159° giorno del #ArtsakhBlockade. È una crisi umanitaria provocata dall’Azerbajgian per la pulizia etnica della (Korazym 19.05.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 19.05.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi è il 159° giorno del #ArtsakhBlockade: 120.000 Armeni del’Artsakh tenuti in ostaggio nella loro stessa patria con l’assedio dall’Azerbajgian, che occupa con le sue forze armate già gran parte del suo territorio, nonché territori dell’Armena stesso. Nel contempo continuano anche i bot azeri con i post esilaranti sui social.
Ecco un esempio: «Non esiste una cosa chiamata #ArtsakhBlockade La Repubblica di Azerbajgian sta implementando le regole sui passaporti e sul controllo delle frontiere. Ogni Paese fa lo stesso». Certo, ma “ogni Paese” lo fa sul proprio territorio sovrano, mentre l’Azerbajgian lo fa sul territorio dell’Artsakh, nel Corridoio di Berdzor (Lachin):
- in violazione della Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020 (firmata dal Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev);
- in violazione delle decisioni della Corte Internazionale di Giustizia;
- in violazione di tutti i suoi impegni internazionali;
- in violazione dei più elementari diritti umani.
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha ripreso dal 17 maggio 2023 la consegna di medicinali e altri articoli per le strutture sanitarie in Artsakh attraverso il Corridoio di Lachin. Il CICR comunica che sono in corso discussioni con la parte azera per riavviare anche altre operazioni umanitarie.
Se la ragazza della foto di copertina fosse Ucraina, la sua foto sarebbe diventata virale. Ma lei ha il torto di essere Armena. Il suo Paese Artsakh è in guerra da molto prima che è nata e sotto assedio dell’Azerbajgian dal 12 dicembre 2022, nella totale inattività delle istituzioni internazionali e senza aiuti dal resto del mondo.
Le autorità di difesa della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh riferiscono che le forze armate dell’Azerbajgian hanno violato il cessate il fuoco lungo i segmenti settentrionali, orientali e centrali della linea di contatto, utilizzando armi leggere e lanciagranate HAN-17. Nell’area del villaggio di Berdashen, gli Azeri ha aperto il fuoco sui civili che lavoravano nei campi e con lanciagranate HAN-17 in direzione della miniera di Kashen. La parte armena non ha perdite. La violazione del cessate il fuoco è stata segnalata al comando delle forze di mantenimento della pace russe.
“Gli abitanti del villaggio stavano svolgendo lavori di semina primaverile in quel momento, gli spari provenivano da circa 300 metri di distanza. Abbiamo interrotto i lavori per un breve periodo e informato le forze di mantenimento della pace russe”, ha dichiarato il capo villaggio, Georgi Poghosyan. Ha riferito che gli abitanti del villaggio non sono stati feriti a causa delle sparatorie e che gli Azeri avevano già preso di mira il villaggio in passato. “Ora il nostro lavoro continua. Questa è stata un’altra provocazione, ci siamo già abituati, non rinunceremo al nostro lavoro agricolo”, ha sottolineato Poghosyan.
Le forze speciali dell’esercito dell’Azerbajgian terrorizzano regolarmente la popolazione civile pacifica, mirando alla pulizia etnica dell’Artsakh. Il terrorismo agricolo di Azerbajgian non dovrebbe essere normalizzato, dovrebbe essere condannato e punito.
Oggi intorno alle ore 17.00, un soldato delle forze armate dell’Azerbajgian ha sparato un colpo singolo mirato contro un militare delle forze armate dell’Armenia che era in servizio in una posizione di combattimento situata nella parte sud-occidentale della zona di confine. Il militare non è rimasto ferito perché indossava un giubbotto antiproiettile al momento della sparatoria.
E qui abbiamo un esempio dello scandalo propagandistico delle stampa statale dell’Azerbajgian, senza libertà di stampa. Scrive Caliber English: «I separatisti armeni in Karabakh hanno quasi completamente prosciugato il bacino idrico di Sarsang».
Ma guardate chi si lamenta. L’Azerbajgian ha prosciugato il bacino idrico di Sarsang interrompendo le forniture di gas naturale ed elettricità all’Artsakh dall’Armenia. Inoltre, con la guerra di 44 giorni del 2020, l’Azerbajgian ha occupato altri centrali idriche, mentre prima l’Artsakh esportava pure elettricità all’Armenia.
La popolazione armena nativa e indigena di Artsakh, essendo stata assediata dal regime terrorista dell’Azerbajgian, non avendo altre fonti di elettricità causate da #ArtsakhBlockade, non aveva altra scelta.
Poi, l’Azerbajgian si lamenta pure che l’Artsakh taglia alberi in sostituzione del gas che blocca, mentre l’esercito azero taglia i boschi per costruire strade ad uso militare nei territori occupati dell’Artsakh.
Ferma l’#ArtsakhBlockade e ripristina immediatamente la fornitura di gas e elettricità all’Artsakh!
Nagorno-Karabakh, è crisi idrica
di Marilisa Lorusso
Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa, 18 maggio 2023
Il Nagorno-Karabakh e un parte di Azerbajgian dipendono dall’approvvigionamento idrico del bacino di Sarsang, il primo per l’energia elettrica, il secondo per l’irrigazione dei campi agricoli. La siccità di questo periodo ma soprattutto il blocco del Corridoio di Lachin hanno causato uno sfruttamento intensivo del bacino idrico.
Il bacino idrico di Sarsang si trova in Nagorno-Karabakh tra Tartar e Kalbajar nella provincia di Martakert. Il bacino è stato creato nel 1976 con la costruzione di una diga alta 125 metri sul fiume Tartar. Il volume complessivo dell’invaso è di 575 milioni di m³, l’area è di 14,2 km2. Quando è aperto, il bacino fornisce acqua per l’irrigazione a 100.000 ettari nei distretti di Tartar, Agdam, Barda, Goranboy, Yevlakh e Aghjabadi. La centrale idroelettrica di Sarsang ha una capacità di 50 megawatt.
Dal 1992 la diga, la centrale elettrica e il bacino sono sotto il controllo dei separatisti armeni. La centrale, gestita dalla Artsakh HEK OJSC, è la fonte del 40-60% dell’elettricità della regione secessionista, in condizioni normali. Ma dal 12 dicembre 2022 le condizioni sono fuori dalla norma. Il blocco di Lachin iniziato con la protesta degli ambientalisti azeri e continuato con la creazione di un check point di Baku è stato accompagnato da frequenti episodi di interruzione delle forniture elettriche e di gas. La conseguenza è stata che Sarsang è stato messo sotto stress perché fornisse più elettricità all’area che si è trovata recisa delle proprie forniture.
Dall’eco-protesta alla crisi idrica
I campanelli di allarme sulle conseguenze dello sfruttamento intensivo di Sarsang sono suonati ancora in pieno inverno. Il 27 febbraio il Consigliere ministeriale del Karabakh Artak Beglaryan ha twittato: “A causa dell’#ArtsakhBlockade [il blocco del Nagorno-Karabakh, chiamato Artsakh in Armeno, ndr] e in particolare dell’interruzione della fornitura di energia elettrica dal 9 gennaio 2023, 96.000 ettari di terra azerbajgiana non avranno acqua di irrigazione sufficiente da Sarsang durante la stagione. Dobbiamo utilizzare gran parte di quelle risorse idriche per la produzione di elettricità”. Pochi giorni prima il Presidente de facto del Karabakh parlando al Consiglio dei Ministri aveva fatto una analisi molto simile, sostenendo che “[…] le risorse idriche dell’invaso di Sarsang sono fortemente diminuite. In primavera e in estate, ciò creerà una grave crisi per gli agricoltori azeri, poiché non ci saranno risorse idriche sufficienti per irrigare decine di migliaia di ettari di terra”.
L’allarme invernale si è materializzato con l’arrivo della primavera. A metà marzo l’agenzia di stampa armena Armenpress ha citato la dichiarazione di Ararat Khachatryan del Comitato per l’acqua del Karabakh: “Il livello dell’acqua nel bacino di Sarsang continua a scendere di 50 cm al giorno con il blocco operato dall’Azerbajgian. Dal 9 gennaio 2023 l’Azerbajgian ha impedito alle autorità del Nagorno-Karabakh di accedere e riparare la linea di trasmissione elettrica danneggiata che fornisce elettricità al Nagorno Karabakh dall’Armenia. Sarsang è l’unica fonte di energia elettrica che abbiamo al momento. Il livello dell’acqua è di circa 8 metri più basso rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. (…) Ci auguriamo che i livelli dell’invaso aumentino in primavera, ma se anche ciò dovesse accadere, i risultati non sarebbero soddisfacenti. (…) Prima del blocco, soprattutto in inverno, quando l’elettricità fornita dall’Armenia era insufficiente, utilizzavamo il bacino idrico di Sarsang. Dopo la guerra, nell’Artsakh ci sono rimaste solo cinque piccole centrali idroelettriche, che funzionano solo al di sotto del 20% della loro capacità. (…) Se la linea elettrica non viene riparata presto, il livello dell’acqua nel bacino idrico di Sarsang sarà insufficiente”.
La secca
A inizio aprile l’impoverimento della risorsa idrica aveva già raggiunto un punto per cui la valutazione è che ci vorranno anni per ripristinare il volume idrico pre-blocco. Il Karabakh aveva già affrontato un autunno poco piovoso e un inverno poco nevoso, per cui la riserva idrica era già sotto il proprio potenziale, e le prospettive non promettono una primavera altamente piovosa. Questo ingenera una serie di preoccupazioni, sia relative alla crisi idrica, sia a una possibile presa con la forza dell’area della centrale elettrica e dell’invaso di Sarsang. Le distanze sono ridotte: Sarsang si trova a solo una trentina di chilometri dalla linea di contatto dell’esercito karabakhi e azero, e Martakert è la regione più remota dall’Armenia. Il Karabakh è consapevole che la riduzione dell’invaso non renderà possibile onorare l’accordo stipulato con Baku la scorsa primavera sulle quantità di acqua da rilasciare da Sarsang.
A maggio la situazione veniva così descritta: “Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, dal 9 gennaio ad oggi, è stata rilasciata 3 volte più acqua e l’afflusso di acqua è stato 2 volte inferiore a causa del clima secco. Ora le risorse idriche di Sarsang hanno raggiunto un limite critico – 88 milioni di m³ (15% del totale), avvicinandosi al volume inutilizzabile – 70 milioni di m³. Questa situazione non solo mette a rischio la prospettiva dell’approvvigionamento di elettricità per l’Artsakh e aggrava la sua sofferenza quotidiana, ma ha anche provocato un enorme impatto negativo sull’ambiente, tra cui il prosciugamento delle sorgenti, il deterioramento del microclima, il declino di flora e fauna.” Le immagini satellitari mostrano che la superficie del bacino è scesa di più di 30 metri, e metà del letto risulta in secca.
Arbitrato internazionale
Baku si è mossa per il controllo dello sfruttamento delle risorse, incluse quelle idriche, in mano ai separatisti. Si ricorda che il blocco degli ambientalisti è stato dichiarato proprio per lo sfruttamento delle risorse minerarie.
L’Azerbajgian ha avviato oggi un arbitrato contro l’Armenia ai sensi del Trattato sulla Carta dell’Energia in cui chiede riparazione e compensazione finanziaria per la violazione da parte dell’Armenia dei diritti sovrani azeri sulle sue risorse energetiche dal 1991 al 2020. In particolare si solleva un contenzioso sullo sfruttamento delle ricche risorse karabakhi, visto che la regione ha il 25% delle risorse idriche azere. L’Armenia è accusata di aver costruito almeno 37 impianti idroelettrici non autorizzati sul territorio azero. Sarsang è menzionata nella richiesta di arbitrato, insieme a una serie di altre infrastrutture sia idroelettriche, sia minerarie, di cui l’Azerbajgian si ritiene depredato. La controparte è indicata come Yerevan, poiché Baku non riconosce alcun ruolo ai secessionisti karabakhi, che peraltro non sono riconosciuti internazionalmente come rappresentanti di uno stato de jure.
Esercito di Difesa dell’Artsakh (EDA)
di Daniele Sala
Moderninsurgent.org
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
L’Esercito di Difesa dell’Artsakh (EDA) è l’esercito della non riconosciuta Repubblica separatista armena dell’Artsakh, nota anche come Nagorno-Karabakh, situata all’interno dei confini dell’Azerbajgian. Creato durante la Prima Guerra del Karabakh (1988-1994), l’Esercito di Difesa dell’Artsakh ha visto sia la vittoria che la sconfitta. Il suo obiettivo principale è proteggere la popolazione armena della regione dall’Azerbajgian e dalla Turchia e, infine, ottenere il riconoscimento internazionale.
Situato tra l’Armenia e l’Azerbajgian nel Caucaso meridionale, il Karabakh, inclusa la sottoregione a maggioranza armena del Nagorno-Karabakh, è stato conteso per oltre un secolo. All’indomani della prima guerra mondiale, l’Armenia e l’Azerbajgian combatterono aspramente per il controllo del territorio. Dopo che entrambe le repubbliche furono incluse nell’Unione Sovietica, l’ultima parola andò a Mosca e a Joseph Stalin, allora Commissario per le nazionalità. Stalin decise che l’intera regione, compreso il Nagorno-Karabakh, appartenesse all’Azerbajgian [Waal, De Thomas. Black Garden: Armenia e Azerbaigian attraverso la pace e la guerra. New York: Stampa dell’Università di New York, 2013]. I funzionari sovietici in seguito trasformarono il Nagorno-Karabakh in un oblast nominalmente autonomo all’interno dell’Azerbajgian, ma la questione non fu formalmente risolta.
Alla fine degli anni ’80, l’Artsakh iniziò a spingere per unirsi all’Armenia. Infuriati per le richieste di secessione, gli Azeri commisero diversi pogrom contro gli Armeni. Le autorità sovietiche si opposero alle richieste armene di indipendenza, collaborando con le forze azere locali per deportare gli Armeni dalla regione in quella che era nota come Operazione Ring. Le diverse unità armate armene che iniziarono a contrattaccare si sarebbero infine evolute nell’EDA [Waal, De Thomas. Black Garden: Armenia e Azerbaigian attraverso la pace e la guerra. New York: Stampa dell’Università di New York, 2013].
Il crollo dell’Unione Sovietica seguì nel 1991, con l’Artsakh che votò per la secessione e l’Azerbajgian pose immediatamente l’assedio all’area. Artsakh alla fine ha cambiato le sorti e ha ottenuto la vittoria nel 1994, con la Russia che ha mediato un cessate il fuoco. Tuttavia, la vittoria armena non è arrivata con il riconoscimento internazionale; gli sforzi diplomatici non sono riusciti a risolvere lo status della regione, aprendo la strada a una guerra di quattro giorni nel 2016 e al conflitto di 44 giorni nel 2020.
Armato di droni israeliani e turchi e con l’aiuto di mercenari siriani, l’Azerbajgian ha lanciato un’offensiva nel settembre 2020, riconquistando vaste aree del Nagorno-Karabakh. Un cessate il fuoco mediato da Mosca pose fine ancora una volta al conflitto, questa volta con la vittoria di Baku (Azerbajgian). L’Artsakh, ora ridotto a un’area più piccola dell’originario Oblast autonomo del Nagorno-Karabakh, da allora è pattugliato dalle forze di mantenimento della pace russe [“Nagorno-Karabakh: alla ricerca di una via per la pace all’ombra della guerra in Ucraina”. Crisis Group, 6 settembre 2022].
L’obiettivo principale dell’EDA rimane la difesa dell’Artsakh. Il dibattito su come stabilire lo status del territorio è diviso tra la sua popolazione. In un sondaggio, il 46% dei residenti dell’Artsakh vedeva uno stato indipendente come l’opzione migliore, seguito dal 24% che cercava di unirsi alla Russia e dal 23% che voleva unirsi all’Armenia. Praticamente nessun intervistato ha accettato uno scenario in cui il territorio fosse sotto il controllo azero [Civilnet. “Gli armeni continuano a escludere qualsiasi status per il Karabakh in Azerbajgian, secondo un nuovo sondaggio”. CIVILNET, 10 gennaio 2023].
I casi di tortura, mutilazione ed esecuzione di soldati e civili armeni commessi dalle forze azere rendono qualsiasi tipo di unione con Baku un fallimento per i residenti dell’Artsakh [Abramiano, Jackie. “Un anno dopo aver scatenato i crimini di guerra contro gli armeni indigeni, le minacce e le violazioni dell’Azerbajgian continuano”. Forbes, 9 novembre 2022]. Le parole del Presidente azero Ilham Aliyev secondo cui l’Armenia “non è nemmeno degna di essere una serva” non fanno che aumentare le apprensioni degli Armeni che stanno affrontando un altro genocidio. L’uccisione di massa di circa 1,5 milioni di Armeni dal 1915 al 1923 da parte dell’Impero ottomano continua a rimanere nella mente degli Armeni e alimenta il sentimento che esprimono oggi.
Sebbene sia iniziato come un gruppo di volontari scarsamente armati, l’EDA si è evoluto in un esercito relativamente convenzionale. Il suo successo nella prima guerra è attribuito all’esperienza degli Armeni dell’Armata Rossa [Stronell, Alessandro. “Imparare le lezioni del Nagorno-Karabakh alla maniera russa”. IISS, 10 marzo 2021] e alla buona leadership del calibro di Monte Melkonian [Waal, De Thomas. Black Garden: Armenia e Azerbaigian attraverso la pace e la guerra. New York: Stampa dell’Università di New York, 2013]. Data la presenza delle forze di mantenimento della pace russe e lo sproporzionato potere militare di cui gode Baku, l’EDA è attualmente costretta a una posizione difensiva.
Dopo la sua sconfitta nel 2020, l’EDA conta ora circa 12.000 soldati, la metà rispetto a prima della guerra. Armato principalmente con equipaggiamento sovietico aggiornato fornito dall’esercito armeno, l’arsenale dell’ADA è costituito da armi leggere, artiglieria pesante, carri armati e veicoli corazzati. L’esercito armeno dispone anche di missili balistici a corto raggio, compresi gli SCUD e il russo Iskander. L’Armenia, con il suo PIL inferiore, ha difficoltà a potenziare le sue forze armate rispetto all’Azerbajgian. Con l’area azera di Nakhchivan e la Turchia a ovest, l’Armenia non può concentrare completamente le sue forze verso l’Artsakh ed è riluttante a schierare la sua piccola forza aerea per il combattimento [Erickson, Edoardo. “La guerra di 44 giorni nel Nagorno-Karabakh, successo del drone turco o arte operativa?” Stampa universitaria dell’esercito. Consultato il 18 gennaio 2023].
Politicamente, il più grande strumento dell’Artsakh è la diaspora armena. Motivati e rumorosi, gli Armeni di tutto il mondo fanno pressione sui governi per il loro sostegno all’Azerbajgian e hanno raccolto milioni in sostegno finanziario per l’Artsakh [Waal, De Thomas. Black Garden: Armenia e Azerbaigian attraverso la pace e la guerra. New York: Stampa dell’Università di New York, 2013].
Nel 2022, l’Armenia ha firmato un documento con l’Azerbajgian impegnandosi a rispettare l’integrità territoriale reciproca. Cosa questo significhi per l’Artsakh è difficile da discernere, in particolare perché abbandonare la regione sarebbe profondamente impopolare a livello nazionale [Geybullayeva, Arzu. “Armenia e Azerbaigian riconoscono reciprocamente l’integrità territoriale”. Global Voices, 10 ottobre 2022].
Alle prese con la guerra in Ucraina e bisognosa del mercato petrolifero dell’Azerbajgian, sembra improbabile che la Russia venga in soccorso dell’Artsakh o dell’Armenia. Nonostante l’Armenia sia un membro dell’alleanza militare CSTO sostenuta dalla Russia, la Russia non ha sostenuto Yerevan quando le forze azere hanno invaso l’Armenia meridionale nel settembre 2022. Sia Parigi che Washington hanno tentato di approfittare del deterioramento della posizione della Russia nella regione [Avedian, Lillian. “Stati Uniti e Francia condannano gli attacchi dell’Azerbaijan contro l’Armenia, mentre la Russia apparentemente è assente”. The Armenian Weekly, 28 settembre 2022]. Ciò non ha ancora portato a un sostegno militare per l’Armenia né a una spinta da parte di altri governi per dare all’Artsakh uno status più formale.
Anche la Turchia, convinto sostenitore e fornitore dell’Azerbajgian, vede un’opportunità mentre la Russia concentra la sua attenzione sull’Ucraina e lontano dal Caucaso. Ha tenuto riunioni con il governo armeno per normalizzare le relazioni, una mossa che l’Armenia spera possa scoraggiare un altro attacco militare. Gli incontri finora non hanno prodotto nulla di concreto, tranne forse una maggiore influenza turca nella regione. La Turchia, che mira alla creazione del Corridoio di Zangezur, collegandosi con il resto del mondo turco, ha ragioni politiche per sostenere le massime richieste dell’Azerbajgian [Zaman, A. (2023, 31 gennaio). La Turchia sale, la Russia svanisce mentre Iran e Azerbajgian si scontrano sull’Armenia. Al-Monitor. Estratto il 5 febbraio 2023].
L’aiuto per l’Artsakh potrebbe arrivare dall’India (che vende armi all’Armenia a causa dei legami del Pakistan con l’Azerbajgian) o dall’Iran. L’Iran teme l’espansionismo azero a causa della sua stessa minoranza azera e dell’influenza economica che perderebbe dal Corridoio di Zangezur. Come ha affermato un Armeno, “se dobbiamo scegliere tra l’annientamento come nazione o sanzioni dall’America (dalla cooperazione con l’Iran), preferisco quest’ultima” [Zaman, A. (2023, 31 gennaio). La Turchia sale, la Russia svanisce mentre Iran e Azerbakgian si scontrano sull’Armenia. Al-Monitor. Estratto il 5 febbraio 2023].
L’Azerbajgian ha avviato il blocco della strada che collega l’Artsakh e l’Armenia nel dicembre 2022. Finora le potenze internazionali sembrano non poter o non voler fare nulla per risolvere la situazione [Avedian, Lillian. “Pashinyan afferma che la presenza militare russa ‘minaccia la sicurezza dell’Armenia’”. The Armenian Weekly, 11 gennaio 2023]. Con le scorte di base nell’area in via di esaurimento e con la minaccia di un’escalation militare sempre presente, gli Armeni potrebbero non avere nessuno a cui rivolgersi se non se stessi.
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]