258° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. La guerra in Ucraina non deve far trasformare gli Armeni in vittime di un genocidio collaterale (Korazym 26.08.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 26.08.2023 – Vik van Brantegem] – Gurgen Nersisyan, Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, ha ribadito il suo punto di vista sulla risoluzione dell’attuale disastro umanitario. Ha sottolineato la necessità di coinvolgere la Russia e tutti gli attori rilevanti interessati alla causa nell’organizzazione dei colloqui con l’Azerbajgian. Ha proposto che l’incontro si tenga presso il quartier generale delle forze di mantenimento della pace russe in Artsakh o in un luogo sicuro alternativo, con l’inclusione di mediatori terzi.

«L’Azerbajgian e la Russia hanno creato una situazione di stallo, che è pericolosa. Abbiamo informazioni che al momento si è creata una situazione di crisi con i mediatori internazionali riguardo all’organizzazione di un incontro tra i rappresentanti del Nagorno-Karabakh e dell’Azerbajgian in un Paese terzo. L’ostacolo all’incontro è il massimalismo e la distruttività dell’Azerbajgian. La posizione distruttiva dell’Azerbajgian è stata rafforzata grazie alla Russia. Lascia che vi racconti come è successo.
Gli Stati Uniti hanno fatto almeno due tentativi per organizzare un incontro Baku-Stepanakert in un Paese neutrale. Si è parlato anche dell’avvio di un meccanismo internazionale, il che significa che nella sala d’incontro con i rappresentanti di Baku e Stepanakert dovrebbero essere presenti anche mediatori internazionali.
È probabile che nella sala delle trattative Karabakh-Azerbajgian avrebbero dovuto essere presenti diplomatici europei o americani, ma non russi. Il primo incontro avrebbe dovuto svolgersi a Sofia, ma l’Azerbajgian ha mostrato un comportamento distruttivo e ha rifiutato l’idea della presenza di mediatori internazionali nella sala dei negoziati.
Il Nagorno-Karabakh senza un meccanismo internazionale non parteciperà ai negoziati con Baku, poiché ciò equivarrebbe a una sottomissione ad un ultimatum dell’Azerbajgian con il ricatto e la minaccia di una nuova guerra. Nel frattempo, il superamento del conflitto non possa avvenire sotto il ricatto e le minacce dell’Azerbajgian. Il Nagorno Karabakh deve essere ascoltato, avere l’opportunità di presentare il suo piano, negoziare e presentare i suoi meccanismi di sicurezza e diritti. Non può esserci pace se non si tengono conto degli interessi degli Armeni del Nagorno-Karabakh.
Gli Stati Uniti recentemente hanno tentato di organizzare il secondo incontro, ma l’Azerbajgian ha mostrato ancora una volta un atteggiamento distruttivo, con il sostegno della Russia in questa materia. Azerbajgian e Russia hanno suggerito contemporaneamente che invece che in un Paese neutrale, l’incontro Baku-Stepanakert dovrebbe svolgersi a Yevlakh, in Azerbajgian. È chiaro il motivo per cui l’Azerbajgian vuole organizzare l’incontro sul suo territorio, per presentare la questione come una questione interna. E la Russia ha un interesse specifico nell’organizzare un incontro tra l’Azerbajgian e il Nagorno.Karabakh nella città di Yevlakh. Mosca vuole rimuovere il processo negoziale tra Azerbajgian e Nagorno-Karabakh dai formati dei mediatori occidentali, in modo che possa partecipare allo sviluppo di soluzioni.
L’obiettivo principale della Russia è mantenere le sue truppe in Karabakh e sa che deve sostenere l’Azerbajgian per rimanere in Karabakh. Spingere l’Occidente fuori dal processo è un interesse congiunto russo-azerbajgiano, che sta accadendo in questo momento.
Sì, l’Azerbajgian e la Russia hanno creato questa situazione. Ma gli USA e l’Unione Europea sono membri responsabili della comunità internazionale e sono obbligati a trovare soluzioni volte a prevenire la pulizia etnica. Affinché ciò accada, l’Azerbajgian deve essere costretto ad abbandonare la sua posizione distruttiva e ad incontrare Stepanakert in un Paese neutrale attraverso un meccanismo internazionale.
Se ciò non dovesse accadere, il genocidio degli Armeni si ripeterà. Ciò causerà problemi più grandi alla comunità internazionale. Sarebbe più economico fare pressione oggi sull’Azerbajgian per riportarlo nel processo piuttosto che affrontare in seguito le conseguenze del genocidio.
Se non verranno introdotte delle garanzie sui diritti e sulla sicurezza della popolazione del Nagorno Karabakh, che consentiranno alla popolazione locale di sentirsi sicura e protetta, non potrà esserci una pace duratura. Evitando un incontro con Stepanakert attraverso un meccanismo internazionale, l’Azerbajgian rifiuta anche di discutere lo scenario delle garanzie riconosciute a livello internazionale.
L’Azerbajgian non vuole assumersi alcun obbligo internazionale nei confronti degli Armeni del Nagorno-Karabakh. L’Azerbajgian invita gli Armeni del Nagorno-Karabakh a Baku o a Yevlakh per non fornire alcuna garanzia fondamentale di sicurezza e diritti. Perché viene fatto questo? L’Azerbajgian mira a firmare un trattato di pace con l’Armenia, in cui non si farà menzione del Karabakh. E risolvere la questione dei diritti e della sicurezza degli Armeni del Nagorno-Karabakh attraverso la legislazione dell’Azerbajgian, considerandola una questione interna.
A lungo termine, l’Azerbajgian creerà condizioni disumane per la vita degli Armeni nel Nagorno-Karabakh, costringendoli ad andarsene. A lungo termine, l’Azerbajgian cambierà il quadro demografico del Nagorno-Karabakh deportando gli Armeni con metodi blandi. Ma questo è uno scenario ottimistico. C’è un pericolo maggiore che l’Azerbajgian scateni una nuova guerra e occupi il Nagorno-Karabakh. Questo è l’obiettivo dell’Azerbajgian, che evita di incontrarsi con il Nagorno-Karabakh con mediatori internazionali.
Non possa esserci pace senza l’introduzione di un sistema di sicurezza e di tutela dei diritti che soddisfi gli Armeni del Nagorno Karabakh» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Analisi che fa riflettere. La posizione dell’Azerbajgian è chiara: all’interno dei suoi confini non esiste una regione chiamata Artsakh/Nagorno-Karabakh. Esiste solo la “regione economica del Karabakh dell’Azerbajgian”. E sono affari interni dell’Azerbajgian.

La Russia tiene in ostaggio l’Artsakh/Nagorno-Karabakh, lascia morire la sua gente, punisce l’Armenia e la costringe a sottomettersi a Mosca, perché l’Armenia è l’unico alleato della Russia nel Caucaso. Senza l’Armenia, la NATO prenderà il controllo del Caucaso. L’Artsakh/Nagorno-Karabakh è un’arma di pressione della Russia sugli Armeni.

«Le autorità russe stanno portando avanti procedimenti penali contro membri armeni della società civile russa. Il Tribunale di Mosca ha tenuto in arresto per due mesi il co-Presidente del movimento Golos, Grigory Melkonyants, riconosciuto come “agente straniero”. Inoltre, il Ministero degli Interni russo ha annunciato la ricerca della giornalista Karen Shahinyan. Nel 2023 Rosfinmonitoring ha incluso il nome di Karen nell’elenco degli estremisti.
La propaganda anti-armena ha cercato di convincere i Paesi occidentali che l’Armenia è uno stato satellite della Russia e che gli Armeni sono i principali propagandisti del Cremlino. Non sono stati menzionati Armeni come Grigory Melkonyants, che hanno combattuto per decenni per tenere elezioni libere ed eque in Russia. Il difensore dei diritti umani Grigory Melkonyants ha 42 anni; è nato ad Astrakhan e di professione è avvocato. Golos, da lui guidato, ha riferito negli anni precedenti di intimidazioni nei confronti degli elettori russi, frodi e violazioni delle leggi elettorali.
Si prevedono elezioni importanti in 40 distretti della Russia. Ad esempio, a Mosca verrà eletto un sindaco e in altri 39 distretti verranno eletti i sindaci, le autonomie locali e i consigli comunali. Anche in una situazione in cui l’opposizione in Russia viene repressa, Putin ha timori. Per questo ha smantellato il movimento Golos prima delle elezioni. I membri della società civile esistente in Russia sono in prigione, sono stati uccisi o deportati.
Karen Shahinyan e Grigory Melkonyants, in quanto rappresentanti della nazione armena nella società civile russa, lottano da decenni per raggiungere la democratizzazione della Russia. Prima di lasciare la Russia, Karen Shahinyan ha lavorato anche presso la stazione televisiva Dozhd. Dal 2020, Karen Shahinyan gestisce un canale YouTube in cui parla e pubblica video sulle persone LGBT e sui loro problemi. Più recentemente, ha discusso delle gravi conseguenze dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. All’inizio della guerra russo-ucraina si trasferì in Germania. Poco dopo, il Ministero della Giustizia della Federazione Russa l’ha classificata come agente straniero.
Naturalmente, la propaganda anti-armena non riporterà che l’Armenia ha vietato ad alcuni individui armeni impegnati nella propaganda del Cremlino di entrare nel suo territorio. In Armenia, la principale propagandista del Cremlino Margarita Simonyan, suo marito Tigran Keosayan, il giornalista russo-armeno Aram Gabrielyanov, il direttore del Centro per lo studio del Medio Oriente e dei Paesi dell’Asia centrale, il politologo Semyon Baghdasarov e altri Armeni sono stati dichiarati persone indesiderati, a cui è vietato entrare in Armenia. Queste persone sostengono la guerra distruttiva della Russia contro l’Ucraina. Sebbene queste persone abbiano origine armena, non sono cittadini armeni; servono la Russia di Putin e le loro attività disumane non possono essere attribuite a tutti gli Armeni o all’Armenia. Anche Konstantin Zatulin, Presidente del Comitato per gli affari della CSI, l’integrazione eurasiatica e le relazioni con i compatrioti russi, è stato considerato una persona indesiderata in Armenia.
La Russia non vanta una lunga storia di democrazia. Forse solo i primi anni ’90 possono essere considerati un periodo di potenziale sviluppo democratico, ma la leadership di Putin ha mandato in frantumi le prospettive di instaurazione della democrazia. La brutale aggressione contro l’Ucraina negli ultimi 9 anni ha trasformato la Russia in uno stato pericoloso per il pianeta. In Russia prevale un regime dittatoriale che rappresenta una minaccia per tutta l’umanità, e incombe ancora lo spettro dell’impiego di armi nucleari.
Sono rincuorato di avere compatrioti come Karen e Grigory che hanno rischiato la vita per lottare per una Russia democratica. Si spera che questa terribile guerra culmini nella sconfitta della Russia, portando al rilascio dei prigionieri politici e al ritorno dei dissidenti in esilio in Russia» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Ieri, 25 agosto 2023, le forze di mantenimento della pace russe nella città di Goris in Armenia hanno ostacolato il lavoro del giornalista di Azatutyun, il programma armeno di Radio Liberty, chiedendolo di allontanarsi e di spegnere la telecamera. L’incidente è avvenuto quando diverse decine di cittadini dell’Artsakh/Nagorno Karabakh sono arrivati a Goris, accompagnati dalle forze di mantenimento della pace russe, attraverso il posto di blocco illegale dell’Azerbajgiano all’ingresso del Corridoio di Berdzor (Lachin) presso il ponte Hakari. Nel frattempo, i media statali azeri mostrano regolarmente cittadini e personale medico in viaggio dall’Artsakh/Nagorno-Karabakh all’Armenia scortati dal personale del Comitato Internazionale della Croce Rossa. Le forze di mantenimento della pace russe non chiedono di astenersi dalle riprese e non ostacolano il lavoro dei giornalisti azeri (Fonte Robert Ananyan).

Genocidio che non si condanna,
genocidio che si giustifica,
genocidio che si ripete.

Kamal Jafarov.

Strabiliante, questo esemplare rappresentante dell’autocrazia dell’Azerbajgian al Consiglio Europeo giustifica il genocidio armeno 1915 mentre l’Azerbajgian compie il genocidio armeno 2023 con il #ArtsakhBlockade. Il parlamentare Kamal Jafarov [1] nel suo articolo su Azpolitika.info del 25 agosto 2023 paragona gli attivisti azeri contro la guerra a Mammad Amind Rasulzadeh (uno dei fondatori della Repubblica di Azerbajgian del 1918) e afferma che “la storia ha dimostrato che Talat Pasha ed Enver Pasha avevano ragione”. Questo articolo è un esempio per comprendere il concetto di “pace” secondo Ilham Aliyeb: Armenia è Azerbajgian occidentale e se la riprenderanno con la forza, una volta risolto il “problema Karabakh”:

«Il 15 agosto, sotto il nome di “Casa della Partecipazione”, un gruppo di giovani presumibilmente contrari alla guerra (No war fans) ha tenuto un incontro contro il nostro Paese. Anche io ho guardato quel video ieri. È assolutamente impossibile scrivere qui quello che hanno detto i giovani che sono intervenuti lì. Tuttavia, la tesi principale di questo gruppo è che l’Azerbajgian avrebbe occupato il territorio dell’Armenia e, come gli Armeni, chiedono l’apertura della strada Lachin-Khankendi [Corridoio di Berdzor (Lachin), strada Goris-Kornidzor-ponte Hakari-Berdzor (Lachin)-Shushi-Stepanakert]. (…)
Questo gruppo ha anche affermato che nel 2020 l’Armenia ha restituito pacificamente le nostre terre occupate e, anche se non le restituiranno [il resto della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh non ancora occupato e sotto assedio dal 12 dicembre 2022], non potremo fare la guerra. L’integrità territoriale può essere raggiunta solo attraverso la pace. Un simile concetto di “pace” è un approccio molto pericoloso. È a causa di questo concetto di “pace” che nel corso della storia abbiamo subito la perdita di terre.
Così, nel libro “La questione dell’Azerbajgian nelle relazioni turco-russe” pubblicato nel 2011, il cui redattore scientifico era Jamil Hasanli, si menziona le conferenze di Trabzon e Batum. A differenza delle delegazioni armena e georgiana, Rasulzadeh e MH Hajinsky erano amanti della pace e non incoraggiavano la guerra. Le delegazioni armena e georgiana non hanno accettato le richieste legate alla Pace di Brest-Litovsk. Erano persino pronti ad andare in guerra per questo. La delegazione azera ha mantenuto principi molto rigorosi in materia di “pace”.
Pertanto, il Primo Ministro dello Stato ottomano, Talat Pasha, che a quel tempo aveva l’influenza principale nel Caucaso, e il Ministro della Guerra, Enver Pasha, si opposero fermamente alla creazione dello stato armeno [*]. Documenti storici e corrispondenza mostrano che Talat Pasha ed Enver Pasha proposero la creazione di due stati nel Caucaso meridionale: uno stato georgiano e uno musulmano, la divisione dei territori abitati dagli Armeni tra questi due stati, e “per sradicare il foruncolo!” per quanto riguarda la questione armena.
Questi studi sono dettagliati nei libri del Dottor Vasif Gafarov, capo del gruppo scientifico “Genocidio contro gli Azeri: storia e concetto”. Le ricerche di V. Gafarov mostrano che M. A. Rasulzadeh e MH Hajinsky sono stati i protagonisti della questione dello stato armeno, a differenza dei georgiani, hanno insistito sulla creazione dello stato armeno. Anche la delegazione dell’Azerbajgian ha scritto a Enver Pasià il 23 maggio affermando che l’idea di un Caucaso unificato sarebbe distrutta con la creazione di soli due stati.
Per la creazione dello Stato armeno, il 29 maggio, un giorno dopo la dichiarazione di indipendenza del 1918, il Consiglio nazionale dell’Azerbajgian ha preso la decisione illegale, ingiusta e unilaterale di consegnare Yerevan agli Armeni.
Questa decisione era illegale perché c’erano 44 membri del Consiglio nazionale, e 16 persone hanno votato a favore, 1 persona contro e 3 persone si sono astenute dalla decisione relativa al trasferimento di Yerevan agli Armeni. Per una questione così importante non era necessaria solo la maggioranza dei due terzi, ma anche il quorum (partecipazione di più della metà dei membri). Successivamente, per legittimare questa decisione, il numero dei partecipanti all’incontro è stato portato a 28 persone.
In secondo luogo, questa decisione è stata ingiusta perché è stata presa senza tener presente l’opinione degli Azeri che vivono a Yerevan e senza discutere con loro la questione. Dopo la presa della decisione, nella riunione del Consiglio nazionale tenutasi il 1° giugno 1918, i membri del Consiglio di Yerevan – Mir Hidayat Seyidov, Bagir Rzayev e Nariman bey Narimanbeyov – protestarono ufficialmente contro la decisione del Consiglio nazionale “Iravan di fare concessioni all’Armenia”. Il Consiglio nazionale ha rifiutato di discutere il documento di protesta dei suoi membri di Erevan e ha deciso di inserirlo nel verbale. Tuttavia, per qualche motivo, quella lettera di protesta al momento non è presente nell’archivio, sembra che qualcuno l’abbia “persa”.
La terza è una decisione unilaterale perché lo Stato armeno non ha preso alcuna decisione riguardo al fatto che non rivendicherà il Karabakh in futuro, si è trattato solo di un accordo tra gentiluomini.
Oltre ai principi del diritto e della giustizia universali, esiste una realtà semplice per il cittadino comune. La terra può essere conquistata, la terra può essere restituita e persino la terra può essere persa in guerra. Tuttavia, non importa quale sia il costo, non importa quale sia il motivo, non è possibile commerciare sulla terra senza combattere. Questo è tradimento. Non dimenticheremo mai questo tradimento, non permetteremo che venga dimenticato.
Di conseguenza, il governo ottomano, tenendo conto dell’insistenza della delegazione azera, ha acconsentito alla creazione dello Stato armeno. Lo stato armeno è stato fondato anche a Iravan [Yerevan], che è il territorio dell’Azerbajgian. Furono gli Ottomani a riconoscere di fatto per la prima volta lo Stato armeno.
Alcune persone associano il motivo per cui la delegazione azera era così docile e pacifica alla mancanza di influenza tra la popolazione locale. Perché durante il genocidio di marzo del 1918, la fazione musulmana, da loro rappresentata, non poteva utilizzare il potere del governo transcaucasico per impedire il genocidio contro di noi.
In ogni caso, la storia dimostrò che Talat Pascià ed Enver Pascià avevano ragione, e anche meno di un mese dopo, lo stesso Rasulzade, nel suo incontro con i funzionari ottomani alla conferenza di Istanbul del 1918, ammise l’errore riguardo alla creazione dello Stato armeno: gli Armeni non hanno mantenuto la parola data e sono diventati un grosso problema per l’Azerbajgian.
La realtà dei giorni nostri è che alcuni “intellettuali” e l’opposizione radicale non accettano l’errore stesso di Rasulzadeh. Al contrario, Ali Karimov, Jamil Hasanli e altri giustificano il trasferimento delle nostre terre ancestrali all’Armenia. E non hanno il diritto di parlare a nome nostro. La comunità dell’Azerbajgian occidentale [Armenia] li odia, il popolo azerbajgiano li odia. Nessun potere può impedirci di tornare a Yerevan in pace.
L’incontro del Presidente dell’Azerbajgian con la comunità dell’Azerbajgian occidentale nel giorno del suo compleanno mostra anche quanto questa intenzione sia sincera e di alta priorità politica.
Torneremo anche nelle nostre terre ancestrali, vivremo lì e festeggeremo il compleanno del Signor Presidente sulla riva del lago Goycha [che vuol dire “lago nero”, il turco nome del lago Sevan, il più grande lago dell’Armenia ed uno dei più grandi laghi d’alta quota al mondo].
Oggi speriamo che i sostenitori del “No alla guerra” almeno si rendano conto presto dei loro errori, come Rasulzadeh. Poiché coloro che fanno affermazioni così sciocche non possono essere Azeri, anche dal punto di vista legale non hanno coscienza.
Il deputato Kamal Jafarov».

[1] Kamal Jafarov (Baku, 15 decembre 1989) è deputato del Parlamento dell’Azerbajgian, Presidente della sottocommissione per i diritti umani dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE) – una vergogna, vista la classifica dell’Azerbajgian dal punto di vista dei diritti umani – e Capo del Centro di formazione anticorruzione presso l’ufficio del procuratore generale – una barzelletta, visto che il regime azerbajgiano è tra i più corrotti al mondo. È membro del Gruppo dei Conservatori Europei e dell’Alleanza Democratica – esilarante, per il rappresentante di un Paese che pubblica i risultato delle elezioni prima del termine del voto – presso PACE. Che l’Azerbajgian lì è ancora ammessa è un incoraggiamento per la politica anti-armeno di Ilham Aliyev.

[2] Tre Pascià fu il nome con cui venne indicato il triumvirato dittatoriale che guidò l’Impero ottomano fra il 1913 e la fine della Prima Guerra Mondiale. Il Triumvirato dei Giovani Turchi era composto da Mehmed Talat Pascià, Gran Visir e Ministro dell’Interno, Ismail Enver Pascià, Ministro della Guerra e Ahmed Cemal Pascià, Ministro della Marina. Questi tre uomini furono le figure politiche dominanti dell’ultimo periodo della storia dell’impero ottomano, prima della sua dissoluzione. Secondo lo storico Hans-Lukas Kieser, il potere di Talat aumentò nel tempo e eclissò gli altri due. In quanto governanti de facto, i Tre Pascià sono considerati i fautori del genocidio armeno e, nonostante tutti e tre fossero riusciti a fuggire, Talat Pascià (gli Armeni lo chiamano l’Hitler turco) e Cemal Pasià furono giustiziati in esilio rispettivamente nel 1921 e nel 1922, da membri della Federazione Rivoluzionaria Armena, nell’ambito dell’Operazione Nemesis. Enver Pascià morì in un’imboscata dell’Armata Rossa in Tagikistan nel 1922 mentre cercava di sollevare una insurrezione musulmana anti-russa.

Il diritto all’autodeterminazione del Nagorno-Karabakh: metterlo all’ordine del giorno

L’Artsakh/Nagorno-Karabakh è una terra storica armena, con un’importante eredità cristiana, che nel 1923 contro la volontà della popolazione fu portata nella Repubblica Socialista Sovietica di Azerbajgian dal criminale Stalin con lo status di Oblast Autonomo. Da allora, gli Armeni hanno subito opposizione, pogrom, guerre e adesso il #ArtsakhBlockade. In questo mese di agosto 2023 il Public International Law & Policy Group ha preparato un’analisi autorevole dei diritti fondamentali all’autodeterminazione e allo status autonomo dell’Artsakh/NagornoKarabakh. Di fronte alla minaccia di un genocidio imminente, hanno bisogno del sostegno immediato della comunità internazionale per sopravvivere in pace e sicurezza.

L’Iniziativa di pianificazione politica del Public International Law & Policy Group sostiene lo sviluppo di una pianificazione politica strategica a lungo termine che è cruciale per la responsabilità internazionale, la risoluzione dei conflitti globali e l’instaurazione della pace internazionale fornendo consulenza ai decisori politici, ai decisori politici e alle principali parti interessate.

Lo scopo del memorandum Il diritto all’autodeterminazione del Nagorno-Karabakh: metterlo all’ordine del giorno è quello di esporre la tesi secondo cui il popolo armeno del Nagorno-Karabakh ha diritto, come minimo, al diritto all’autodeterminazione interna e che i negoziati in corso dovrebbero prevedere una tutela significativa ed effettiva di questo diritto. In quanto tale, lo status autonomo del Nagorno-Karabakh durante l’era sovietica dovrebbe servire da punto di riferimento per le discussioni tra Armenia e Azerbajgian riguardo al futuro destino e allo status del popolo del Nagorno-Karabakh.

Il Public International Law & Policy Group chiarisce che questo memorandum non deve essere interpretato come un sostegno a un risultato specifico dei colloqui tra Armenia e Azerbajgian. Questo spetta alle parti negoziali determinarlo, in primo luogo, la popolazione dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh.

Il testo del memorandum [QUI].

«Coda per il pane a Stepanakert alle ore 23.00» (Ani Balayan, fotografo in Artsakh – Email).

Le interruzioni sistematiche di elettricità sono “normali” nel #ArtsakhBlockade, poiché l’Azerbajgian ha tagliato i cavi elettrici provenienti dall’Armenia e l’Artsakh deve organizzare la fornitura di elettricità in base alla propria capacità di produzione. La scarsità d’acqua influisce anche sulla fornitura di elettricità e ora le persone dell’Artsakh hanno energia elettrica per poche ore al giorno.

Al posto di blocco illegale sul Corridoio di Berdzor (Lachin) presso il ponte Hakari, gli Azeri hano rimosso lo stemma dell’Artsakh e le scritte armene da un’ambulanza che era in viaggio verso l’Armenia, trasportando pazienti.

Questo incidente, mostrato nel video [QUI], presenta un’ulteriore prova delle intenzioni sistematiche e genocide dell’Azerbajgian nei confronti dell’Artsakh volte alla pulizia etnica degli Armeni e della cultura armena dell’Artsakh. Sottolinea un modello che è diffuso in tutti gli strati della società azera e i vari livelli della politica statale, indicando un approccio profondamente radicato.

Il rappresentante personale del presidente dell’OSCE in carica, Andrzej Kasprzyk, si trova in Armenia dal 22 agosto per visitare la zona dove inizia il Corridoio di Berdzor (Lachin) e riferire sulla situazione attuale. Kasprzyk ha visitato Kornidzor, dove i camion con gli aiuti umanitari dall’Armenia e dalla Francia per alleviare la crisi umanitaria nell’Artsakh aspettano di entrare da oltre un mese.

Aiuti umanitari dagli enti locali francesi per l’Artsakh.

Dopo che l’Armenia non ha presentato una proposta di risoluzione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la Francia si prepara a presentare una risoluzione per fornire aiuto ai 120.000 Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, ha riferito il Vicedirettore di Le Figaro Jean Christophe Buisson. Nel suo articolo ha scritto inoltre che Parigi e le principali regioni francesi invieranno un convoglio umanitario in Armenia per l’Artsakh/Nagorno-Karabakh la prossima settimana.

Su richiesta del Consiglio di coordinamento delle organizzazioni armene in Francia (CCAF), il sindaco di Parigi ha preso l’iniziativa di lanciare un appello alle autorità locali francesi affinché organizzino un convoglio umanitario per la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, isolata dal mondo dal 12 dicembre 2022. L’Ile-de-France, l’Alvernia-Rodano-Alpi, l’Alta Francia, l’Occitania Provenza-Alpi-Costa Azzurra, i Paesi della Loira e diverse città francesi sostengono questo progetto. Anne Hidalgo, Xavier Bertrand, Bruno Retailleau, Jeanne Barseghian, nonché Patrick Karam e Michèle Rubirola hanno deciso di accompagnare questo convoglio di 10 camion che arriverà a Kornidzor il 30 agosto alle ore 12.00, dove si aggiunge ai 22 camion in attesa di poter entrare nella Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh.

Il CCAF ha ringraziato le comunità francesi per il loro sostegno finanziario e per il coraggio dell’impegno politico e fisico degli amministratori locali coinvolti in questo progetto. Da parte sua, chiede alle autorità francesi ed europee di attuare mezzi diplomatici ad hoc per consentire ai camion carichi di beni di prima necessità di superare il posto di blocco illegalmente installato dall’Azerbajgian e di arrivare a destinazione.

Mentre la carestia si sta per abbattere sulla popolazione armena dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, è più che mai tempo di solidarietà, azione e sanzioni contro i responsabili del dramma umanitario che si svolge davanti ai nostri occhi, nella passività generale.

Secondo le informazioni provenienti dall’Armenia, i Sindaci di Parigi e di Strasburgo, Anne Hidalgo e Jeanne Barseghian, i Senatori Bruno Retailleau e Xavier Bertrand, e rappresentanti di alto rango delle principali regioni della Francia. arriveranno in Armenia il 29 agosto. Porteranno con sé in Armenia gli aiuti umanitari destinati agli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh condannati alla fame dall’Azerbajgian. Secondo le prime informazioni, i politici francesi accompagneranno il convoglio umanitario composto da una decina di camion, che portano cibo, soprattutto per i bambini.

Oltre ai 21 camion armeni già bloccati all’ingresso del Corridoio di Berdzor (Lachin), c’è anche un camion carico di carichi umanitari raccolti grazie agli sforzi delle città e regioni francesi. A questo camion si aggiungeranno adesso i 10 nuovi camion carichi di supporto francese.

Nel inviare un maggiore sostegno umanitario agli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, la Francia sta inviando anche un messaggio all’Azerbajgian, con l’intenzione di aumentare la pressione e che non accetta l’attuale situazione di stallo.

In un’intervista alla rivista Le Point, il Presidente francese, Emmanuel Macron, ha difeso la sovranità del popolo e ha condannato il blocco da parte dell’Azerbajgian, definendolo inaccettabile. Nell’intervista Macron ha osservato che non è più il momento della diplomazia e che il ruolo della Francia nell’accesso umanitario è quello di esercitare pressioni [*].

La Francia, superpotenza nucleare, membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e co-Presidente del Gruppo di Minsk dell’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa, dimostra di essere un membro responsabile della comunità internazionale e non si accontenta di lanciare solo appelli per superare la crisi umanitaria in Artsakh/Nagorno-Karabakh. Sarebbe encomiabile se anche le altre superpotenze occidentali intensificassero i loro sforzi e passassero dallo stile degli appelli alle azioni concrete. Per quanto riguarda l’Italia, così impegnata a mandare armi e sostegno militare in Ucraina e in Azerbajgian, non è arrivata neanche al livello degli appelli. Vergogna. Nessuno in Armenia si aspetta che gli USA o l’Unione Europea bombardino Baku. Esistono molti strumenti umanitari che possono essere utilizzati per rendere più pratici gli sforzi per aprire il Corridoio di Berdzor (Lachin) e non cadere nella trappola genocida delle “strade alternative”.

Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno ripetutamente invitato l’Azerbajgian ad aprire il Corridoio di Berdzor (Lachin), ma Baku ha respinto (meglio, ignorato e cestinato) questi appelli civili. L’Azerbajgian ignora deliberatamente gli appelli degli Stati Uniti e dell’Unione Europea a screditarli e a dipingerli come attori incompetenti. Questa tattica dell’Azerbajgian viene utilizzata con successo dalla Russia e dalle forze al servizio del Cremlino, che diffondono la propaganda antioccidentale. Questo è fatto apposta. L’autocrate guerrafondaio genocida Ilham Aliyev ha ripetutamente affermato e dimostrato che non ascolterà gli appelli civili e le esortazioni della comunità internazionale. È tempo che gli Stati Uniti e l’UE attivino i loro strumenti umanitari.

Risulta difficile immaginare che l’Azerbajgian vieterebbe l’ingresso nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh agli aiuti umanitari inviati dagli Stati Uniti e dall’Unione Europa (non camion con armi come inviano in Ucraina). E se ciò dovesse accadere, gli attori internazionali avranno un’altra leva per esercitare sul regime autocratico dell’Azerbajgian pressioni più duri.

[*] Le Point: Ha parlato di un’Europa più ampia che arrivasse fino al Caucaso… Nel 2020, ha affermato che la conquista del Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian era inaccettabile, ma l’Azerbajgian ha bloccato la regione per otto mesi. Luis Moreno Ocampo, ex Procuratore della Corte penale internazionale, ha definito il blocco “genocidio per fame”. Cosa fa?
Emmanuel Macron: Il nostro approccio è chiaro: deploriamo e condanniamo il blocco, ma non è più il momento della diplomazia. Abbiamo sempre detto che siamo a favore della sovranità del popolo.
La questione del Nagorno Karabakh è complicata. Non posso toccare gli aspetti più delicati di questo argomento. La Francia ha chiaramente condannato la guerra del 2020 e ha organizzato alcuni aiuti umanitari. Oggi stiamo facendo di tutto per stabilire una pace duratura tra Armenia e Azerbajgian e per proteggere i popoli e le culture. Questo trattato di pace è una necessità, ma deve rispettare il diritto internazionale.

Le Point: Anche nonostante il processo di genocidio segnalato dagli esperti internazionali?
Emmanuel Macron: Eviterei di usare questo termine affrettatamente. La situazione umanitaria è inaccettabile, soprattutto a causa della chiusura del Corridoio di Lachin. Il ruolo della Francia è quello di fare pressione per l’accesso umanitario e stiamo continuando a fare del nostro meglio per raggiungere questo obiettivo. In particolare, continuiamo ad adottare misure per garantire la consegna di cibo e medicine e mantenere il libero accesso al Nagorno-Karabakh. Inoltre, i confini dell’Armenia sono a rischio.

Lo staff del Difensore dei Diritti Umani dell’Artsakh ha pubblicato una scheda informativa sulle questioni relative alla fornitura di pane alla popolazione dell’Artsakh nella situazione del disastro umanitario creata dal blocco, sulle cause e sulle minacce di malnutrizione e fame che incombono sulle persone. La scheda completa è disponibile [QUI].

Juan E. Méndez, il primo Consigliere Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Prevenzione del Genocidio, professore di diritti umani presso l’American University di Washington, in un rapporto ha tratto conclusioni ragionate basate sui fatti del #ArtsakhBlockade. Ha citato «casi di attacchi fisici ispirati da discorsi di odio» e «condizioni di vita che costituiscono difficoltà abbastanza gravi da indurre la comunità internazionale a esercitare le proprie responsabilità per proteggere quella popolazione».

Méndez ha affermato che la mancata osservanza da parte dell’Azerbajgian dell’ordine vincolante della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite di fermare il blocco dei prodotti alimentari e l’assistenza umanitaria ai 120.000 Armeni del Nagorno-Karabakh rappresenta un “allarme precoce” che offre al mondo la possibilità di prevenire un genocidio.

«L’Azerbajgian ha ignorato le richieste del Segretario Generale delle Nazioni Unite, del Segretario di Stato americano e del Presidente francese di rispettare l’ordine vincolante della Corte Internazionale di Giustizia e di aprire il Corridoio di Lachin», ha affermato Mendez, evidenziando che le spiegazioni offerte dall’Azerbajgian, la negazione dell’esistenza stessa di un blocco e l’offerta di strade alternative per fornire eventualmente cibo, confermano la sfida dell’Azerbajgian all’ordine della Corte Internazionale di Giustizia.

Méndez ha sottolineato che la stessa posizione dell’ONU, che ha ricoperto dal 2004 al 2007, era stata creata dall’allora Segretario Generale Kofi Annan proprio a causa della «debole reazione della comunità internazionale ai genocidi di Srebrenica nel 1993 e in Ruanda nel 1994». All’epoca si percepiva la necessità di un meccanismo per identificare i casi in cui vi era «un’alta probabilità di deterioramento fino al genocidio, crimini di guerra o crimini contro l’umanità», anche prima che la situazione fosse formalmente definita genocidio.

Méndez ha stilato suo rapporto su richiesta dell’Armenia e l’ha indirizzato all’Ambasciatore armeno presse le Nazioni Unite, Mher Margaryan. «Accogliamo con favore il rapporto Méndez che, dopo il rapporto Moreno Ocampo, è un altro chiaro appello al mondo a non distogliere lo sguardo quando decine di migliaia di persone vengono prese di mira da azioni genocide», ha affermato.

Il rapporto Méndez è stato diffuso alle Nazioni Unite e ieri mattina se ne è parlato nel corso di un incontro a porte chiuse tra diplomatici degli Stati membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e di oltre 30 altri Stati. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sta valutando una serie di appelli per imporre la fine del blocco, provenienti da ambienti importanti.

«Focalizzo la mia analisi sul dovere di prevenzione della comunità internazionale», ha sottolineato Menez, affermando che ci sono «motivi sufficienti per lanciare un allarme precoce alla comunità internazionale che la popolazione dell’Artsakh/Nagorno Karabakh è a rischio di atrocità di massa». Questo costituisce una base sufficiente affinché la comunità internazionale possa attivare meccanismi di allerta precoce e il principio della responsabilità di proteggere.

Il rapporto Méndez e questo incontro all’ONU sono avvenuti due settimane dopo che Luis Moreno Ocampo, il primo Procuratore capo della Corte Penale Internazionale, ha dimostrato nel suo rapporto che il blocco costituisce già in realtà un caso di genocidio. Gli Stati ora hanno ampie prove della necessità di agire per porre fine al blocco e non hanno più scuse per non comprendere il significato del blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian.

Due avvocati argentini, Luis Moreno Ocampo e Juan E. Méndez, stanno facendo per l’Artsakh più del resto del mondo “civilizzato”. Va ricordato che all’inizio della sua carriera, Méndez si impegnò nella difesa di prigionieri politici. Di conseguenza, fu arrestato dalla dittatura militare argentina e sottoposto a tortura e detenzione per 18 mesi. Durante questo periodo, Amnesty International lo adottò come “Prigioniero di coscienza” e nel 1977 fu espulso dal Paese e si è trasferito negli Stati Uniti. Va ricordato anche il ruolo importante che ha svolto Moreno Ocampo nella transizione democratica in Argentina (1983-1991). Adesso, per fare tre a favore degli Armeni dell’Artsakh ci manca solo il Papa argentino, che – gesuiticamente – è pure amante del numero tre. Attendiamo con speranza e fiducia il rapporto Bergoglio.

Tra ieri e oggi, 25 e 26 agosto 2023, Marco Tosatti ha avuto il merito di pubblicare in due parti sul suo blog Stilum Curiae [QUI e QUI] la sua traduzione del rapporto sulla situazione nella Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh dell’Avv. Luis Moreno Ocampo. In precedenti occasioni abbiamo già più volte segnalo il documento che ha diffuso [QUI] e che ha attirato l’attenzione dei media internazionali, stimolando un’impennata nella copertura mediatica del genocidio armeno in corso in Artsakh.

Segnaliamo

– Con la fame come arma, si annuncia un altro genocidio contro il popolo armeno dell’Artsakh di Magda Tagtachian/Telam – Nueva Revoluciön, 25 agosto 2023 [QUI]: «Genocidio che non viene condannato, genocidio che si ripete. È successo nel 1915 e succede oggi, come è successo nel 1939. Proprio nel Museo Memoriale del Genocidio di Yerevan, i muri riflettono questa frase di Hitler: “Dopo tutto, chi si ricorda degli Armeni?”».

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]