte del vescovo della sua città natale, Sebaste, fu eletto come successore, finché nel 316 i soldati dell’imperatore lo arrestarono.
Passò in mezzo alla folla che lo acclamava. Tra la gente si imbatté in una donna che teneva in braccio suo figlio morente perché una spina di pesce gli si era conficcata in gola e stava soffocando. Supplicava il Santo di pregare per la guarigione del bambino. All’istante avvenne il prodigio per il quale San Biagio viene ancora oggi invocato per i mali alla gola, attraverso il rito della “benedizione della gola” che si compie nelle celebrazioni parrocchiali, con due candele incrociate (anticamente era prevista l’unzione con l’olio benedetto).
Davanti al giudice il vescovo Biagio rifiutò di sacrificare agli idoli e di rinnegare la sua fede in un unico Dio. Per questo fu percosso, sospeso ad un tronco d’albero e scorticato vivo con un pettine di ferro. Nonostante queste torture si mostrava fermo e deciso ad affermare la sua fede in Cristo. Il giudice pertanto decise di farlo gettare in un lago. Tuttavia egli iniziò a camminare sulle acque e raggiunse miracolosamente la riva. Allora fu deciso per la decapitazione.
La tradizione racconta che alcune reliquie venissero imbarcate per Roma quattro secoli dopo. Una tempesta costrinse la nave a fermarsi a Maratea dove il santo venne accolto in una piccola chiesa (l’attuale Basilica), sul monte che prenderà il suo nome e sulla cui vetta nel 1963 verrà eretta la statua del Redentore alta 21 metri. Da allora molti luoghi sono stati intitolati a San Biagio, soprattutto in Italia, ma anche in Europa e in America.
Nel 1941 fu operata una ricognizione ufficiale dell’urna marmorea contenente i resti mortali del santo. Furono rinvenuti: il torace, una parte del cranio, l’osso di un braccio e un femore. In più di un’occasione la statua di Maratea e le pareti della basilica si ricoprirono di un liquido giallastro. I fedeli raccolgono il liquido per i suoi poteri taumaturgici e Papa Pio IV (nel 1563 vescovo di Cassano), riconobbe questa sostanza come “manna celeste”.
Festeggiato il 3 febbraio, giorno del suo martirio, Maratea celebra il proprio patrono per otto giorni. Dal sabato precedente la prima domenica di maggio, fino alla seconda domenica di maggio. I rituali si rifanno a tradizioni secolari.
Ma ci sono tuttavia tradizioni molto più sobrie, come quella di Milano. La statua del santo è posta in una delle guglie del Duomo, qui si mangiano i panettoni lasciati in avanzo a Natale. A Cannara, in provincia di Perugia, tra i giochi popolari c’è quello del “Ruzzolone” che consiste nel far rotolare più a lungo possibile delle forme di formaggio per le vie del centro storico. Si termina il rito con una solenne processione in onore del santo.
A Salemi, si preparano i “caddureddi”, dei piccoli pani azzimi a forma di “gola”, benedetti e distribuiti ai fedeli, in ricordo dell’intervento prodigioso del santo (anche protettore delle messi) durante una grave carestia causata da un’invasione di cavallette.
A Fiuggi, si bruciano davanti al municipio le “stuzze”, grandi falò, in ricordo del giorno in cui apparvero delle finte fiamme nella città. Le fiamme indussero i nemici che attendevano fuori dalle mura a ritirarsi pensando che gli alleati li avessero preceduti.
San Biagio è il santo dei Miracoli amato da cattolici ed ortodossi!
Il Santo del giorno, 3 Febbraio: San Biagio e la benedizione della gola
Giorno legato alla Festa di ieri quella della Candelora. Oggi con le candele benedette ieri ed intrecciate a mò di croce di S: Andrea, si benedice la gola dei credenti.
Da questa usanza, si crede che il cognome: Biagi, come quello di Biagioni, Biagiotti, Biagetti e simili, sia stato affibbiato originariamente a persone balbuzienti!
Il martire Biagioè ritenuto dalla tradizione vescovo della comunità di Sebaste in Armenia al tempo della “pax” costantiniana. Il suo martirio, avvenuto intorno al 316, è perciò spiegato dagli storici con una persecuzione locale dovuta ai contrasti tra l’occidentale Costantino e l’orientale Licinio. Il fatto sembra dovuto al dissidio scoppiato tra i due imperatori-cognati nel 314, e proseguito con brevi tregue e nuove lotte fino al 325, quando Costantino farà strangolare Licinio a Tessalonica (Salonicco).
Nell’VIII secolo alcuni armeni portarono le reliquie a Maratea (Potenza), di cui è patrono e dove è sorta una basilica sul Monte San Biagio. Il suo nome è frequente nella toponomastica italiana e di molte nazioni, a conferma della diffusione del culto. Avendo guarito miracolosamente un bimbo cui si era conficcata una lisca in gola, è invocato come protettore per i mali di quella parte del corpo. A quell’atto risale il rito della “benedizione della gola”, compiuto con due candele incrociate e legate tra di loro: benedette come tutte quelle usate in chiesa, il giorno prima nella cerimonia della Candelora
Martirologio Romano: San Biagio, vescovo e martire, che in quanto cristiano subì a Sivas nell’antica Armenia il martirio sotto l’imperatore Licinio.
Poco si conosce della vita di San Biagio, di cui oggi si festeggia la memoria liturgica.
Si sa che fu medico e vescovo di Sebaste in Armeniae che il suo martirio è avvenuto durante le persecuzioni dei cristiani, intorno al 316, nel corso dei contrasti tra gli imperatori Costantino (Occidente) e Licino (Oriente).
Catturato dai Romani fu picchiato e scorticato vivo con dei pettini di ferro, quelli che venivano usati per cardare la lana, ed infine decapitato per aver rifiutato di abiurare la propria fede in Cristo. Si tratta di un Santo conosciuto e venerato tanto in Occidente, quanto in Oriente. Il suo culto è molto diffuso sia nella Chiesa Cattolica che in quella Ortodossa.
Nella sua città natale, dove svolse il suo ministero vescovile, si narra che operò numerosi miracoli, tra gli altri si ricorda quello per cui è conosciuto, ossia, la guarigione, avvenuta durante il periodo della sua prigionia, di un ragazzo da una lisca di pesce conficcata nella trachea. Tutt’oggi, infatti, il Santo lo si invoca per i “mali alla gola”.
Inoltre San Biagio fa parte dei quattordici cosiddetti santi ausiliatori, ossia, quei santi invocati per la guarigione di mali particolari.Venerato in moltissime città e località italiane, delle quali, di molte, è anche il santo patrono, viene festeggiato il 3 febbraio in quasi tutta la penisola italica.
È tradizione introdurre, nel mezzo della celebrazione liturgica, una speciale benedizione alle “gole” dei fedeli, impartita dal parroco incrociando due candele (anticamente si usava anche olio benedetto). Interessanti sono anche alcune tradizioni popolari tramandatesi nel tempo in occasione dei festeggiamenti del Santo. Chi usa, come a Milano, festeggiare in famiglia mangiando i resti dei panettoni avanzati appositamente a Natale,e chi prepara dei dolci tipici con forme particolari, che ricordano il santo, benedetti dal parroco e distribuiti poi ai fedeli. C’è una sua statua anche su una guglia del Duomo di Milano, la città dove in passato il panettone natalizio non si mangiava mai tutto intero, riservandone sempre una parte per la festa del nostro santo. (E tuttora si vende a Milano il “panettone di san Biagio”, che sarebbe quello avanzato durante le festività natalizie).
A Lanzara, una frazione della provincia di Salerno, per esempio, è tradizione mangiare la famosa “polpetta di San Biagio”.
Nella città di Salemi, invece, si narra che nel 1542 il Santo salvò la popolazione da una grave carestia, causata da un’invasione di cavallette che distrusse i raccolti nelle campagne, intercedendo ed esaudendo le preghiere del popolo che invocava il suo aiuto (san Biagio, infatti, oltre che essere protettore dei “mali della gola” è anche protettore delle messi); da quel giorno a Salemi, ogni anno il 3 di febbraio, si festeggia il Santo preparando i cosiddetti “cavadduzzi”, letteralmente “cavallette”, per ricordare il miracolo, e i “caddureddi” (la cui forma rappresenta la “gola”), che sono dei piccoli pani preparati con acqua e farina, benedetti dal parroco e distribuiti poi ai fedeli. Viene organizzata una spettacolare rappresentazione del “miracolo delle cavallette” che si conclude con l’arrivo alla chiesa del Santo per deporre i doni e farsi benedire le “gole”.
A Cannara, invece, un comune della provincia di Perugia, i festeggiamenti del Santo sono occasione per sfidarsi in antichi giochi di abilità popolani come il “Ruzzolone”, ossia, far rotolare più a lungo possibile delle forme di formaggio per le vie del centro storico, o la famosa corsa dei sacchi. A Fiuggi, invece, la sera prima, si bruciano nella piazza del paese davanti al municipio le “stuzze”, delle grandi cataste di legna a forma piramidale, in ricordo del miracolo avvenuto nel 1298 che vide San Biagio far apparire delle finte fiamme nella città, tanto da indurre le truppe nemiche, che attendevano fuori le mura pronte ad attaccare, a ripiegare pensando d’esser state precedute dagli alleati.
Le reliquie di San Biagio sono custodite nella Basilica di Maratea, città di cui è santo protettore: vi arrivarono nel 723 all’interno di un’urna marmorea con un carico condotto da armeni, che da Sebaste doveva giungere a Roma, viaggio poi interrotto a Maratea, unica città della Basilicata che si affaccia sul Mar Tirreno, a causa di una bufera.
Si racconta che la le pareti della attuale Basilica, sull’altura detta ora Monte San Biagio, sulla cui vetta fu eretta nel 1963 l’enorme statua del Redentore, alta 21 metri, e più avanti anche la statua in cima alla Basilica, stillarono una specie di liquido giallastro che i fedeli raccolsero e usarono per curare i malati. Già Papa Pio IV nel 1563, allora vescovo, riconobbe tale liquido come “manna celeste”.
Non a caso a Maratea il Santo assume una valenza particolare e viene festeggiato per ben 2 volte l’anno; il 3 febbraio, come di consueto, e il giorno dell’anniversario della traslazione delle reliquie, dove i festeggiamenti durano 8 giorni, dal primo sabato di maggio fino alla seconda domenica del mese.
Ma sue reliquie sono sparse un po’ dovunque nel Sud Italia: forse la più particolare ad Avetrana di Taranto, purtroppo diventata famosa alla recente cronaca nera, dove viene conservata la gola del Santo!