24 aprile, giornata della memoria del genocidio per il popolo armeno anche in Calabria (Raggiotv.it 24.04.16)
Brancaleone (Reggio Calabria). Anche la Calabria ha un’anima armena ed essa viene celebrata pure in occasione della giornata odierna (24 aprile 1915) in cui il popolo armeno commemora le vittime delle deportazioni e del tentativo di distruzione di una cultura e di un’identità millenaria per mano dell’impero Ottomano durante la Prima guerra mondiale. Le foto di Carmine Verduci ci guidano alla riscoperta di questi luoghi della memoria. Gli Armeni, primo popolo cristiano della storia, durante la nuova ondata persecutoria di siriani e turchi islamizzati, verso la fine dell’ottavo secolo d.C. approdarono in Calabria, nel reggino, e si rifugiarono sulle alture; coltivarono usi e tradizioni religiose ma anche agricole come la vinificazione, con la creazione di veri e propri silos per custodire le derrate alimentari, ancora oggi esistenti tra i ruderi di Brancaleone. E infatti tracce significative esistono nelle toponomastica (la discesa armena a Bova o Rocca Armena a Bruzzano Zeffirio) e nell’onomastica, oltre che nell’archeologia con alcuni reperti che richiamano i motivi religiosi della croce e dei pavoni anche negli attuali comuni di Ferruzzano, Casignana e Staiti, sempre nel reggino. In questa cornice oggi promosso un percorso escursionistico tra Brancaleone e Staiti sui sentieri del tempo su impulso della proloco. Da anni, infatti, si consolida la tradizione di onorare questa presenza antica a cura della proloco di Brancaleone che negli anni scorsi, in questo giorno, ha rievocato queste affascinanti pagine di storia. Forse una comunità ma sicuramente un gruppo di monaci armeni, si rifugiò in solitaria preghiera (secondo la regole del monachesimo orientale diffusosi anche in Armenia grazie all’opera di San Basilio), tra le montagne per sfuggire alle incursioni degli arabi provenienti dal mare.
Ciò è avvenuto a Brancaleone (luogo anticamente denominato Sperlinga dal latino e greco caverna), di fondazione greca, culla dei locresi prima del loro avanzamento, promontorio strategico con Reggio, Gerace e Bruzzano Zeffirio, dove oggi sorge la Rocca Armenia (antico castello); chiamato Brancaleone superiore con lo sviluppo della Marina, abbandonato nella seconda metà del Novecento, pur apparendo oggi non più vissuto da secoli, esso custodisce tra i suoi ruderi anche una grotta chiesa, probabilmente unica nel suo genere a queste latitudini e di cui ne esisterebbe una simile solo in Georgia, in cui veniva celebrata la messa. Questa chiesa rupestre, nell’ambito dell’attività di valorizzazione e promozione del territorio della pro loco di Brancaleone guidata da Carmine Verduci, al seguito degli appassionati come Vincenzo De Angelis e Sebastiano Stranges ha fatto da cornice in passato e continuerà a farlo alla cerimonia con canti armeni e fiori di ginestra posti dove un tempo sorgeva l’altare e dove ora è possibile intravedere, sul muro di antica arenaria, una croce armena e un pavone adorante. Al centro della grotta l’emblematico albero della vita. Una delle tracce più significative che attestano l’antica presenza del popolo armeno in questi luoghi.
Oggi tale chiesa rupestre risulta posta sotto il castello Ruffo eretto ne 1300, di cui probabilmente divenne la prigione.
Un angolo di mondo antico incastonato tre le montagne di Brancaleone che riporta indietro di secoli con tutto il fascino di tradizioni millenarie come fu anche quella armena in Calabria.