276° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Il blocco in corso da 9 mesi continua. La realtà è superiore all’inganno (Korazym 13.09.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 13.09.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi è il primo giorno del decimo mese di blocco dell’Artsakh. Fino a ieri erano trascorsi nove mesi da quando il regimo autocratico dell’Azerbajgian ha bloccato l’accesso alla Repubblica di Artsakh dall’Armenia e dal mondo esterno. Cibo, acqua e medicine scarseggiano, le forniture provenienti dall’esterno della regione non possono entrare nell’enclave e ora l’Azerbajgian ha aumentato la sua presenza militare attorno all’enclave, minacciando una ripresa di una guerra su vasta scala. Questo è un momento di estremo pericolo per gli Armeni che vivono nel Caucaso meridionale.
Da mesi ormai l’Istituto Lemkin per la prevenzione del genocidio mette in guardia la comunità internazionale dalla minaccia di genocidio da parte dell’Azerbajgian. La minaccia deriva non solo dal blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) e dal rifiuto delle forze armate azere di consentire il movimento in ambedue le direzioni di persone, veicoli e merci, ma anche dalla retorica genocida proveniente dai funzionari statali azeri.
Anche se la comunità internazionale abbia compiuto alcuni piccoli passi per contrastare le azioni del regime autocratico azerbajgiano, questi non sono minimamente sufficienti. Occorre esercitare molta più pressione su Ilham Aliyev affinché revochi il blocco, apri il Corridoio di Lachin senza ostacoli e cessi le sue minacce di guerra e genocidio contro gli Armeni nel Caucaso meridionale. L’Istituto Lemkin ha rinnovato per l’ottava volta il suo appello alla comunità internazionale affinché protegga la vita degli Armeni e difende il loro diritto all’autodeterminazione in Artsakh.
Se è possibile aiutare l’Ucraina contro l’aggressione russa, perché non è possibile aiutare anche l’Armenia e l’Artsakh contro l’aggressione azera?
Gli Ambasciatori dell’Azerbajgian in tutto il mondo si sforzano di giustificare le azioni disumane del loro padrone, distorcendo i fatti: non c’è blocco del Karabakh perché la strada di Aghdam è aperta. Leggendo la narrazione della propaganda menzognera del regime autocratica degli Aliyev e le attività dei troll e “diplomatici” azeri sui social media, viene in mente l’espressione di Ennio Flaiano: «Deve esserci qualcuno che continua a spostare la soglia del ridicolo».
Purtroppo, ed è una costatazione che non fa ridere, sempre più Italiani non sanno più riconoscere le fake news e distinguere la menzogna dalla verità, l’ingiustizia dai diritti di un popolo oppresso e vittima di genocidio.
Ieri, 12 settembre 2023, con il giubilo sui social media azeri, un camion con circa 15 tonnellate di aiuti umanitari della Croce Rossa russa è giunto a Stepanakert via Akna (Aghdam)-Askeran. Il primo camion che entra in Artsakh dal 15 giugno 2023. I due camion con “farina umanitaria-filantropica” azeri non sono entrati in Artsakh. Vedremo se, come da “accordi”, che però gli Azeri si erano già rimangiati, verrà “aperto” il Corridoio di Lachin.
Gli aiuti russi ricevuti ieri consistevano in beni identificati come necessità cruciali dal governo dell’Artsakh:
Articoli non alimentari (coperte, lenzuola come richiesto da ospedali e cliniche) – 270 set.
Kit per l’igiene – 200 set (dentifricio, sapone, shampoo).
Kit per neonati (cereali per neonati, vitamine, sapone per neonati, crema per neonati, pannolini per neonati, salviette umidificate per neonati).
Componenti alimentari – 11,4 tonnellate di alimenti, costituiti da 1000 set, con un peso totale di 11,4 kg per set, ciascuno contenente:
Farina di frumento 0,9 kg – 1 unità
Zucchero 1 kg – 1 unità
Riso 2 kg – 1 unità
Lenticchie 500 g – 3 unità
Piselli 1 kg – 1 unità
Granoturco 1 kg – 1 unità
Semola 1 kg – 1 unità
Pasta 0,5 kg – 1 unità
Grano saraceno 0,5 kg – 5 unità
Ieri, 12 settembre 2023, Avvenire ha pubblica un articolo a firma di Nello Scavo [QUI]: «(…) la riapertura del corridoio umanitario di Lachin resta fonte di tensione e ambiguità. Le autorità azere non confermano la completa riattivazione del collegamento verso la regione del Nogorno-Karaback, dove la minoranza armena è di fatto isolata da settimane, ma parla genericamente di disponibilità a concedere il passaggio degli aiuti umanitari.
A partire dal dicembre 2022 alcuni civili azeri che si identificavano come “attivisti ambientali” hanno iniziato a bloccare il corridoio Lachin e nell’aprile 2023 l’Azerbaigian ha stabilito un nuovo checkpoint di sicurezza lungo la strada, interrompendo il flusso di persone e merci tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh, ad eccezione delle evacuazioni mediche urgenti, creando quella che gli Stati Uniti e altri hanno definito una «situazione umanitaria in rapido deterioramento» se non , come ha fatto l’ex procuratore internazionale Momreno-Ocampo, di «tentativo di genocidio», contro i 120mila armeni che vivono in territorio azero. Baku afferma di aver agito per impedire che la strada venisse utilizzata per il contrabbando di armi. Le autorità etniche armene in Karabakh hanno dichiarato sabato di aver accettato di consentire spedizioni di aiuti dal territorio controllato da Baku per la prima volta dopo decenni, in cambio della riapertura del corridoio Lachin. Ma l’attuazione dell’accordo suscita molte incertezze.
I segnali che arrivano sono ambigui. Hikmet Hajiev, consigliere di politica estera del presidente azero Ilham Aliyev, ha negato che Baku abbia raggiunto un accordo con la provincia separatista del Nagorno-Karabakh per riaprire contemporaneamente le strade verso l’Azerbaigian e l’Armenia. Hajiev ha affermato che l’Azerbaigian manterrà il controllo «di frontiera e doganale» sul corridoio di Lachin, che collega il Karabakh all’Armenia.(…)».
Titolo e cappello dell’articolo:
– di Avvenire online:
«La crisi. Armenia, c’è l’accordo sulla riapertura del corridoio umanitario
Dubbi sulla tenuta dell’intesa, che prevede che gli aiuti russi possano transitare verso il Nagorno-Karabakh dove la minoranza armena è isolata da settimane»
– di Avvenire cartaceo:
«Armenia-Usa, alzata di scudi degli azeri
Mosca: La Nato si infiltra nel Caucaso
Dubbi sulla effettiva tenuta dell’accordo sulla riapertura del corridoio di Lachin. L’intesa raggiunta prevede che gli aiuti russi possano transitare verso il Nagorno-Karabakh»
Trovate le differenze e riflettete. Poi gli Armeni in Artsakh non sono minoranza, ma la quasi totalità. Inoltre, gli Armeni di Artsakh sono isolati non da settimane, ma da OTTO MESI. Vedere per credere. Se ci fosse un accordo, si vedrà se il Corridoio di Lachin verrebbe “aperto”. L’inganno è già in questa parola, perché non c’è nessun accordo sulla apertura, perché, se venisse “aperto” sarebbe solo per i Russi e la Croce Rossa e poi chi vivrà vedrà (per quanto durerà quella fantomatica “apertura” ad uso e consumo di una disinformazione di massa). Il grande inganno per far credere al mondo, senza vedere (Che non vuole conoscere la verità ma star attaccato alla canna del gas azero/russo), che non c’è blocco di Artsakh (che secondo Ilham Aliyev comunque non c’è mai stato).
Oggi è il giorno 50 dei 22 camion umanitari armeni bloccati all’ingresso del Lachin di Corridor, a cui si sono aggiunti 2 settimane fa i 10 camion umanitari francesi, in attesa del permesso del regime genocida dell’Azerbajgian di fornire aiuti a 120.000 Armeni condannati alla fame dal genocida #ArtsakhBlockade dell’Azerbajgian.
Mosca si aspetta l’apertura del Corridoio di Lachin tenendo conto degli accordi precedentemente raggiunti, ha dichiarato Maria Zakharova, Portavoce del Ministero degli Esteri russo: «Ci aspettiamo che, tenendo conto dell’intesa raggiunta in precedenza, nel prossimo futuro il Corridoio di Lachin verrà bloccato insieme alla rotta Aghdam».
Il Presidente francese, Emanuel Macron chiede una soluzione al conflitto nel Caucaso meridionale attraverso “l’unica via diplomatica”. La via diplomatica non esiste con l’Azerbajgian che è uno Stato genocida e barbaro, che rinega ogni accordo che firma, incolpando la controparte a violare gli accordi.
Robert Nicholson, il Presidente Fondatore e Direttore esecutivo del progetto Philos, co-Fondatore e membro del Consiglio di Passages Israel, membro del Comitato consultivo de In Defense of Christians e professore a contratto presso il King’s College di New York: «È estremamente allarmante. È piuttosto scioccante vedere che ogni giorno sul posto si registrano violazioni dell’integrità territoriale dell’Armenia da parte dei soldati azeri». Questo nonostante l’accordo tripartito di cessate il fuoco del 9 novembre 2020 (che l’Azerbajgian ovviamente rifiuta di chiamare “cessate il fuoco”). Identiche violazioni quotidiani in Artsakh.
L’Azerbajgian ha definito la bandiera dell’Artsakh sventolata durante la partita di calcio a Yerevan una “provocazione contro l’Azerbajgian”. Immagina come sarebbe la vita per gli Armeni dell’Artsakh “integrati” in Azerbajgian. Possedere la bandiera dell’Artsakh sarebbe un crimine. Esprimere opinioni a sostegno dell’Artsakh sarebbe un crimine.
Il genocidio armeno è un crimine continuo. Dai massacri del 1894-1896 fino al #ArtsakhBlockade 2023, la partitura rimane la stessa: invasori contro i popoli autoctoni armeni. Dal punto di vista dell’invasore, l’esistenza stessa del popolo autoctono rappresenta la minaccia più grande, quindi, deve essere eliminato.
Il Senatore democratico del New Jersey, Presidente del Comitato per le relazioni esteri del Senato degli USA, Robert (Bob) Menendez ha tenuto un discorso nell’aula del Senato, sottolineando la gravità della crisi umanitaria che l’Artsakh si trova ad affrontare, offrendo un toccante appello all’azione: «Il governo di Aliyev in Azerbajgian sta portando avanti una campagna di atrocità atroci che portano i tratti distintivi del genocidio contro gli Armeni nell’Artsakh. Hanno intenzionalmente e brutalmente intrappolato tra i 100.000 e i 120.000 Armeni Cristiani nelle montagne del Karabakh. C’è solo una strada per uscire e collegare il Nagorno-Karabakh all’Armenia per persone, cibo, medicine e beni di prima necessità». Menendez non usa mezzi termini quando mette in guardia l’Azerbajgian per il blocco genocida dell’Artsakh: «Agli uomini che organizzano e attuano questo brutale [blocco]: vi riterremo responsabili dei vostri crimini, anche se ci vorrà una vita». Dire la verità come dovrebbe essere detta sulla pulizia etnica e il genocidio in Artsakh, al contrario del Segretario di Stato, Anthony Blinken, è un atto rivoluzionario.
Il 12 settembre 2023 a Buenos Aires, il Ministro della Difesa dell’Uruguay, Javier García, ha fatto riferimento al #ArtsakhBlockade durante la Conferenza Latinoamericana e Caraibica sulle operazioni di pace delle Nazioni Unite: «Gli Armeni soffrono nell’Artsakh, è una violazione dei diritti umani».
L’Azerbajgian si prepara ad una nuova aggressione militare contro l’Armenia e l’Artsakh
Vahe Gevorgyan, il Vice Ministro degli Esteri della Repubblica di Armenia, ha tenuto un discorso il 12 settembre 2023 a Vienna alla sessione speciale del Consiglio Permanente dell’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa (OSCE), convocata su iniziativa dell’Armenia.
Gevorgyan ha richiamato l’attenzione dei rappresentanti degli Stati partecipanti dell’OSCE sull’aggravarsi della crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh a seguito del blocco illegale del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian da 9 mesi, nonché sulle azioni volte a rafforzare la situazione di sicurezza dalle forze armate azerbajgiane lungo il confine armeno-azerbajgiano e la linea di contatto con il Nagorno-Karabakh.
Gevorgyan ha sottolineato che il blocco disumano imposto dall’Azerbajgian ai 120.000 Armeni del Nagorno-Karabakh e la completa cessazione delle forniture umanitarie, accompagnato dal blocco deliberato delle infrastrutture chiave come l’elettricità e il gas, hanno portato ad una crisi umanitaria estrema, con cui l’Azerbajgian sta prendendo di mira nel Nagorno-Karabakh, che subirà una completa pulizia etnica.
«Il blocco del Nagorno-Karabakh è parte di un quadro più ampio e dell’essenza di decenni di incitamento all’odio contro gli Armeni, di politica di uso e minaccia della forza, di gravi violazioni del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani, che sono segni premonitori di un genocidio premeditato», ha detto Vahe Gevorgyan.
Il Vice Ministro degli Esteri armeno ha sottolineato che l’Azerbajgian dovrebbe ascoltare gli appelli della comunità internazionale e attuare incondizionatamente la decisione della Corte Internazionale di Giustizia, adottata il 23 febbraio 2023 e riaffermata il 6 luglio 2023 per fermare il blocco illegale del Corridoio Lachin e garantire la circolazione senza ostacoli di persone, veicoli e merci tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh in entrambe le direzioni.
Gevorgyan ha sottolineato l’urgenza di garantire un accesso umanitario senza ostacoli al Nagorno-Karabakh e il coinvolgimento delle strutture internazionali competenti sul terreno.
Riferendosi alla situazione della sicurezza nella regione, il Vice Ministro degli Esteri armeno ha condannato il movimento e l’accumulo di personale, armi offensive e attrezzature militari effettuato dall’Azerbajgian lungo il confine con l’Armenia e la linea di contatto con il Nagorno-Karabakh. Ha sottolineato che queste azioni non sono altro che una minaccia della forza, il che dimostra che l’Azerbajgian si sta preparando per una nuova aggressione militare contro l’Armenia e il Nagorno-Karabakh.
«Mentre l’Armenia rimane impegnata a risolvere tutte le questioni in sospeso con l’Azerbajgian esclusivamente attraverso mezzi politici e diplomatici, ci aspettiamo che la comunità internazionale e i nostri partner facciano ogni sforzo e utilizzino i mezzi a loro disposizione per prevenire un’altra aggressione nella nostra regione», ha sottolineato Vahe Gevorgyan.
Il Vice Ministro degli Esteri armeno ha riaffermato l’impegno dell’Armenia per stabilire la stabilità e la pace duratura nella regione, sottolineando che ciò può essere attuato solo in condizioni di esclusione dell’uso della forza e di violazioni di massa dei diritti umani fondamentali. Ha inoltre sottolineato la necessità di particolari sforzi internazionali per garantire i diritti e la sicurezza del popolo del Nagorno-Karabakh e di un forte meccanismo internazionale per il dialogo tra Stepanakert e Baku, che consentirà risultati tangibili nel processo.
Finalmente qualcuno lo dice. Stava diventando nauseante leggere i commenti occidentali secondo cui tutto questo sta accadendo “perché la Russia è distratta e indebolita”: «Gli analisti occidentali sbagliano quando classificano le azioni dell’Azerbajgian come “mentre la Russia è distratta e indebolita”. No, l’Azerbajgian sta facendo tutto questo proprio a causa della Russia» (Isa Yusibov, Consigliere senior per gli affari esteri e la politica di difesa presso il Parlamento dei Paesi Bassi).
Il discorso del Presidente russo alla sessione plenaria del Forum Economico Orientale a Vladivostok, 12 settembre 2023
«Vladimir Putin ha ufficialmente rinunciato ai doveri di sicurezza della Russia nei confronti del Nagorno-Karabakh, attribuendo la colpa all’Armenia. In tal modo, il Presidente russo ha anche annullato la dichiarazione [tripartita] rilasciata il 9 novembre 2020, in cui delineava gli impegni della Russia nella regione. Come e perché è successo questo? Putin non ha incolpato l’Azerbajgian, che ha bloccato il Nagorno-Karabakh da nove mesi, per la grave crisi umanitaria che ne è derivata.
Ha invece accusato il governo armeno di essere responsabile della crisi. Putin ha affermato che il riconoscimento da parte di Nikol Pashinyan dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian, compreso il Nagorno-Karabakh, ha chiuso la questione dello status del Karabakh e limitato le opzioni di Mosca.
Putin non ha spiegato perché l’Azerbajgian ha ripetutamente violato la dichiarazione del 9 novembre 2020, ad esempio omettendo di restituire i prigionieri di guerra Armeni. Inoltre, non ha spiegato perché la Russia sostiene la richiesta dell’Azerbajgian per un “Corridoio di Zangezur” attraverso il territorio armeno. Inoltre, Putin non ha spiegato perché la Russia non è intervenuta per impedire all’Azerbajgian di bloccare l’Artsakh.
L’Armenia ha sempre riconosciuto l’integrità territoriale dell’Azerbajgian. Ciò è stato stabilito nella Dichiarazione di Alma-Ata sulla creazione della Comunità degli Stati Indipendenti nel 1991. Inoltre, la stessa Russia ha riconosciuto l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, compreso il Nagorno-Karabakh, nella Dichiarazione di Alma-Ata. Dopo il 9 novembre 2020, Putin ha dichiarato pubblicamente per due volte che il Nagorno-Karabakh è territorio dell’Azerbajgian secondo il diritto internazionale.
Il 22 febbraio 2022 [due giorni prima invasione Forze armate della Federazione Russa dell’Ucraina del 24 febbraio 2022], la Russia ha firmato una dichiarazione di alleanza con l’Azerbajgian, in cui ha ribadito il riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian. Nel primo punto della dichiarazione dell’alleanza Putin-Aliyev, Russia e Azerbajgian riconoscono reciprocamente l’integrità territoriale e si impegnano a non interferire reciprocamente negli affari interni.
Ciò significa che la Russia ha riconosciuto il Nagorno-Karabakh come parte dell’Azerbajgian prima a quando lo ha fatto l’Armenia (ottobre 2022). Come può ora la Russia incolpare l’Armenia per aver riconosciuto l’integrità territoriale dell’Azerbajgian? Putin si è impegnato a riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian nella dichiarazione di alleanza, ma ora incolpa l’Armenia di fare lo stesso?
Lo stesso Putin considera il Nagorno-Karabakh una questione interna dell’Azerbajgian. Perché ora accusa l’Armenia di riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian? Secondo la clausola 11 della Dichiarazione dell’Alleanza Russia-Azerbajgian, la Russia e l’Azerbajgian si impegnano a sopprimere le attività di organizzazioni e individui nei loro territori che cercano di minare la sovranità statale, l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’altra parte.
Tuttavia, Putin ora incolpa l’Armenia per aver riconosciuto l’integrità territoriale dell’Azerbajgian. In altre parole, Putin accusa Pashinyan di non aver presentato rivendicazioni territoriali all’Azerbajgian. Nel frattempo, Putin si è impegnato a prevenire attività che minano l’integrità territoriale dell’Azerbajgian. Come possiamo comprendere le azioni contraddittorie del Presidente russo?
L’Armenia è stata costretta a riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian dopo l’attacco militare del 13 settembre 2022, quando furono occupati 150 chilometri quadrati di territorio armeno.
A proposito, un anno fa, il 7 settembre 2022, Nikol Pashinyan ha partecipato al Forum economico orientale insieme a Vladimir Putin a Vladivostok. Ho informazioni da dietro le quinte secondo cui durante quell’incontro Pashinyan avvertì Putin che l’Azerbajgian stava preparando un attacco all’Armenia e chiese assistenza per prevenirlo. Putin ha detto che avrebbe parlato con Aliyev. Tuttavia, 5 giorni dopo l’incontro Putin-Pashinyan, il 13 settembre, l’Azerbajgian ha attaccato l’Armenia e ha occupato 150 chilometri quadrati del territorio armeno.
Aliyev ha dichiarato che poiché l’Armenia non riconosce l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, neanche Baku riconosce l’integrità territoriale dell’Armenia. E le truppe russe di stanza in Armenia si sono rifiutate di adempiere ai loro doveri di sicurezza nei confronti dell’Armenia.
L’Azerbajgian ha poi lanciato attacchi, costringendo l’Armenia a riconoscere la sua integrità territoriale. Se Putin avesse voluto che l’Armenia resistesse agli attacchi dell’Azerbajgian e non riconoscesse il suo territorio, non avrebbe dovuto rinunciare alla responsabilità di garantire la sicurezza dell’Armenia. Sia l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) che la Russia hanno respinto le richieste di assistenza militare dell’Armenia.
Sembra che la Russia non voglia che il conflitto del Nagorno-Karabakh venga risolto. Putin non è riuscito a convincere Aliyev nell’autunno del 2022 a rinviare la decisione sullo status del Karabakh, e ora sta incolpando l’Armenia per la sua incapacità.
La Russia, infatti, non è in grado di adempiere ai propri compiti di sicurezza nel Nagorno-Karabakh e incolpa Yerevan. Inoltre, la Russia prevede che l’Azerbajgian intraprenderà presto un’azione militare contro il Nagorno-Karabakh e l’Armenia, e da oggi evita di assumersi la responsabilità. In un certo senso, Putin sta spingendo l’Azerbajgian ad attaccare militarmente.
Perché se l’Azerbajgian non avesse attaccato il Nagorno-Karabakh fino ad ora, pensando che forse la Russia avrebbe interferito, Putin gli ha assicurato apertamente che le forze di mantenimento della pace russe non impediranno un attacco su larga scala all’Artsakh.
La dichiarazione più sensazionale di Putin è che spera che l’Azerbajgian non ricorra alla pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh: «Naturalmente, qui sorgono altre questioni legate alla componente umanitaria e al mandato delle nostre forze di mantenimento della pace. Il mandato è ancora valido. Ma le questioni di natura umanitaria, ovvero il fatto che lì non è consentito alcun tipo di pulizia etnica, ovviamente, non sono scomparse, e sono pienamente d’accordo con questo. Spero che la leadership dell’Azerbajgian, come ha sempre detto, non sia interessata alla pulizia etnica, al contrario, sia interessata a che questo processo proceda in modo piano».
Riuscite ad immaginare: Vladimir Putin, che ha promesso sicurezza a 120.000 Armeni nel Nagorno-Karabakh dopo la guerra del 2020, invitandoli a tornare nel Nagorno-Karabakh e assicurando loro che le forze di mantenimento della pace russe avrebbero garantito la sicurezza, oggi spera solo che l’Artsakh non subisca pulizia etnica.
Putin ha l’abitudine di dire cose che non dovrebbe dire pubblicamente. Mi chiedo quale processo dovrebbe andare piano. Il processo di pulizia etnica degli armeni del Nagorno Karabakh andrà piano? In ogni caso, Putin non parla d’altro che di pulizia etnica.
Non mi sorprende affatto che, dopo aver iniziato una guerra criminale contro l’Ucraina, la Russia rifiuti i suoi obblighi di sicurezza nei confronti del Nagorno-Karabakh. Quei funzionari che si sono fidati e hanno creduto alle garanzie di sicurezza di Putin sono colpevoli.
È interessante notare che Putin è stato interrogato anche sulle esercitazioni militari armeno-americane, sulla visita della moglie di Nikol Pashinyan a Kiev e sul trasferimento di aiuti umanitari, nonché sulle dure valutazioni critiche espresse dal Presidente del Parlamento armeno nei confronti del Portavoce del Ministero degli Esteri russo. Tuttavia, Putin non ha affrontato in alcun modo questi problemi.
Inoltre non ha risposto perché la CSTO non adempie ai suoi obblighi di sicurezza nei confronti dell’Armenia. Putin ha solo detto che è in contatto con Nikol Pashinyan e che non vi è alcuna situazione caotica nelle relazioni armeno-russe» (Roberto Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
«Le dure conseguenze del neocolonialismo russo in Armenia. L’esplosione delle relazioni armeno-russe si è verificata quando il Primo Ministro armeno ha annunciato che la dipendenza unilaterale dalla Russia nel campo della sicurezza era un errore strategico e che l’Armenia sta cercando di bilanciare il sistema di sicurezza. Questa era una constatazione della realtà, una valutazione che avrebbe dovuto essere fatta decenni fa, quando la Russia vendeva armi per miliardi di dollari all’Azerbajgian, che si preparava alla guerra contro il Nagorno-Karabakh e l’Armenia.
Il governo armeno ha fatto appello al Parlamento affinché ratificasse lo Statuto di Roma, la moglie di Pashinyan ha visitato Kiev e ha fornito aiuti umanitari all’Ucraina, e sono state lanciate esercitazioni di mantenimento della pace armeno-americane. Queste azioni hanno suscitato dure reazioni da parte di Lavrov, dei Viceministri degli Esteri russi, di Peskov e Zakharova. In precedenza l’Ambasciatore armeno è stato chiamato al Ministero degli Esteri russo e gli è stata consegnata una nota di protesta.
Il 12 settembre, Vladimir Putin ha finalmente parlato, rispondendo sostanzialmente alle accuse di Nikol Pashinyan. Il Presidente russo ha accusato l’Armenia dell’inazione della Russia, accusandola di riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian. In altre parole, Putin sta spingendo l’Armenia a presentare una rivendicazione territoriale all’Azerbajgian in modo che la Russia possa continuare a “scaldarsi le mani” sul conflitto armeno-azerbajgiano e garantire l’eterna influenza della Russia nel Caucaso meridionale a costo del sangue di entrambi. nazioni.
Sebbene Putin non ne abbia parlato, la Russia non si rassegna all’idea che l’Armenia possa formare un partenariato di sicurezza con l’Occidente. L’Armenia acquista armi anche dall’India e da altri Paesi. L’Armenia ha pagato milioni di dollari alla Russia affinché i Russi fornissero armi, ma non forniscono armi e stanno anche cercando di impedire all’Armenia di diversificare il proprio sistema di sicurezza.
Se formuliamo brevemente ciò che ha detto la Russia, è il seguente: anche se c’è il grande pericolo che l’Armenia venga occupata dall’Azerbajgian, anche in quel caso Yerevan non dovrebbe acquistare armi da altri Paesi e non dovrebbe cooperare con l’Occidente nel campo della sicurezza.
I Russi ci dicono: siate massacrati, siate uccisi, non vi sosterremo, ma non oserete cooperare con nessuno Stato diverso dalla Russia. Questo è il classico pensiero assurdo neocoloniale russo.
In altre parole, la Russia ha rifiutato di rinunciare ai suoi doveri di sicurezza nei confronti dell’Armenia, ma si arrabbia quando Yerevan cerca di sopravvivere. La Russia ha espresso valutazioni estremamente dure nei confronti di Yerevan quando l’Armenia ha acconsentito alla presenza di Osservatori dell’Unione Europea sul suo territorio. Perché?
La Russia ha sempre ritenuto che l’Armenia fosse il suo avamposto nel Caucaso meridionale, che il conflitto armeno-azerbajgiano dovesse sempre continuare, il che consente a Mosca di avere una presenza militare nel Caucaso meridionale.
Ora, infatti, l’Armenia vuole condividere quel ruolo e sta facendo alcuni piccoli passi, ad esempio portando Osservatori dell’Unione Europea nella regione. Immaginiamo che l’Iran, che ha una posizione estremamente negativa nei confronti dell’Occidente, non abbia impedito l’ingresso degli osservatori dell’Unione Europea in Armenia e non abbia condannato le esercitazioni di mantenimento della pace armeno-americane.
Penso che l’Iran capisca che anche il rafforzamento della sovranità e della sicurezza dell’Armenia, anche con l’aiuto dell’Occidente, è nell’interesse dell’Iran. Più forte e sicura sarà l’Armenia, più protetti saranno il confine settentrionale dell’Iran e Syunik. In altre parole, gli interessi dell’Iran e dell’Occidente coincidono con la sovranità e la sicurezza dell’Armenia.
La Russia mantiene ancora lo stereotipo secondo cui l’Armenia è una sua colonia e non può condurre una politica estera indipendente. Questa è una conseguenza della politica completamente sbagliata delle autorità armene dagli anni ’90 fino agli ultimi anni.
I leader armeni hanno perso la loro immunità di sicurezza nazionale e non hanno considerato pericolosa l’integrazione dell’Armenia con la Russia nei progetti di sicurezza, economici ed energetici.
L’Armenia ha aderito all’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), all’Unione Economica Eurasiatica (EEU), e ha dispiegato una base militare russa nel suo territorio, ma ciò non ha portato ad un aumento del livello di sicurezza dell’Armenia. E ora l’Armenia registra questo fatto, affermando che è stato un errore strategico dipendere dalla Russia nel campo della sicurezza.
Ieri Putin non ha smentito la valutazione di Pashinyan, ma ha giustificato il motivo per cui la Russia sta abbandonando le sue responsabilità di garante della sicurezza nel Nagorno-Karabakh.
La Russia non è abituata a vedere l’Armenia prendere decisioni sovrane, come l’invio di aiuti umanitari all’Ucraina o il boicottaggio dei formati CSTO.
Il fatto che la dipendenza dalla Russia per la sicurezza fosse un errore strategico è stato dimostrato durante la guerra dei 44 giorni del 2020. Nel 2020, oltre il 95% dell’arsenale dell’esercito armeno era costituito solo da armi russe. Erano tecnologicamente obsoleti. La Russia ha spesso fornito all’Armenia armi di bassa qualità bisognose di riparazioni, il che ha creato un rapporto disuguale rispetto all’Azerbajgian.
La Russia ha utilizzato il fattore di dipendenza unilaterale in termini di sicurezza dell’Armenia per sostenere la vittoria dell’Azerbajgian e in cambio per dispiegare un contingente militare in Karabakh. Russia e Bielorussia hanno fornito il 67% dell’arsenale dell’Azerbajgian nel periodo 2011-2020.
Le forze filo-russe dell’Armenia hanno spiegato la vendita di armi russe all’Azerbajgian con il fatto che il Cremlino ha così assicurato l’equilibrio. Nel frattempo, il Cremlino ha aiutato l’Azerbajgian a modificare l’equilibrio militare a suo favore, e la parte armena ha perso la guerra.
Nel 2017, il Consiglio di Sicurezza dell’Armenia ha condotto uno studio, secondo il quale l’Armenia ha perso 10 volte contro l’Azerbajgian in termini di infrastrutture critiche, e se contiamo anche le infrastrutture militari, energetiche e di trasporto, l’Armenia ha perso 21 volte contro l’Azerbajgian.
Inoltre, l’Armenia ha trascorso l’intera guerra di 44 giorni in condizioni di blocco totale, e la Russia quasi non ha fornito armi. Naturalmente, la Russia non avrebbe nemmeno sostenuto la vittoria dell’Armenia nella guerra, perché aveva un piano con l’Azerbajgian e la Turchia per risolvere la questione del Nagorno-Karabakh attraverso la guerra e dispiegare un contingente militare in Karabakh.
Il popolo armeno ha pagato a caro prezzo i propri errori di calcolo. L’occupazione russa dell’Armenia è avvenuta inizialmente a livello ideologico. Il Cremlino e le forze al suo servizio in Armenia, che governano da decenni, hanno inventato la tesi secondo cui se la Russia non sarebbe la potenza dominante nel Caucaso meridionale, allora lo sarebbe la Turchia, quindi hanno affermato che siamo costretti a scegliere il Russi.
Le autorità armene hanno permesso che il “cavallo di Troia” russo fosse in Armenia e non hanno fatto nulla per costruire un sistema di sicurezza sovrano. Oggi, tuttavia, la maggioranza dei cittadini armeni si è sbarazzata del falso mito secondo cui la Russia è il nostro salvatore. Direi che si è trattato di un sabotaggio psicologico e ideologico contro la società armena, ispirato dall’idea che la Russia è nemica dell’Azerbaigian e della Turchia, quindi è nostra alleata e ci salverà.
La Russia gioca apertamente. E se fino a poco tempo fa c’erano dubbi, la dichiarazione sull’alleanza strategica firmata da Putin e Aliyev il 22 febbraio 2022 dimostra che Russia e Azerbajgian sono alleati e che le forze di pace russe non sono lì per garantire la sicurezza del Nagorno-Karabakh. ma avere la Russia come mezzo di pagamento per commerciare con l’Azerbaigian.
In questo caso, l’espressione “meglio tardi che mai” è per l’Armenia. Se l’Armenia, dopo la sconfitta nella guerra del 2020, non avesse notato che la sua dipendenza dalla Russia in termini di sicurezza avrebbe prima o poi portato alla perdita della sua indipendenza, lo scenario di diventare una provincia russa sarebbe diventato del tutto possibile.
Inoltre, questo realizza una parte significativa dei cittadini armeni. In altre parole, la riduzione della dipendenza dalla Russia è una richiesta pubblica in Armenia. Dopo la guerra, le forze politiche al servizio del Cremlino in Armenia chiesero l’adesione allo Stato federato di Russia e Bielorussia. Tra questi, il Secondo Presidente ne ha parlato più apertamente. Ha perso le elezioni parlamentari.
L’Armenia dovrebbe gradualmente liberarsi dalla dipendenza della Russia in termini di sicurezza, energia, economia e informazione, le forze politiche al servizio della Russia dovrebbero essere neutralizzate e i canali televisivi russi dovrebbero essere chiusi. Se non adottiamo misure concrete, l’Armenia continuerà a essere in pericolo. La strategia di profonda cooperazione con gli Stati Uniti e l’Unione Europea non ha alternative» (Roberto Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]