27-1 – Un Giorno della Memoria per tutti i genocidi del Novecento (Orwell.live 27.01.20)
l cosiddetto “secolo breve” è stato anche il più sanguinoso caratterizzato da persecuzioni politiche, religiose o etniche che hanno colpito molti popoli
Oggi è il “Giorno della Memoria” giorno in cui, in tutto il mondo, si commemorano le vittime dell’Olocausto. Una commemorazione ufficiale che, però, è relativamente recente, essendo stata istituita solo nel 2005, con la risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Si scelse il 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa entrarono nel campo di concentramento di Auschwitz liberandone i detenuti.
Anche in Italia la dicitura parte da quella ferita, per poi però citarne altre: «…ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati». Così recita la legge nazionale sul 27 gennaio.
In questo giorno, quindi, è giusto che la Memoria percorra anche tutti gli altri olocausti – e sono molti – che hanno insanguinato l’Europa e il Mondo nel Novecento. Facciamo quindi menzione, qui, dei più terribili.
Armeni
Il primo genocidio del ’900 fu, appunto ,quello perpetrato contro il popolo armeno. Fu ordinato, tra il 1915 e 16, dal governo dei cosiddetti “Giovani Turchi”, allora alla guida dell’Impero Ottomano, mirando all’eliminazione fisica o alla deportazione, di questa popolazione, di religione cristiana che abitava l’area anatolica fin dal VII secolo a.C. Negli eccidi, dal 1915 agli anni successivi, perirono i due terzi degli armeni residenti nell’Impero Ottomano, ovvero almeno 1 milione e mezzo di persone. Molti bambini furono forzatamente islamizzati e le donne rese schiave sessuali.
Cristeros
«La Chiesa è la sola causa di tutte le sventure del Messico». Con questa convinzione il presidente messicano Plutarco Elias Calles, nel 1926, diede vita a una serie di persecuzioni anticattoliche, con distruzione di chiese espulsione dei sacerdoti e perdita dei diritti civili di chi faceva confessione di fede. A partire dal 1 agosto 1926, in tutto il Messico non si poterono più celebrare né la Santa messa né i sacramenti, se non clandestinamente. Questa persecuzione generò la rivolta dei cosiddetti “Cristeros”, che furono trucidati a migliaia nelle varie regioni dell’immenso Paese centramericano. Le rivolte cattoliche terminarono solo nel 1941, con un bilancio stimato in 80mila morti.
Ucraini
Carestia e repressione politica da parte del governo comunista sovietico: un doppio tacco che schiacciò il popolo ucraino negli anni ’30, segnandone il destino. Tanto che quella terrificante pagina di storia ha un nome: Holodomor. Dal 1932, accusati da Mosca di contestare il sistema della proprietà collettiva, gli ucraini furono oggetto di una brutale repressione dei bolscevichi, con la misura della requisizione di tutte le risorse agricole che portò in brevissimo tempo alla fame totale tutta la popolazione della repubblica da poco proclamata. Vi sono documenti che dinostrano con certezza la premeditazione della condanna imposta al popolo ucraino. Il conto delle vittime, nonostante la difficoltà di reperire dati ufficiali a distanza di ormai 90 anni, è terribile: almeno 6 milioni di persone, forse più, persero la vita per fame, stenti ed esecuzioni sommarie.
Kulaki
Lo sterminio per fame e stenti degli ucraini aveva del resto un precedente su cui poggiare: quello dei “kulaki”, i piccoli proprietari terrieri della Russia contadina, che furono i primi a sperimentare sulla propria pelle l’eliminazione programmata dal nuovo regime comunista. La colpa dei kulaki fu quella di non essere in linea con la “nuova politica economica” imposta da Lenin e quando, nel 1922, prese il potere Stalin, egli diede il via alla “collettivizzazione”, così i kulaki divennero, a tutti gli effetti, nemici dello Stato. Iniziò allora un vero e proprio rastrellamento nelle campagne e i kulaki finirono nei campi di concentramento (i gulag) della Siberia. Anche qui la cifra esatta dei deportati, torturati e massacrati non si è mai saputa, ma si tratta comunque di milioni di persone: un’intera classe sociale che costituiva lo scheletro economico della Russia zarista che scomparve in una tomba di ghiaccio.
Cosacchi
Si rimane, purtroppo, nella Unione sovietica dopo la rivoluzione del 1917. Il popolo Cosacco era sempre stato fedele allo zar e i suoi soldati ne erano la guardia. Per questo a decine di migliaia morirono opponendosi alla rivoluzione. L’episodio più odioso, però, avviene alla fine della Seconda guerra mondiale. Nel corso di questa, i Cosacchi si arruolarono in massa nell’esercito tedesco per combattere contro i sovietici e vendicare così gli stermini del 1917-20. Nel 1944 i Cosacchi armati, con le loro famiglie e i loro Pope cristiano, si stabilirono in Italia, nella Carnia friulana, dove avevano avuto la promessa di poter costruire una loro comunità. A guerra finita si rifugiarono in Austria, consegnandosi alle truppe inglesi. Stalin però fu irremovibile e obbligò l’alleato inglese a rimandare in Russia uomini donne e bambini, circa 50mila persone. Migliaia di loro si suicidarono ancora prima di partire. Nessuno di loro restò in vita.
Foibe
Questa volta parliamo di italiani. Più di 12.000 quelli gettati nelle cavità carsiche, spesso ancora vivi, dai partigiani partigiani comunisti jugoslavi. Oltre 350.000 quelli costretti a lasciare tutto e fuggire in quello che è stato il primo esempio di quella “pulizia etnica” che caratterizzò la regione balcanica, anche dopo la morte di Tito negli anni ’80. A loro è dedicato il Giorno del Ricordo, il 10 febbraio e, in quella data, torneremo a parlarne.
Altri genocidi “dimenticati”
Oltre alle molte guerre sanguinose, Sudest asiatico e Africa, nel dopoguerra, hanno un primato in fatto di stragi e genocidi. Forse il più gigantesco è quello commesso in Cambogia dai cosiddetti “khmer rossi” di Pol Pot che fecero almeno 3 milioni di vittime negli anni ’70. In Africa, dal 1994, i massacri per puro odio razziale tra Hutu e Tutsi hanno portato alla morte, principalmente nel Ruanda, di almeno un milione e mezzo di persone. Più recentemente, in Sud Sudan la guerra civile fra l’etnia Dinka (islamica al governo) e Nuer (cristiana) si è trasformata in una vera e propria pulizia etnica ai danni di quest’ultima, anche qui con milioni di morti e di sfollati.