163° giorno del #ArtsakhBlockade. Non c’è Armenia senza Artsakh e l’Artsakh è del suo popolo, autodeterminato e indipendente (Korazym 23.05.23)
Korazym.org/Blog dell’Editore, 23.05.2023 – Vik van Brantegem] – È ora più importante che mai ricordare le parole di Monte Melkonian, il comandante della guerra d’indipendenza dell’Artsakh [*]: «Se perdiamo l’Artsakh, allora voltiamo l’ultima pagina della nostra storia». dire dopo: «Non lo sapevamo». Più volte l’autocrate dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha confermato la verità delle parole di Melkonian: «L’Armenia di oggi è la nostra terra. Quando l’ho detto ripetutamente prima, hanno cercato di obiettare e affermare che ho rivendicazioni territoriali. Lo dico come un fatto storico. Parallelamente a questo, dobbiamo sviluppare congiuntamente il concetto di ritorno nell’Azerbaigian occidentale [=l’Armenia di oggi]. Ora che il conflitto del Karabakh è stato risolto, questo è il tema della nostra agenda» [QUI].
[*] Potete leggere su di lui un articolo della sua vedova, Seta Kabranian-Melkonian, che abbiamo riportato [QUI]: «Monte si è unito alla lotta per il Nagorno-Karabakh, l’Artsakh armeno dei tempi antichi. Fin dai suoi primi vent’anni, era stato determinato ad aiutare a ripristinare i diritti del suo popolo a vivere nelle loro terre ancestrali. Nel processo, è stato associato sia agli eroi che ai cattivi dell’epoca. Fu anche il primo a denunciare pubblicamente i cattivi e a prendere le distanze da loro. Monte rappresentava tutti gli oppressi e credeva nel diritto di combattere, che è il titolo di un libro di suoi saggi, pubblicato nel 1993».
Rinunciare all’Artsakh e metterlo nelle mani dei sanguinari autocrati dell’Azerbajgian e della Turchia non porterà la pace per Armenia. I prossimi Aliyev ed Erdoğan, se non già loro stessi, cancelleranno la stessa Armenia dopo aver conquistato l’Artsakh.
Oggi 31 anni fa, il 23 maggio 1992 fu ucciso nella strage di Capaci per mano mafiosa il giudice Giovanni Falcone, con la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta. Un giornalista chiese una volta a Falcone: «Ma chi glielo fa fare?». E Falcone risponde: «Lo spirito di servizio». Ecco, la mia risposta a chi me lo chiede, perché continua a difendere una “causa persa”: «La spirito di verità e di libertà. Lo spirito di resilienza democratica contro l’autocrazia».
Ieri, 22 maggio 2023 il Primo Ministro della Repubblica di Armenia, Nikol Pashinyan, ha affermato in conferenza stampa – come abbiamo riferito [QUI] – che l’Armenia è pronta a riconoscere l’integrità territoriale di 86.600 km2 dell’Azerbaigian, che include il Nagorno Karabakh, ma che i diritti e la sicurezza degli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh devono essere discussi attraverso il dialogo Baku-Stepanakert, con garanzie internazionali.
La dichiarazione di Pashinyan di ieri, con cui ha ribadito la sua disponibilità a riconoscere l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian, come era prevedibile, ha provocato grande indignazione e rabbia nell’Artsakh.
Questa immagine spiega il tutto, meglio di mille parole. Abbiamo ripetuto questa immagi per tre giorni consecutivi, con le tre foto qui sopra, dopo l’incontro trilaterale del 14 maggio 2023 a Brussel: Michel ride, Aliyev sorride sotto i baffi e Pashinyan è scuro in volto. Il vertice di Brussel sembra segnare il destino degli Armeni dell’Artsakh lasciati al loro destino di sfollati o sudditi dell’autocrazia azera. Lo chiede l’Europa? Diritti umani calpestati.
La giornalista Sam Martirosyan ha dichiarato: «Questo governo non vuole nemmeno parlare del diritto all’autodeterminazione per l’Artsakh. Ho la sensazione che siano d’accordo con tutto ciò che Mosca e Baku dicono loro. È come assistere al riduzionismo storico…».
Ruben Vardanyan, l’ex Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Pashinyan non ha l’autorità di prendere decisioni per conto del popolo di Artsakh/Nagorno-Karabakh. La sua dichiarazione riflette la sua opinione personale, che sta cercando di imporre alla gente. Sono fiducioso che la maggioranza delle persone si unirà e chiederà un referendum per riaffermare che il popolo dell’Armenia e dell’Artsakh non è d’accordo con le sue proposte».
Il diritto all’autodeterminazione di un popolo è un diritto insito. Il popolo dell’Artsakh ha esercitato questo diritto e ha istituito lo Stato indipendente dell’Artsakh nel 1991, proprio come l’hanno fatto l’Armenia e l’Azerbajgian. E l’ha fatto prima ancora dell’Azerbajgian. Non ha mai fatto parte dell’Azerbajgian indipendente. Nessuno può parlare per l’Artsakh tranne il popolo dell’Arzakh e coloro che eleggono per parlare al suo nome. Nessuno può cancellare la sua storia.
Qualsiasi dichiarazione di Nikol Pashinyan che ignori la sovranità della Repubblica dell’Artsakh e il diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh, a parte di essere illegale, è inaccettabile, ha dichiarato l’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh, convocata dai legislatori ieri notta in sessione straordinaria. Nel contempo, le forze armate dell’Azerbajgian continuavano ad aprire il fuoco sulle postazioni militari armeni nei villaggi di confine. La convocazione straordinaria del Parlamento della Repubblica di Artsakh ha avuto come principale argomento discusso, la dichiarazione di Pashinyan. Il Presidente dell’Assemblea Nazionale, Arthur Tovmasyan, e i leader delle fazioni rappresentati nel Parlamento, hanno tenuto discorsi di condanna della dichiarazione di Pashinyan. E alla fine, i parlamentari hanno approvato all’unanimità la dichiarazione proposta da Vahram Balayan, il Presidente del Comitato permanente per le relazioni estere dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh. Di seguito riportiamo la dichiarazione nella nostra traduzione italiana.
In una dichiarazione congiunta con i principali gruppi di opposizione armeni rilasciata la scorsa settimana, i cinque partiti politici rappresentati nel Parlamento della Repubblica di Artsakh hanno messo in guardia Pashinyan dal riconoscere formalmente l’Artsakh/Nagorno-Karabakh come parte dell’Azerbajgian. Hanno detto che un tale accordo sarebbe “privo di base giuridica”. Nonostante questo avvertimento, Pashinyan ha dichiarato che spera di firmare il trattato di pace armeno-azerbajgiano “il prima possibile”. Ha detto che Yerevan ha presentato a Baku nuove proposte riguardo ai restanti punti critici dopo i colloqui maratona tenuti dai Ministri degli Esteri armeno e azero a Washington all’inizio di maggio. “Stiamo ora aspettando la loro reazione”, ha aggiunto Pashinyan. Non ha rivelato quelle proposte. Pashinyan e Aliyev si incontreranno a Mosca questo giovedì e terranno il 1° giugno un altro incontro in Moldavia a cui parteciperanno il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, il Presidente francese Emmanuel Macron e il Cancelliere tedesco Olaf Scholz.
Pur esprimendo disponibilità al dialogo con Baku, le autorità di Stepanakert hanno ripetutamente rifiutato qualsiasi accordo che ripristinerebbe il controllo azero sull’Artsakh/Nagorno-Karabakh.
Artsakh non rinuncerà mai alla sua lotta incrollabile
Dichiarazione dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh
22 maggio 2023
La dichiarazione rilasciata dal Primo Ministro della Repubblica di Armenia, Nikol Pashinyan, nella conferenza stampa odierna, in cui ha ribadito la sua volontà di includere l’Artsakh in Azerbajgian, ha causato grande indignazione e rabbia nella Repubblica di Artsakh. Infatti, con quel suo impegno, Nikol Pashinyan viola gravemente la Dichiarazione di Indipendenza della Repubblica di Armenia e le disposizioni della Costituzione sull’Artsakh, in particolare il principio imperativo della decisione dell’8 luglio 1992 del Consiglio Supremo della Repubblica di Armenia che recita “considerare inaccettabile per la Repubblica di Armenia qualsiasi documento internazionale o nazionale in cui la Repubblica del Nagorno-Karabakh sarà menzionata come parte dell’Azerbajgian”.
Ancora una volta, riaffermiamo che lo status dell’Artsakh è già stato determinato dalla Dichiarazione popolare del 10 dicembre 1991 e nessuna autorità ha il diritto di annullarlo.
Per noi, qualsiasi dichiarazione di Nikol Pashinyan che ignori la sovranità della Repubblica di Artsakh e il diritto all’autodeterminazione del nostro popolo, e qualsiasi documento redatto sulla sua base, è inaccettabile e priva di valore. Artsakh non rinuncerà mai alla sua lotta incrollabile.
Profondamente preoccupata per la pericolosa realtà esistente, l’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh invita tutti gli Armeni a non consentire alle attuali autorità della Repubblica di Armenia a compiere passi disastrosi per cedere una parte della patria armena, la Repubblica dell’Artsakh e i territori sovrani della Repubblica di Armenia, in Azerbajgian sotto il nome di enclavi, che porterà inevitabilmente alla perdita della statualità armena.
Allo stesso tempo, facciamo appello agli ex e attuali presidenti della Repubblica di Armenia e della Repubblica di Artsakh, chiedendo di condannare le dichiarazioni rilasciate da Nikol Pashinyan il 22 maggio 2023. In caso contrario, considereremo il vostro silenzio come un segno di accordo con il Primo Ministro della Repubblica di Armenia.
Il governo dell’Armenia si consulta con le autorità del Nagorno Karabakh prima e dopo i negoziati
Il governo dell’Armenia si sta consultando con le autorità dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh prima e dopo ogni negoziato con l’Azerbajgian, ha dichiarato oggi il membro del parlamento armeno, Artur Hovhannisyan, che rappresenta il partito al governo del Contratto Civile. “Per la cronaca, prima e dopo ogni negoziazione ci consultiamo con le autorità dell’Artsakh, e le autorità dell’Artsakh sono sempre state a conoscenza di tutto”, ha detto Hovhannisyan ai giornalisti.
“Per quanto riguarda le dichiarazioni del Parlamento dell’Artsakh, comprendiamo che il parlamento è un organo rappresentativo composto da diverse entità politiche, e trovo che le varie dichiarazioni siano molto normali”, ha aggiunto, riferendosi all’ultima dichiarazione del Parlamento dell’Artsakh che critica il Primo Ministro Pashinyan per i suoi commenti del 22 maggio secondo cui l’Armenia è pronta a riconoscere l’integrità territoriale di 86.600 chilometri quadrati dell’Azerbajgian, che include il Nagorno-Karabakh.
Il legislatore ha osservato che l’obiettivo delle autorità armene è garantire i 29.800 chilometri quadrati di territorio armeno sovrano e riconosciuto a livello internazionale e garantire i diritti e la sicurezza degli Armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh. “I nostri compatrioti che vivono nel Nagorno-Karabakh devono vivere nella loro terra in sicurezza ed esercitare i propri diritti. Vediamo questa strada attraverso il dialogo Baku-Stepanakert nell’ambito di meccanismi internazionali, dove il popolo dell’Artsakh – come espresso ieri dai legislatori nel parlamento dell’Artsakh – può esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione e tutti gli altri diritti, mentre la Repubblica di Armenia sosterrà i nostri compatrioti dell’Artsakh attraverso tutti i canali diplomatici in questo senso”, ha detto Hovhannisyan.
«Il patrimonio culturale e religioso dell’Artsakh nei territori sotto l’occupazione dell’Azerbajgian è costantemente a rischio di distruzione e cancellazione. È anche responsabilità della comunità internazionale proteggerla. Azerbajgian continua la sua politica criminale di albanizzazione del patrimonio religioso e culturale armeno dell’Artsakh falsificando la sua storia, distorcendo e profanando i suoi siti. Questo comportamento vandalico è inaccettabile. Ancora una volta stiamo chiamando l’UNESCO di agire immediatamente» (Difensore dei diritti umani della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh).
Nagorno-Karabakh, la resa dell’Armenia? Il Premier: “Riconosceremo sovranità Azerbaigian”. Cosa succede ora
di Eugenio Palazzini
Il Primato Nazionale, 22 maggio 2023
“L’Armenia riconosce 86,6 mila chilometri quadrati dell’Azerbajgian, partendo dal fatto che l’Azerbajgian è pronto a riconoscere 29,8 mila chilometri quadrati dell’integrità territoriale dell’Armenia. E 86,6 mila chilometri quadrati dell’Azerbaigian includono il Nagorno-Karabakh”. È quanto dichiarato dal Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, citato dall’agenzia russa Tass. La notizia è di quelle bomba, perché se il governo di Erevan dovesse confermare la svolta annunciata da Pashinyan, si arriverebbe a sancire la fine di uno storico conflitto. Ammesso però che gli Armeni approvino la decisione, rinunciando a una terra che da sempre ritengono parte integrante della loro nazione.
Il Premier Pashinyan ha comunque specificato che il riconoscimento ufficiale avverrà soltanto previa salvaguardia della sicurezza degli Armeni che vivono nella regione autonoma. “La questione dei diritti e della sicurezza degli Armeni del Nagorno-Karabakh dovrebbe essere discussa tra Baku e Stepenakert (capitale della Repubblica di Artsakh)”, ha dichiarato il Primo Ministro. Nello specifico, Pashinyan ha chiesto anche garanzie internazionali per la sicurezza e i diritti degli Armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh, temendo una possibile pulizia etnica da parte dell’Azerbajgian. Sta di fatto che le sue parole suonano come una resa improvvisa, dalle conseguenze al momento imprevedibili anche relativamente all’opinione pubblica armena.
Nagorno-Karabakh, terra ancestrale che l’Armenia sta per cedere
La provincia autonoma che l’Azerbajgian sta per inglobare è un montuoso giardino nero incastonato nella terra del fuoco. Non è una metafora, ma il significato letterale e tristemente profetico di Nagorno-Karabakh (Nagorno in russo significa “montagna”, Karabakh in turco sta per “giardino nero”), provincia autoproclamatasi autonoma nel cuore dell’Azerbajgian (azer vuole dire “fuoco”) e a due passi dall’Armenia. Un ampio limes martoriato da trent’anni, ovvero da quando è in atto il più lungo conflitto dalla caduta dell’Unione Sovietica. Anzi, a dirla tutta la prima tempesta di fuoco nel giardino nero rimbombò nel 1988, prima che evaporasse il comunismo in Russia e cadesse il Muro di Berlino. Tutto iniziò quando i circa 140mila Armeni che vivevano in quest’area, grande più o meno quanto l’Umbria, si ribellarono all’azerificazione imposta da Stalin dichiarando la nascita della Repubblica del Karabakh Montagnoso.
Gli abitanti di questa terra caucasica erano e sono per lo più Armeni, ma l’Azerbajgian ne rivendica da sempre la sovranità. Una guerra mai davvero spenta, nonostante qualche anno di relativa quiete. Cristiani contro Islamici, Armeni contro Azeri e le solite potenze a muovere i fili. Da una parte la Russia, tiepido tutore della causa armena, dall’altra la Turchia che soprattutto dal 1993 punta tutto sull’Azerbajgian – nazione turcofona ricca di petrolio – e parla di “provocazioni” dell’atavico nemico armeno. Nel mezzo, tra i due litiganti, c’è l’Iran, che si è sempre posto come mediatore tra le parti. E se guardiamo la carta geografica tutto questo ha un senso, a prescindere dallo scontro etnico-religioso.
Tre anni fa siamo giunti a una nuova escalation del conflitto che ha generato la deflagrazione. L’Armenia di fatto è stata abbandonata al proprio destino dai governi europei, con la Russia che nell’autunno 2020 si è limitata a mediare un accordo che a ben vedere accontentava soltanto l’Azerbajgian. L’accordo prevedeva che gli Armeni, in cambio della ritirata delle truppe azere da Stepanakert, restituissero alcuni territori a Baku. Nella regione contesa vennero inoltre inviati quasi duemila soldati russi e le parti belligeranti decisero di mantenere unicamente “le posizioni attualmente occupate”.
In pratica, l’Azerbajgian inglobò già tre anni fa i territori occupati durante il conflitto, durato circa sei settimane. Ora l’Armenia sta per cedere tutto, o quasi.
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]